venerdì 4 settembre 2020

Pignoramento prima casa? possibile rinegoziare il mutuo ed evitare di perderla

La recente legge di bilancio ha introdotto una norma tutela dei consumatori oggetto di procedura di pignoramento della prima casa.

E' stata definita la "salva casa" perché consente al proprietario della prima casa, oggetto  di procedura di espropriazione giudiziaria avviata dalla banca, di salvare in extremis l'abitazione tramite la rinegoziazione del mutuo  o l'apertura di un nuovo finanziamento con surroga.

La norma prevede, peraltro, che il Ministero dell'Economia e delle Finanze adotti entro breve un documento che descrive come, nella concretezza dei fatti, funzionerà la misura.

Ma procediamo con ordine, ricalcando la disposizione in commento per quegli aspetti che più possono interessare i nostri lettori.

(1) Il “Fondo di garanzia per la prima  casa”
Frequenti crisi di liquidità e sovraesposizioni dei consumatori verso banche e fisco hanno motivato  il legislatore a mettere a punto diversi  istituti con funzione di esdebitazione (piano del consumatore e procedura di liquidazione dei beni, ad esempio).

Alla luce di questo scenario, sempre più frequente negli ultimi anni, già dal 2014 è stato attivato il “Fondo di garanzia per la prima casa”, a finanziamento di questi provvedimenti.

Non fa eccezione la tutela in commento, anche questa agganciata all'apposito Fondo, che dà garanzia al 50%.

(2) Le condizioni operative della norma
Vediamo un po' meglio, però, come è stato congegnato l'articolo 41-bis.

Anzitutto, il contesto della norma è quello di un punto avanzato della crisi del consumatore, ossia il pignoramento.

In buona sostanza, se una banca o una società di recupero crediti (in genere incaricata dalla prima a recuperare i crediti deteriorati) vanta un'ipoteca di primo grado e ha dato il via ad un'esecuzione immobiliare (oppure, caso plausibilissimo, è intervenuta in un'esecuzione immobiliare già aperta da altri creditori), il debitore non si troverà del tutto spiazzato, costretto a farsi portare via la prima casa.

Dimostrando che la casa su cui pende l'esecuzione è davvero quella dove abita, egli potrà  scegliere, e ciò entro il 31 dicembre 2021, una delle due alternative:

(a) rinegoziazione: si chiede al creditore di rivedere, dilazionare, insomma rendere più agevole per il debitore il mutuo in essere;

(b) finanziamento e surroga: si chiede ad un'altra banca un finanziamento per mettere a tacere il mutuo in essere e l'ipoteca, che era iscritta a favore del precedente creditore, viene portata  (si dice “surrogata”) a favore della banca che ha concesso il rifinanziamento.

Sullo “sfondo” di queste misure di salvataggio si pone, come abbiamo visto di sfuggita, il Fondo governativo, di cui vedremo meglio le modalità operative.

(3) I soggetti
I presupposti di applicazione della norma sono molto chiari e stringenti e chiunque la legga può avvedersi del fatto che devono essere rispettati tutti quanti, nessuno escluso.

Presupposti

- debitore=consumatore

Anzitutto, il debitore deve essere una persona fisica qualificata come consumatore, vale a dire un soggetto che opera per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale o artigianale.

- no procedimento di sovra indebitamento
Per di più, non deve essere stata già avviata una procedura di risoluzione della crisi da sovra indebitamento, essendo quest'ultima studiata per crisi ben più gravi, che richiedono  accordi di ristrutturazione dei propri debiti più drastici.

- creditore bancario
Per quanto riguarda il creditore, la norma non fa riferimento a chiunque, bensì ad una categoria stretta, in quanto la norma trova applicazione solo per procedimenti esecutivi avviati da società che svolgono attività bancaria oppure società di cartolarizzazione del credito.

Di quale credito si parla?

Il credito del quale si occupa la norma è quello derivante dal mutuo ipotecario, di primo grado concesso per l'acquisto della prima casa, e non uno qualunque.

In breve, quando un privato ottiene dalla banca una certa somma di denaro per comprare la casa e, per corrispettivo, deve restituire gli interessi pattuiti o di legge, quasi sempre l'istituto di credito chiede delle garanzie sul proprio credito.

Ecco, dunque, che viene autorizzato ad iscrivere un'ipoteca sulla casa. In caso di inadempimento del debitore, la banca potrà pignorare la casa ipotecata oppure intervenire in un pignoramento già iniziato da altri creditori. In questo ultimo caso la banca, assistita dall'ipoteca, potrà essere ripagata prima degli altri creditori.

- tetto massimo debito: euro 250.000,00
La norma dispone anche un limite monetario per poter usufruire di tale norma rappresentato dal “tetto massimo” del debito: questo, insieme agli interessi, non deve superare mai gli € 250.000,00.

- rimborso 10%
Ultimo requisito, il debitore deve aver rimborsato alla banca almeno il 10% dell'importo del mutuo.

(4) Il procedimento
Ricordiamo che il via alla procedura esecutiva viene dato da un creditore (il procedente) e che possono fare ingresso nella procedura molti altri creditori (gli intervenienti) e la banca può aver avviato il pignoramento oppure essere intervenuta.

Senza complicare troppo il quadro, ricordiamo che la banca il cui credito sia assistito da un'ipoteca non è una creditrice qualunque, bensì un “creditore privilegiato speciale”: a differenza di tutti i gli altri, ha appunto il diritto di essere soddisfatta nella procedura per l'intero suo credito, e non in  percentuale insieme agli altri.

Non stupisce, dunque, che l'articolo 41-bis ponga tra i presupposti inerenti alla procedura quello dell'assenza degli altri creditori, oltre alla banca (o alla società di cartolarizzazione).

Si precisa inoltre che il bene oggetto di pignoramento non deve recare altre iscrizioni, oltre a quella della banca pignorante. In definitiva, il perimetro della norma è assai angusto, e esclude l'ipotesi che i creditori concorrano insieme.

Da ultimo, il pignoramento deve essere stato notificato al debitore tra il 1° gennaio 2010 e 30 giugno 2019.

4.1. l'istanza di sospensione
Dato che deve essere concesso del tempo al creditore per decidere se accogliere o meno le richieste del debitore, il procedimento di esecuzione deve essere sospeso.

Ovviamente, il giudice dell'esecuzione non sospende il procedimento di sua iniziativa, poiché deve ricevere un'istanza, appunto, formulata sia dal debitore che dal creditore ipotecario.

Egli verificherà sono presenti i presupposti di cui all'articolo 41-bis e, se sì, sospenderà il processo di esecuzione per sei mesi.

Poiché la banca non è obbligata ad accogliere la proposta del debitore, egli disporrà di quei sei mesi per fare le proprie valutazioni.

Non per questo la proposta di rinegoziazione del debitore può essere “dilatoria” (cioè, volta a differire inutilmente nel tempo): proprio per scongiurare queste tattiche, è la norma stessa a stabilire a quanto deve ammontare il rimborso, come minimo.

L'importo offerto dal debitore con la rinegoziazione deve essere, alternativamente:

1. se la vendita all'asta è stata già fissata dal giudice, deve essere almeno il 75% del valore della base d'asta;

2. se l'asta non è ancora stata fissata, allora si guarda alla consulenza tecnica di ufficio (CTU), nella quale viene stabilito il valore del bene pignorato, e da quella si ricava la percentuale.

Se, tuttavia, il debito oggetto di pignoramento è inferiore alla percentuale determinata come sopra (ad esempio, il valore del compendio pignorato, che comprende la prima casa, nella CTU è di 100, ma il debito per il quale la banca procede è di 50) allora l'offerta deve essere uguale per forza alla somma tra il capitale e gli interessi.

Ovviamente, il debitore deve rimborsare integralmente anche le spese liquidate dal giudice in favore del creditore (le spese dell'esecuzione, s'intende).

La norma determina anche entro quanto tempo si deve fare il rimborso:

- il rimborso può essere dilazionato fino a trent'anni, e non di più;

- si deve tenere conto anche dell'età del debitore e sommarla al tempo preventivato per la dilazione: non si può superare l'asticella degli ottant'anni. In altre parole, un cinquantenne potrebbe ottenere una dilazione della durata di trent'anni, sempre che la banca acconsenta.

In buona sostanza, queste soglie servono a scongiurare, per quanto possibile, il rischio che il debitore muoia prematuramente e non onori quanto pattuito nella rinegoziazione.

(5) L'aiuto dei parenti o degli affini
Come abbiamo visto, può essere che la banca non aderisca alla proposta del debitore, essendo questa libera di accettare o rifiutare fino alla fine.

Inoltre, non è detto che il debitore a cui sia stata pignorata l'abitazione principale si trovi nelle condizioni economiche o di reddito per ottenere la rinegoziazione oppure il rifinanziamento con surroga.

Ciò non vieta, tuttavia, al debitore di ricorrere ai propri familiari. Anzi, è la stessa norma in commento ad offrire la facoltà di intervento di un parente oppure di un affine entro il terzo grado, purché rispetti le condizioni economiche e reddituali (anche in questo caso, il ricorso ad un parente non deve trasformarsi in una tattica dilatoria).

Se si apre questo scenario, ossia il terzo ottiene la rinegoziazione o il rifinanziamento, sarà questi a obbligarsi nei confronti della banca. Ma con delle conseguenze:

1. Il giudice dell'esecuzione emette un decreto di trasferimento dell'immobile in favore del “familiare”; l'immobile, cioè, passa di proprietà.

2. Tuttavia, il giudice costituisce il diritto da parte del debitore, e della sua famiglia, di abitare nell'immobile passato di proprietà per cinque anni.

3. Il diritto di abitazione, ovviamente, deve essere annotato a margine dell'atto di ipoteca, nella conservatoria.

In breve, il debitore è sgravato dall'ipoteca, dispone del diritto di abitare nella casa per cinque anni e può contare sull'ausilio dei familiari nel rimborso.

In questa situazione, egli avrà l'incentivo a procurarsi la somma necessaria per rimborsare quanto già versato dal familiare in favore del soggetto finanziatore e di chiedere la retrocessione della proprietà, previo assenso del soggetto finanziatore.

Ovviamente, in caso di retrocessione, il debitore libererà il familiare.

(6) I benefici offerti dalla norma
Possiamo ricavare almeno tre tipi di vantaggi a ricorrere a questa misura.

Anzitutto, se si giunge al rifinanziamento o alla surroga, una grossa parte del debito viene “scontata” (o, meglio, “esdebitata”): in altre parole, la banca si dovrà attenere esclusivamente al nuovo piano e non potrà richiedere il debito, per come era previsto nel pignoramento. Da questa considerazione si comprende, tra l'altro, perché la banca può liberamente valutare fino alla fine se accettare o meno di negoziare.

In secondo luogo, la legge consente ai debitori di accedere al Fondo per la prima casa, di cui abbiamo fatto cenno sopra. In altre parole, il Fondo può sostenere le trattative tra banca e debitore, finanziando fino al 50% dell’importo oggetto di rinegoziazione ovvero della quota capitale del nuovo finanziamento.

Infine, tutti i passaggi di proprietà che si dovessero rendere necessari quando il debitore viene sostenuto dai familiari – vedi il decreto di trasferimento o la retrocessione della proprietà – sono agevolati dal punto di vista fiscale, in quanto si applica un'imposta fissa di € 200,00. Tuttavia,  il debitore deve tenere la residenza nell'immobile per tutti i cinque anni successivi al trasferimento dell'immobile.

Per il resto, si resta in attesa di un Decreto Ministeriale che avrebbe dovuto essere emanato entro novanta giorni dall'adozione della Legge di Bilancio, per definire ulteriori dettagli applicativi di particolare interesse, se solo si pensa che in questo documento deve essere chiarito, tra l'altro, come verrà alimentato il Fondo per la prima casa e quali sono gli elementi che ostano alle trattative per la rinegoziazione o il rifinanziamento tra il cliente e la banca.

Non da ultimo, il decreto dovrebbe definire quale tipo di segnalazione va effettuata all'Archivio della Centrale dei Rischi e, in generale, tra le banche dati del circuito creditizio, per non venire in pregiudizio al debitore.

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