domenica 18 febbraio 2024

La banca non valuta il merito creditizio. Le conseguenze per la Corte di giustizia

La valutazione creditizia del cliente è un obbligo a carico dell'intermediario bancario e che deve operare prima di concedere un prestito o altra forma di finanziamento.

Abbiamo già trattato l'argomento, segnalando la recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (vedi qui), la quale ha ribadito il generale principio del dovere di valutazione della solidità del cliente che richiede una somma di denaro, il c.d. credit score.

Questo tipo di indagine ha il fine di consentire alla banca di determinare l’affidabilità del soggetto richiedente, presupposto per la concessione del credito. 

In termini più semplici, esiste un valore (indicatore di rischio) che serve per misurare il grado di rischio di insolvenza del cliente, ed è fondato sul valutazioni che riguardano la tipologia del soggetto richiedente, delle sue dichiarazioni (bilanci) e della sua condotta bancaria.

Senza volersi addentrare troppo in questo tipo di controllo, si può però evidenziare che senza questa valutazione che si conclude con l'indicatore di rischio, la banca non potrebbe concedere alcun prestito: diversamente, si configura una concessione abusiva del credito, così come evidenziato dalla Cassazione con la recente pronuncia 1387/2023.

Anche la Corte di giustizia dell'Unione europea è stata chiamata a trattare l'argomento evidenziando le conseguenze nel caso di omissione della valutazione del merito creditizio sotto il profilo delle norme comunitarie. 


- Credito al consumo - omessa valutazione - nullità (se previsto dalla norma nazionale)

La recente sentenza C- 755/22 della Corte di giustizia dell'Unione europea dello scorso 11 gennaio 2024 (Nárokuj s.r.o. contro EC Financial Services, a.s,) ha consentito al giudice comunitario di evidenziare le conseguenze connesse all'omessa valutazione del merito creditizio del cliente che avanza una richiesta di di finanziamento.

In tali casi non si configura tanto una responsabilità dell'intermediario che non ha agito secondo i generali principi di buona fede, trasparenza e correttezza (ex artt. 1175 e 1176 c.c.), ma bensì una caso di nullità del contratto di credito al consumo.

Invero, la stessa Corte di giustizia, nel richiamare l'art. 8 della Direttiva (UE) 2008/48, identifica un determinato obbligo pre contrattuale spettante alla banca a cui si rivolge il consumatore.

Il Giudice comunitario, però, altresì chiarisce se la norma nazionale lo prevede, l'omessa valutazione creditizia può comportare la nullità del contratto di credito

Tale possibilità è contemplata anche laddove il debito sia stato integralmente rimborsato dal consumatore e questi non abbia sofferto alcuna conseguenza pregiudizievole dalla omessa valutazione del credito da parte della banca

E ciò in ragione della finalità perseguita dalla normativa comunitaria, volta a garantire che il consumatore sia sovraindebitato: "Quanto all’esame degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2008/48, da una giurisprudenza costante risulta che l’obbligo di valutare il merito creditizio del consumatore previsto dall’articolo 8 di quest’ultima, in quanto mira a tutelare i consumatori contro i rischi di sovraindebitamento e di insolvenza, contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo di detta direttiva, che consiste, come risulta dai considerando 7 e 9 di quest’ultima,[...]".

Nel caso affrontato dalla Corte di giustizia, l'insieme delle norme della Repubblica Ceca prevede, nel caso di violazione del dovere di valutazione del merito creditizio, la sanzione della nullità del contratto di credito al consumo.

La Corte, preliminarmente, ricorda che l’obbligo di valutare il merito creditizio del consumatore, previsto dall’art. 8 della Direttiva (UE) 2008/48, mira a tutelare i consumatori contro i rischi di sovraindebitamento e di insolvenza, e contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo di detta direttiva.

Come si evince chiaramente dai considerando 7 e 9 di quest’ultima, infatti, è primario garantire a tutti i consumatori dell’Unione europea un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi, al fine di facilitare il sorgere di un efficiente mercato interno del credito al consumo.

Inoltre, alla luce del considerando 26 della direttiva 2008/48, l’obbligo di valutazione del merito creditizio risponde altresì alla finalità di responsabilizzare i creditori, al fine di evitare la concessione di prestiti a consumatori non solvibili.

Tale obbligo previene infatti il rischio di sovraindebitamento o di insolvenza, risultante da una verifica insufficiente, da parte dell’istituto di credito, della capacità e della propensione del consumatore a rimborsare il credito: e tali rischi, sulla situazione del consumatore, possono d’altronde verificarsi anche dopo il rimborso del credito.

Ne consegue che la violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio del consumatore non può essere sanata per il solo fatto dell’esecuzione integrale del contratto di credito: è irrilevante, peraltro, che il consumatore non abbia mosso alcuna obiezione rispetto a tale contratto durante il periodo di rimborso.

La Corte ricorda che il regime di sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi dell’art. 8 della direttiva 2008/48,  deve essere definito in modo tale che le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive.

La Corte ricorda che aveva già dichiarato, in precedenti pronunce, alla luce della finalità della Direttiva, che la sua violazione poteva essere sanzionata, conformemente al diritto nazionale, con la decadenza del diritto del creditore agli interessi.

Peraltro, con riferimento al caso di specie, la Corte ha rilevato che subordinare l’applicazione di una sanzione che implica la nullità del contratto di credito (nonché la decadenza dal diritto, per il creditore, di ottenere il pagamento degli interessi convenuti), alla condizione che il consumatore abbia subito una conseguenza pregiudizievole, potrebbe favorire l’inosservanza, da parte dei creditori, dell’obbligo loro incombente in forza dell’art. 8 della Direttiva 2008/48.

Infatti, questi ultimi potrebbero essere incentivati a non procedere ad una valutazione sistematica ed esaustiva del merito creditizio di tutti i consumatori ai quali concedono crediti, contrariamente agli obiettivi di responsabilizzazione dei creditori e di prevenzione di pratiche irresponsabili, al momento della concessione di crediti ai consumatori.

Ne consegue che, conclude la Corte, il principio di proporzionalità non osta a che uno Stato membro scelga di sanzionare la violazione delle disposizioni nazionali, che garantiscono la trasposizione dell’art. 8 della Direttiva 2008/48, mediante la nullità del contratto di credito e la decadenza del diritto del creditore al pagamento degli interessi convenuti, anche quando il consumatore non abbia subito conseguenze pregiudizievoli per effetto di tale violazione.

Così conclude la sentenza: "[...] gli articoli 8 e 23 della direttiva 2008/48 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che, qualora il creditore abbia violato il suo obbligo di valutare il merito creditizio del consumatore, tale creditore sia sanzionato, conformemente al diritto nazionale, con la nullità del contratto di credito al consumo e la decadenza del suo diritto al pagamento degli interessi convenuti, anche quando tale contratto sia stato integralmente eseguito dalle parti e il consumatore non abbia subito conseguenze pregiudizievoli per effetto di tale violazione.".

Corte di giustizia UE - Sez. III^ C - 755/2022

Prestito - omessa valutazione creditizia - invalidità by Consumatore Informato on Scribd

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