La compagnia, in particolare, si impegnava ad assicurare il credito elargito dalla banca contro il rischio di insolvenza del proprio debitore, quale che fosse il motivo della perdita dell’impiego.
La parte più fragile di questo accordo, tuttavia, era contenuta in una clausola del contratto di assicurazione che, proprio nell’ipotesi della perdita del posto di lavoro, consentiva all’assicuratore di surrogarsi contro il mutuatario nei diritti dell’Istituto di credito, ovviamente dopo averla rifusa.
Il contenuto di questa clausola è particolarmente insidioso.
Si può dire che, per un verso, la compagnia abbia esteso la copertura assicurativa anche all’ipotesi delle dimissioni volontarie del lavoratore, ma che, per l’altro, avesse predisposto il diritto di surroga come uno strumento utile a dissuadere il lavoratore dal porgere le dimissioni.
Tuttavia, la compagnia di assicurazioni avrebbe potuto rivalersi – e così ha fatto – nei confronti del lavoratore, anche se questi fosse stato licenziato.
A questo punto è lecito chiedersi se l’assicuratore abbia inteso assumere il rischio assicurato.
La risposta a tale interrogativo viene dalla pronuncia oggi in commento, resa dalla Corte di Appello di Milano (sentenza n. 5619 del 13 dicembre 2018) all’esito di due gradi di giudizio.
Il giudice del riesame si è soffermato sulle conseguenze ingenerate dall’accordo contrattuale, ponendo la propria attenzione, in particolare, sulla clausola sopra richiamata e che, a parere del giudicante, ha determinato uno squilibrio dei diritti e dei doveri derivanti dal rapporto assicurativo, non potendosi obbligare il consumatore a pagare il premio assicurativo, rivalendosi, poi, per il residuo proprio nei confronti di quest’ultimo dopo averlo tenuto indenne nei confronti della banca.
A ciò si aggiunga che l’art. 1900 c.c. consente all'assicuratore di non indennizzare i sinistri causati dal dolo o dalla colpa grave dell’assicurato; ammesso e non concesso che, nel caso, il dolo potesse essere ravvisato in una condotta dell’assicurato, quella di porgere le dimissioni, che era del tutto compatibile con la polizza.
Invece, il diritto di surroga dell’assicuratore verso i terzi consiste in una particolare tipologia di surrogazione, prevista dall’articolo 1916 c.c.
L’istituto consente all’assicuratore:
• di rifondere l’assicurato che sia stato danneggiato da un evento dannoso di cui sono responsabili dei terzi;
• di succedere a titolo particolare nella posizione dell’assicurato danneggiato, con sostituzione integrale nel suo rapporto con i terzi.
Si aggiunge, peraltro, che la Cassazione, in una recente pronuncia, ha chiarito che gli scopi della surrogazione dell’assicuratore sono di tre tipi:
• quello di evitare che l’assicurato cumuli l’indennizzo eventualmente ottenuto dalla compagnia di assicurazione dei terzi e il risarcimento dei terzi responsabili;
• quello di evitare che il terzo benefici indirettamente della copertura assicurativa contro i danni stipulata dal danneggiato;
• quella di consentire all’assicuratore di omogeneizzare le categorie di rischio e di rendere meno costosi i sinistri.
Nel caso che ci riguarda, tuttavia, non esistono terzi responsabili, dal momento che la banca è una mera beneficiaria, e non il soggetto assicurato.
Ad ogni buon conto, l’ ISVAP, all’articolo 14, comma 2, del regolamento n. 29/2009, per le polizze accessorie alla cessione del quinto contratte dal debitore a copertura del rischio impiego, esclude la possibilità di surroga per l’assicuratore.
In conclusione, il consumatore che versi in questa situazione e si imbatta in una polizza che consente all’assicuratore di rivalersi nei suoi confronti può eccepire la vessatorietà di tale clausola e paralizzare le pretese avanzate dall’assicuratore.
Qui potete leggere la sentenza n. 5619/2018 della Corte d'Appello di Milano.
Cessione del quinto - surrogazione assicurazione - esclusione by Consumatore Informato on Scribd
Nessun commento:
Posta un commento