lunedì 14 giugno 2010

Tribunale di Trento: nullo il rapporto di gestione del cliente in assenza di contratto quadro

Una recente sentenza del Tribunale di Trento ha confermato la nullità del rapporto di gestione surrettizia del patrimonio del cliente operata dalla banca in assenza di valido contratto quadro.

La vicenda riguarda un risparmiatore trentino il quale aveva affidato il propri risparmi per anni ad un promotore finanziario di un importante gruppo bancario.

Questi aveva pensato bene di gestire i denari dell'investitore pur non disponendo di apposito mandato gestoreo conferito da quest'ultimo.

Il risparmiatore, verificate le numerose perdite derivanti dalla gestione impropria da parte del promotore finanziario, si era rivolto al Giudice per richiedere la restituzione del proprio capitale.

Il Tribunale ha accolto le richieste dell'investitore e, considerato il rapporto di gestione nullo in quanto privo di contratto, ha condannato la banca alla restituzione del capitale in favore del cliente.

Il Giudice trentino, infatti, ha giustamente individuato un rapporto unico tra banca e promotore, tale da far considerare la banca come soggetto responsabile per il fatto illecito del private banker.


Di seguito vi proponiamo la sentenza.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TRENTO
SEZIONE CIVILE

riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori Magistrati:
dott. Sabino Giarrusso - Presidente -
dott. Aldo Giuliani - Giudice rel. -
dott. Giulio Adilardi - Giudice -
ha pronunciato la seguente 

SENTENZA

Nella causa iscritta al n. 1321 del ruolo generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2005, promossa da
Gi. S.r.l.
rappresentati e difesi dall'avv. Lu.Ar. ed elett. dom.ti presso il di lei studio in 38100 Trento, via (omissis)
Attori
Contro
Ba.Po. soc. coop.
(già Ba.Po. s.c. a r.l.)
rappresentata e difesa dagli avv.ti Gi.Bi. e Ma.Am. ed elett. dom.ta presso lo studio del secondo in 38100 Trento, via (omissis)
Convenuta
con la chiamata in causa di
Ma.St.
rappresentato e difeso dall'avv. Ca.Ch. ed elett. dom.to presso il di lui studio in 38100 Trento, via (omissis)
Chiamato

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Gli attori hanno proposto in via principale domanda diretta all'accertamento della nullità dei contratti intercorsi con la banca convenuta.

In particolare, essi attori sostengono che alla base delle operazioni registrate sui conti correnti nn. 38824 e 34676, accesi presso la Ba.Po. (Bp.), rispettivamente, dal Gi. e dalla Is., e sui collegati depositi titoli nn. 41265 e 18587 vi fosse un rapporto derivante da un contratto di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, nell'accezione di cui all'art. 1, comma 5, lett. d), D.Lgs. 24/02/1998, n. 58, recante "Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52" (di seguito: TUF), privo della forma scritta prevista a pena di nullità dai successivi artt. 23 e 24 (il riferimento normativo deve intendersi operato, in questo come nei successivi casi, al testo previgente del TUF, applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis).

La convenuta, pur prospettando che nel caso concreto il servizio di investimento era effettivamente così qualificabile, sostiene che il rapporto ebbe natura personale e diretta con il suo (ex) dipendente St.Ma., responsabile dell'Area Finanza della banca, al quale gli attori avrebbero conferito, su base fiduciaria, l'incarico di investire in strumenti finanziari i rispettivi patrimoni affidatogli.

Il Tribunale ritiene che il rapporto contrattuale debba qualificarsi giuridicamente nei sensi di cui sopra in relazione all'attore Gi., specie considerando che non vi è alcun riscontro agli atti degli ordini che l'investitore avrebbe dovuto necessariamente impartire per ogni singola operazione.

E' vero che, per mancanza di documentazione sufficiente a ricostruire completamente le movimentazioni in denaro e titoli dei predetti conti, il c.t.u. Prof. Pa.Co. non è stato posto in grado di rispondere a tutti i quesiti posti dal Tribunale (vedi la relazione depositata in data 09/09/2008, spec. pag. 3), ma almeno per quanto riguarda Gi. è stato possibile accertare che egli ha effettuato sul conto corrente (che è stato utilizzato solo per investimenti in titoli: c.t.u., pag. 12) versamenti per complessivi Euro 339.053,95 (c.t.u., pag. 6), impiegati in assoluta prevalenza per investimenti in titoli azionari negoziati sul mercato italiano (c.t.u., pag. 14), senza che, come si è detto, vi sia riscontro dei singoli ordini, onde deve ritenersi che si sia trattato di investimenti compiuti discrezionalmente da Ma. utilizzando la consistente provvista messa a disposizione del cliente.

Le caratteristiche assunte dalla prestazione non lasciano dubbi sull'esistenza di una gestione patrimoniale su base individuale, che consiste essenzialmente nell'affidamento di un portafoglio dal cliente ad un intermediario per l'investimento in strumenti finanziari, senza necessità che l'investitore, volta per volta, impartisca ordini o rilasci autorizzazioni per il compimento delle operazioni, ancorché tali facoltà, poteri e restrizioni possano essere a lui riconosciuti.

Va di conseguenza escluso che il rapporto, così come concretamente atteggiatosi, avesse ad oggetto la negoziazione per conto terzi ovvero la ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari, che, ai sensi dell'art. 1, comma 5, lettere b) ed e), TUF, costituiscono diversi servizi di investimento, mediante i quali l'intermediario si obbliga ad eseguire gli ordini impartiti dal cliente ovvero a riceverli ed a trasmetterli ad altri intermediari autorizzati alla negoziazione o al collocamento (si vedano sul punto gli artt. 32 e 33 del Regolamento di attuazione del D.Lgs. 58/1998, adottato dalla Consob con delibera n. 11522 del 01/07/1998, e succ. modd., anch'esso applicabile alla fattispecie ratione temporis; di seguito: reg. Consob).

Dev'essere a questo punto rilevato che non vi è alcuna prova del rispetto del requisito della forma scritta ad substantiam del contratto - quadro di gestione intercorso tra le parti.

Non solo, ma ex actis non si rinviene tale prova neppure con riferimento al diverso tipo contrattuale riguardante la negoziazione per conto terzi ovvero la ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari, pertanto la nullità andrebbe dichiarata comunque. Peraltro, anche ammettendone in astratto la conclusione per iscritto, il documento non sarebbe rappresentativo di un contratto di gestione di portafogli di investimento su base individuale, il quale, per poter essere qualificato come tale, deve contenere in forma necessariamente scritta, oltre alle indicazioni desumibili dall'art. 24, TUF, anche quelle aggiuntive stabilite dall'art. 37, reg. Consob (ad es., tra le più significative: l'indicazione delle caratteristiche della gestione e l'indicazione se l'intermediario è autorizzato a far uso della leva finanziaria e in che misura).

Dev'essere ora esaminata la posizione della convenuta secondo cui il rapporto de quo agitur, come sopra qualificato, insorse con St.Ma. in proprio e non con la Bp., di cui il primo era dipendente con le funzioni come detto - di responsabile dell'Area Finanza.

Questa tesi, ancorché sostenuta con generoso sforzo difensivo, non è tuttavia condivisibile.

Essa si basa essenzialmente sulla natura fiduciaria del rapporto tra l'attore e St.Ma., desumibile dalle modalità di esecuzione dell'incarico, improntate alla massima fiducia nel funzionario, tanto che i periodici rendiconti inviati dalla banca, nei quali erano registrate le varie operazioni, non furono mai oggetto di contestazione.

Anche ammettendo che nella specie la fiducia nelle (ritenute) doti di abilità e competenza di Ma. nel settore finanziario abbia avuto un ruolo determinante nella scelta dell'investitore, tanto da mettere in secondo piano le procedure dirette alla protezione degli interessi del cliente, fino alla loro completa obliterazione, questo non vale ad escludere l'instaurazione del rapporto con la banca, ovvero, in altri termini, ad escludere lo svolgimento da parte di quest'ultima del servizio di investimento in oggetto, a mezzo del proprio funzionario a ciò deputato.

Non solo Ma. operava nell'esercizio delle sue mansioni nei locali della Bp., avvalendosi dei mezzi di questa, ma nei rapporti con l'attore era manifesto che il servizio d'investimento era prestato da tale banca, come si desume dai rendiconti ove erano indicate le singole operazioni, ancorché con le generiche denominazioni che lo stesso c.t.u. ha evidenziato al fine di sottolineare l'impossibilità di ricostruirne completamente l'andamento: non si trattava dunque di (abusiva) intermediazione finanziaria, esercitata in proprio in occasione delle mansioni lavorative cui Ma. era addetto, ma di un'attività imputabile alla banca, mediante un suo dipendente dotato di una posizione di preminenza e di particolare autonomia nel settore, nonché di una singolare libertà d'azione all'interno dell'azienda.

In questo quadro, la fiducia nutrita in Ma. dall'attore si traduceva nella fiducia nella banca ove egli operava quale esperto del campo finanziario, ridondando quindi a vantaggio dell'intermediario istituzionale, nella misura in cui questi si avvaleva di funzionari (almeno in apparenza) competenti ed efficienti.

Per altro verso, non è verosimile che l'attore, confidando nelle capacità di Ma., gli abbia personalmente affidato un patrimonio non certo irrisorio ai fini di investimento senza voler instaurare alcun rapporto con la banca sua datrice di lavoro, quando lo stesso risultato (cioè a dire una gestione del portafoglio concretamente curata da Ma., quale funzionario addetto) era in pratica perseguibile mediante il conferimento dell'incarico a quest'ultima, con le conseguenti maggiori garanzie sul piano organizzativo e patrimoniale.

La convenuta, nella memoria conclusionale (pag. 14 ss.), deduce altresì che il rapporto contrattuale intercorso tra Gi. e Ma. non è comunque ad essa imputabile, per avere il secondo agito senza poteri rappresentativi (recte: esorbitando dai limitati poteri rappresentativi attribuitigli quale responsabile dell'Area Finanza): a prescindere dal difetto di prova dell'assunto, si tratta di un'inammissibile contestazione tardiva, che implica la ben diversa prospettazione della conclusione del contratto di gestione patrimoniale in nome e per conto della banca, ancorché da parte di un falsus procurator.

Va dunque accolta la domanda principale diretta alla declaratoria di nullità, per mancanza di forma scritta, del contratto tra l'attore Gi.Fr. e la convenuta, relativo alla prestazione del servizio di investimento, previa sua qualificazione come contratto di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, secondo l'accezione sopra indicata.

Da questo accertamento, in base alla regola quod est nullum nullum producit effectum, conseguono le obbligazioni restitutorie desumibili dai principi propri della ripetizione d'indebito oggettivo (art. 2033 c.c.), pertanto l'attore ha diritto alla restituzione delle somme affidate in gestione patrimoniale alla banca (vedi supra), detratto l'importo di quanto via via prelevato (Euro 206.738,46), pari ad un saldo attivo di Euro 132.315,50 (vedi c.t.u., pag. 6).

Non spetta invece la restituzione delle somme che, secondo l'opponente, furono ingiustificatamente addebitate sul conto corrente a titolo di spese, commissioni ed imposte relative alle operazioni di investimento compiute nel corso del rapporto, poiché la ripetizione delle somme investite (i.e. conferite alla banca per la gestione mediante i versamenti nel conto corrente tramite assegni circolari, bonifici e giroconti) assorbe ogni aspetto dell'indebito, ristabilendo la situazione anteriore all'invalida instaurazione del rapporto: concludendo diversamente, l'attore conseguirebbe sine causa gli importi in esame, oltre a quanto da lui versato, con indebita locupletazione.

Va a questo punto precisato che con il ripristino della situazione anteriore alla conclusione del contratto nullo avente ad oggetto la prestazione del servizio di gestione patrimoniale e con la restituzione da parte della banca di quanto ricevuto per la gestione, con detrazione di quanto già prelevato, è definito ogni rapporto tra le parti in relazione alle poste registrate nel conto corrente di corrispondenza.

In particolare, non rilevano sul piano restitutorio eventuali plusvalenze (così come eventuali minusvalenze) che i titoli abbiano generato, ovvero l'accredito di dividendi, cedole e premi, inerendo ciò ai risultati della gestione, che rimangono comunque imputati alla banca: al contrario, come già detto, l'effetto restitutorio conseguente alla dichiarata nullità del contratto di gestione deve limitarsi, per l'investitore, alla restituzione degli strumenti finanziari ancora in deposito presso la banca, nei quali è stato investito il patrimonio conferito, e per la banca alla restituzione di quanto ricevuto per l'investimento, detratto quanto già prelevato dall'investitore, sopportando (od eventualmente lucrando) la seconda i risultati della gestione.

L'accoglimento della domanda di nullità non consente l'esame della domanda di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale (comprensiva anche della violazione degli obblighi di informazione e trasparenza previsti dal TUF e dal relativo regolamento d'attuazione), che presuppone, ovviamente, la conclusione di un valido contratto.

Circa la dedotta responsabilità extracontrattuale, si osserva che la violazione dell'obbligo di correttezza e buona fede da parte della banca, a mezzo del suo dipendente, potrebbe venire in rilievo ai sensi del combinato disposto degli artt. 2049 (che imputa al datore di lavoro l'illecito compiuto dal dipendente) e 1338 c.c. (la responsabilità precontrattuale configura, com'è noto, una species della responsabilità aquiliana), ciò che tuttavia presuppone l'incolpevole affidamento dell'altra parte nella validità del contratto, non ravvisabile allorché la causa della nullità risieda nella mancanza della forma scritta del negozio, stabilita da una norma legislativa della quale deve presumersi la conoscenza.

Quanto alla richiesta di risarcimento del danno morale, si osserva che la relativa pretesa risulta tardivamente avanzata solo nella memoria conclusionale e che in ogni caso manca la dimostrazione dell'illecito penale nei confronti dell'attore (e non nei confronti della banca sua ex datrice di lavoro), di cui la convenuta dovrebbe rispondere ex artt. 2049, 2059 c.c. e 185 c.p.

L'assenza di condanne risarcitorie assorbe altresì l'eccezione fondata sul concorso del fatto colposo del danneggiato, ex art. 1227 c.c.

In conclusione, la convenuta dev'essere condannata al pagamento in favore dell'attore Gi.Fr. della somma di Euro 132.315,50.

E' opportuno precisare che, come già detto, gli effetti restitutori conseguenti alla declaratoria di nullità si estendono, specularmente, anche agli strumenti finanziari acquistati dalla banca per conto dell'investitore ed ancora giacenti in deposito.

Nella specie la convenuta ha chiesto invece la restituzione del "controvalore dei titoli esistenti sul dossier ...", quindi una condanna a corrispondere il tantundem, che ha un diverso oggetto (sulla necessità di apposita domanda di restituzione della prestazione eseguita in mancanza di causa cfr. e pluribus Cass. 03/02/2006, n. 2439, nell'analogo caso della retroattività degli effetti della risoluzione del contratto per inadempimento, ex art. 1458 c.c.); inoltre, era onere della banca indicare specificamente i titoli di cui avrebbe dovuto chiedere la restituzione, in quanto ancora in deposito, non apparendo utilizzabile a tal fine la c.t.u., che si limita ad indicare genericamente il controvalore dei titoli giacenti al 28/02/2002 (pag. 12).

Sulla predetta somma sono dovuti gli interessi al tasso legale per il ritardato pagamento, ex art. 1224, primo comma, c.c., trattandosi di debito di valuta.

Circa la decorrenza degli interessi, può ritenersi esistente il requisito della mala fede dell'accipiens, ex art. 2033 c.c., poiché la banca era ovviamente in grado di conoscere la natura indebita dei versamenti effettuati dall'attore ai fini di investimento, in difetto di un contratto di gestione patrimoniale in forma scritta: gli interessi sono dunque dovuti dal giorno del pagamento: tenuto conto delle date dei singoli versamenti e prelevamenti (vedi c.t.u., pag. 6), essi decorrono dal 29/06/2004, data dell'ultimo prelievo di Euro 25.000,00, che diede origine al residuo attivo di Euro 132.315,50, sino al saldo.

Quanto all'attrice Is., il Tribunale ritiene che, a causa dell'assoluta impossibilità di ricostruire attendibilmente i versamenti ed i prelevamenti fatti, nonché di distinguere quali siano stati effettuati a titolo di incremento/decremento di disponibilità da investire/disinvestire in strumenti finanziari e quali invece si riferivano all'ordinaria attività dell'impresa, che utilizzò promiscuamente il conto corrente in esame (vedi le considerazioni del c.t.u. a pagg. 6 - 7), non vi siano elementi probatori sufficienti da cui inferire né il tipo di contratto di investimento intercorso tra le parti né l'entità del patrimonio impiegato né l'andamento della gestione, ove di ciò si fosse trattato.

Peraltro, dal mancato adempimento della banca all'ordine di esibizione avente ad oggetto i documenti necessari per ricostruire i rapporti tra le parti non possono trarsi decisivi argomenti di prova a favore della Is. S.r.l., poiché anch'essa ha contribuito a determinare, con il suo comportamento, tale lacuna probatoria, avendo omesso di produrre la sua documentazione contabile, nella quale doveva esservi traccia sia delle causali dei singoli versamenti e prelevamenti sia delle operazioni di investimento, ai fini della redazione del bilancio a fini civilistici (vedi le condivisibili considerazioni del c.t.u. a pagg. 7 e 9).

Ne consegue il rigetto di tutte le domande, ivi comprese quelle risarcitorie per omesso adempimento dei doveri di informazione dell'intermediario, che implicano comunque la prova a carico dell'investitore dei fatti costitutivi della domanda, ed in particolare dell'ammontare del patrimonio impiegato per l'investimento, onde valutare il danno emergente ed il lucro cessante, e prim'ancora la prova dello specifico servizio di investimento svolto dall'intermediario, salva la presunzione relativa ex art. 23, comma 6, TUF.

Si passa ora all'esame del rapporto processuale con i terzi chiamati, iniziando dalla posizione di St.Ma.

Il Tribunale osserva che nel caso concreto si versa in un'ipotesi di chiamata del terzo che, secondo la convenuta, è l'esclusivo obbligato nei confronti degli attori, sulla base di un rapporto giuridico (mandato conferito dall'opponente al terzo in proprio) alternativo rispetto a quello dedotto in giudizio da questi ultimi. In altri termini, non si tratta di una chiamata in garanzia impropria - fondata su un titolo diverso da quello dedotto in giudizio dagli attori -, con la quale la banca chiede di essere tenuta indenne dagli effetti pregiudizievoli conseguenti all'eventuale accoglimento delle domande principali, ma dell'estensione della causa a colui che, secondo la convenuta, è l'esclusivo soggetto passivo delle domande riconvenzionali degli attori e che dovrebbe quindi essere direttamente condannato a favore di questi ultimi, con assoluzione della chiamante.

Così inquadrata la fattispecie processuale, ne consegue che l'accertamento della legittimazione passiva in senso sostanziale della banca esclude la fondatezza della contraria pretesa rivolta contro il terzo, anche sotto il profilo dell'estensione automatica delle domande degli attori nei di lui confronti.

Quanto al rapporto con le compagnie assicuratrici, è dirimente osservare che la domanda di garanzia impropria avanzata contro di esse ha ad oggetto il loro obbligo "... di indennizzare la Bp. dei danni arrecati all'attore ..." (vedi le conclusioni "in via ulteriormente subordinata" della convenuta, sub lett. III), vale a dire è subordinata all'accertamento della responsabilità risarcitoria della banca per i danni causati dalla condotta del funzionario infedele, con la conseguenza che, essendo stata esclusa tale responsabilità, sia sotto il profilo contrattuale che extracontrattuale (per le ragioni sopra esposte), e non potendosi assimilare l'obbligazione restitutoria da indebito oggettivo sine causa (per nullità del contratto) a quella risarcitoria da inadempimento o fatto illecito, l'obbligazione indennitaria fatta valere in questa sede dall'assicurata non viene in rilievo.

L'esito finale della lite tra gli attori e la convenuta evidenzia la soccombenza prevalente della convenuta nei confronti di Gi. (la cui domanda era comunque più ampia di quella accolta) e la soccombenza di Is. nei confronti della banca, pertanto sussistono i presupposti per la compensazione integrale delle spese di giudizio, anche alla luce della sostanziale identità delle questioni trattate dalla difesa degli attori e del mancato adempimento della banca all'ordine di esibizione, della cui non imputabilità non vi è alcuna prova.

Le spese di c.t.u. rimangono definitivamente a carico di attori e convenuta al 50% (vedi decreto di liquidazione del G.I. di data 31/10/2008).

Sussistono giusti motivi di compensazione integrale delle spese di giudizio anche tra la 
convenuta e i terzi chiamati, per la natura secondaria delle questioni relative ai loro rapporti processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale di Trento, in composizione collegiale, ogni diversa o contraria azione, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
1. Dichiara la nullità del contratto tra Gi.Fr. e la convenuta, previa sua qualificazione come contratto di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, per mancanza di forma scritta, e per l'effetto condanna la convenuta al pagamento in favore del Gi. della somma di Euro 132.315,50, oltre agli interessi legali dal 29/06/2004 al saldo.
2. Rigetta le domande di Is. S.r.l.
3. Rigetta ogni ulteriore o diversa domanda, anche contro i terzi chiamati.
4. Compensa integralmente inter partes le spese di giudizio, ponendo le spese di c.t.u. a definitivo carico degli attori, da un lato, e della convenuta, dall'altro, al 50% ciascuno.
Così deciso in Trento il 3 dicembre 2009.
Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2010.

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