I reati in internet prevedono una serie di peculiarità, e difficoltà, di non facile risoluzione, come ad esempio quale giudice deve decidere una condotta delittuosa realizzata in rete.
La Suprema Corte di Cassazione ha individuato, in più interventi, il criterio di determinazione del tribunale competente a risolvere questo tipo di controversie, come con il decreto n. 74/2013 della Corte di Cassazione – sezione penale che potete leggere questa domenica.
(1) Truffa e internet
Ai sensi dell’art. 640 c.p. che definisce la truffa contrattuale, benché, nell’ambito del commercio elettronico disciplinato dal D.lgt. 9.04.2003 n. 70 in attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico, il reato si consuma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato ( sez. II, sent. N.18859 del 24/01/2012) e non, quando il soggetto passivo, pur a mezzo di artifici e raggiri, assuma l’obbligazione.
Fatto il necessario preambolo, vediamo come si configuri tale tipologia di reato nel caso di utilizzo illecito di carte prepagate, come ad esempio la Poste Pay.
La maggior parte delle truffe contrattuali, in particolare quelle che vengono perpetrate sulla piattaforma e-bay (non foss’altro che per la frequenza con cui queste si riscontrano rispetto alle altre piattaforme e-commerce) si realizzano a mezzo pagamenti effettuati con ricarica su carte Poste pay.
Infatti, non essendo la Poste pay associata ad alcuna transazione legale, né a nessun codice IBAN, non garantisce alcuna tutela quando si effettua la ricarica di una carta altrui.
A dispetto della sua semplicità di utilizzo, durante una transazione commerciale in rete, questo tipo di carta ricaricabile non andrebbe mai preferita come mezzo di pagamento e, di fatto, acquirenti nonché venditori seri ed accorti tendono a non utilizzarla.
(2) Utilizzo illecito della carta ricaricabile - qual è il giudice competente?
In ambito procedimentale, in capo all’utilizzo di questo singolare metodo pagamento sono sorti non pochi problemi relativamente all’individuazione della competenza territoriale in virtù del luogo in cui il reato si sia effettivamente consumato.
La difficoltà di accertare quale sia il luogo nel quale il titolare della carta Poste pay abbia conseguito l’ingiusto profitto discende dalle caratteristiche proprie di questo strumento di moneta elettronica che non accede necessariamente ad alcun conto corrente.
Essendo la carta stessa oggetto di accredito in conseguenza dell’effettuata ricarica, il luogo in cui l’ingiusto profitto viene realizzato potrebbe, di fatto, essere ovunque. Alla luce di questa particolarità risulterebbe impossibile l’individuazione del giudice competente tramite il criterio dell’art. 8 c.p.p. reindirizzando la scelta su uno dei criteri alternativi di cui all’art. 9 c.p.p.
Di diverso avviso è la Procura Generale della Corte di Cassazione che attribuisce rilevanza al luogo in cui si è verificato il danno.
In più occasioni, infatti, la competenza è stata rinvenuta nel luogo in cui è avvenuta l’operazione di ricarica della carta, “giacché lì si verifica la diminutio patrimonii del soggetto passivo con contestuale arricchimento da parte dell’agente, arricchimento costituito dalla mera disponibilità e non già dall’effettivo utilizzo della somma” ( Procura generale della Repubblica presso Corte Suprema di Cassazione, Decr.n 65/09).
Secondo questo orientamento dunque, il problema dell’individuazione geografica di competenza si risolve nel luogo fisico in cui l’ingiusto profitto e il danno si verificano contestualmente nel momento stesso della ricarica.
Questa modalità, dunque, non potrebbe essere applicata nei casi di pagamenti avvenuti a mezzo di bonifico bancario, poiché, la disponibilità postergata nel tempo per il ricevente, implicherebbe un’anticipazione del momento consumativo del reato ad un momento precedente alla realizzazione del profitto, in contrasto con quanto richiesto dall’ordinamento giurisprudenziale prevalente.
In problemi sorti nel tentativo di superare l’empasse paiono aver trovato ulteriore conferma nel più recente Decreto della Procura Generale della Corte di Cassazione n. 74/2013 che risolve il conflitto di competenza sul presupposto che in presenza di un rapporto elettronico il depauperamento ed il conseguimento del profitto coincidono e, dunque,nel caso di carta non appoggiata su conto corrente qual è la Poste pay, fa fede il luogo in cui è avvenuta la ricarica.
Il criterio sussidiario applicabile attesa l’impossibilità di verificare il luogo dell’evento, inoltre, sempre secondo la Procura Generale, non sarà il luogo della residenza dell’indagato, bensì, il luogo ove la carta è stata attivata, in subordine criterio sussidiario di residenza, identificabile mediante l’indicazione del relativo codice univoco, qualificandosi per altro come vero e proprio “domicilio informatico” del creditore apparente ai sensi e per gli effetti degli artt. 1182 e 1498 comma 3 del c.c.
assazione Penale - decreto n.74/2013
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