Questa domenica torniamo a trattare i rapporti tra banca e clienti ed in particolare il diritto che questi ultimi hanno di una chiara pattuizione delle condizioni contrattuali, ed in particolare nell'ipotesi di contratto di mutuo.
La Cassazione ha, infatti, ribadito un principio fondamentale, ossia che nel caso in cui il contratto non risultino i vari costi dovuti alla banca esposti in modo chiaro e trasparente, può ben capitare che il cliente sia esonerato dal pagamento della somma pretesa dall'istituto di credito.
Il caso affrontato dalla Corte è abbastanza semplice e consiste in un contratto di mutuo a tasso variabile, ove la condizione contrattuale relativa al tasso di interesse ometteva la chiara indicazione del divisore (a 360 o 365) del tasso di interesse Euribor a tre mesi.
Dalla lettura del mutuo, quindi, non era chiaro se l'applicazione degli interessi dovesse avvenire considerando, quale divisore, 360 o 365.
Orbene, tale carenza ha reso, secondo la Cassazione, generico il tasso di interesse applicato dalla banca e non applicabile la clausola contrattuale al contratto di mutuo sottoscritto dai clienti.
La Cassazione ricorda, infatti, che "[...] affinché una clausola di determinazione degli interessi corrispettivi sia validamente stipulata ai sensi dell'art. 1346 c.c., è necessario che il saggio d'interesse, a differenza di quanto accaduto nel caso in esame, sia desumibile senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità in capo all'istituto mutuante".
La banca, quindi, non può applicare quel tasso di interesse indicato nel contratto perché è generico e non determinato (o determinabile), con conseguente invalidità parziale del contratto.
E quale tasso di interesse si applica? la Corte di Cassazione ricorda che nel caso di nullità della clausola relativa agli interessi, la banca deve applicare - seguendo un criterio integrativo - il tasso di interesse previsto dall'art. 117, comma 7, let. a) del TUB.
Cassazione Civile Sez. I^ Ordinanza n. 20801/2024.
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