Riportiamo questo post apparso sul blog di Oscar Giannino, Chicago Blog, il quale richiama una recente comunicazione dell'Autorità Garante Concorrenza e Mercato che ha qualificato come ingannevole la "pubblicità del parassita fiscale" promossa dall'Agenzia delle Entrate.
Mentre le manovre si susseguono e i contribuenti capiscono che giorno dopo
giorno i loro guadagni sono sempre più erosi dall’ oppressione fiscale,
in l’Agenzia delle Entrate di concerto con il Ministero dell’economia e delle
finanze e la Presidenza del Consiglio prosegue una campagna martellante per
convincerci che veniamo tassati per il nostro bene, che più diamo allo Stato,
più ci verrà restituito, perché le tasse ripagano tutti, mentre se siamo
sull’orlo del baratro non è colpa di un apparato pubblico insaziabile, che ha
raddoppiato la pressione fiscale in 40 anni impoverendo la nostra economia, che
divora metà delle ricchezze prodotte dal paese, bensì del vicino cattivo che non
fa lo scontrino.
Come ConfContribuenti abbiamo, un po’ per provocazione, un po’ perché ci
sentiamo noi stessi presi in giro, ma sicuramente per dire la nostra, denunciato
l’agenzia delle entrate per pubblicità ingannevole.
Riportiamo di seguito le motivazioni della segnalazione trasmessa
all’AGCOM.
Nella prima parte si contestano alcune affermazioni contenute nello spot
denominato “Se”, un inno alla bontà della spesa pubblica irresponsabile e alla
finanza allegra, alla fiducia cieca in uno Stato che però (questo la pubblicità
non dice) viene sempre più considerato dagli investitori a cui chiede di
comprare titoli di stato un soggetto poco affidabile.
La pubblicità è idonea ad indurre in errore le persone fisiche e
giuridiche alle quali è rivolta. Infatti, nello spot si afferma che “Se tutti
pagano le tasse, le tasse ripagano tutti. In servizi.”. Ciò non risponde al
vero. L’impiego delle risorse estorte attraverso l’imposizione fiscale è
disciplinato con legge dello stato e con legge regionale, oltre che con i
provvedimenti amministrativi adottati in esecuzione delle medesime in ossequio
al principio di legalità di cui all’articolo 97 della Costituzione. Il potere
legislativo è in primo luogo esercitato dal Parlamento; per l’approvazione delle
leggi ordinarie e della legge di bilancio è sufficiente la maggioranza dei
presenti. La maggioranza parlamentare, rappresentativa di una parte degli aventi
diritti al voto (a titolo di esempio, la coalizione vincente nel 2008 è stata
votata da 17 milioni di votanti, a fronte di 47 milioni di aventi diritto e 57
milioni di abitanti) e dunque di una minoranza della popolazione, decide dunque
quali servizi e prebende a favore di quali soggetti vengono erogati e elargite
dalle pubbliche amministrazioni. Non tutti vengono quindi ripagati in misura
corrispondente a quanto versato all’erario. Alcune categorie ed alcuni soggetti,
più influenti, vicini alla classe di governo e organizzati, godono di benefici
più ingenti, a spese di altri.
Nel messaggio pubblicitario si afferma che se tutti pagano le tasse “i
servizi sono più efficienti”. Anche questa affermazione è falsa. Il tasso di
efficienza, principio che dovrebbe informare l’attività amministrativa ai sensi
dell’articolo 1 della legge 241/90, è dato dal rapporto tra servizi erogati (in
termini qualitativi e quantitativi) e costi sostenuti. Maggiori entrate fiscali
conseguenti al pagamento delle imposte da parte dell’intera collettività vanno a
incrementare la disponibilità finanziaria delle pubbliche amministrazioni. Non è
detto che queste aumentino in modo più che proporzionale la qualità e la
quantità dei servizi. Anzi, osservando l’andamento della spesa pubblica e della
pressione fiscale nel corso della storia repubblicana, si ravvisa un costante
aumento dei costi della pubblica amministrazione, della spesa pubblica e della
pressione fiscale, a fronte di servizi percepiti come scadenti, non
raffrontabili nemmeno lontanamente con i costi sottesi. Il trend registra negli
ultimi decenni più tasse, più sprechi. Non più efficienza.
La seconda parte è relativa allo spot “parassiti”, un inno all'odio e alla
guerra civile che sembra voler distogliere lo sguardo dai malanni provocati da
decenni di crescita folle della spesa pubblica e del parassitismo di
stato:
Il messaggio pubblicitario raffigura l’evasore come un parassita
della società. Per quanto sia vero che egli fruisce di servizi erogati in regime
di monopolio dalla pubblica amministrazione, occorre osservare che ad egli è
spesso negata la scelta. La forte presenza dello stato e dei diversi livelli di
governo non consente una libera concorrenza tra soggetti in posizione eguale. Il
termine “parassita” potrebbe attagliarsi ancor meglio a quanti approfittano
dell’onnipresenza del settore pubblico per insediarsi in posizioni di rendita
interne alla pubblica amministrazione o a società a controllo pubblico,
sostentandosi delle risorse che i privati cittadini sono tenuti coattivamente a
versare attraverso l’imposizione fiscale, al riparo dai segnali di prezzo che un
mercato libero della domanda e dell’offerta altrimenti garantirebbe. Il
carattere parassitario è dunque più presente nei poteri pubblici che impongono
il pagamento di un corrispettivo a fronte di un servizio da essi stessi
determinato in modo autonomo. A ciò si aggiunga l’inopportunità per un soggetto,
la pubblica amministrazione, che ritarda i pagamenti in media di 86 giorni di
accusare quanti faticano ad adempiere agli oneri fiscali (tributari e
contributivi), che superano ormai la metà dei guadagni di un’impresa o di un
lavoratore.
Infine le conclusioni. Una pubblicità è ingannevole se ha un’influenza sul
comportamento delle persone cui si rivolge:
A causa del suo carattere
ingannevole, la pubblicità può pregiudicare il comportamento economico dei
destinatari ed è idonea a ledere i principi stessi della libera concorrenza,
della società aperta e delle libertà individuali. Un apparato statale in stile
orwelliano, che tenta di convincere con una propaganda martellante che ogni tipo
di imposizione restrittiva dei diritti di proprietà e libertà economica è
giustificabile e giustificata bene comune, mentre i delatori sono elementi
pericolosi per la società vuole indurre gli individui ad accettare il giogo,
alla rinuncia di sé stessi, ed anzi a provare odio per chi “fa il furbo” o
sembra voler fare il furbo per evitare il peso del Leviatano.In un
momento come questo la società dovrebbe prender coscienza, di fronte alla crisi
del debito sovrano e ai fallimenti dello Stato, dell’insostenibilità di una
spesa pubblica abnorme e di una presenza dello stato pervasiva,
dell’impossibilità di un futuro di crescita con una pressione fiscale
raddoppiata negli ultimi cinquant’anni.
Ora, ai sensi del Regolamento AGCOM in materia di pubblicità ingannevole, il
responsabile del procedimento dovrà avviare l’istruttoria e darne comunicazione
all’Agenzia delle entrate, al Ministero dell’economia e delle finanze e alla
Presidenza del Consiglio dei Minsitri, che a quel punto potranno presentare
memorie scritte o documenti per esprimere il proprio punto di vista. Alla
prossima, quindi!
autore: Diego Mengon
fonte: www.chicago-blog.it/
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