domenica 5 maggio 2019

Condominio - la ripartizione delle spese: sempre valida la delibera dell'assemblea?

Questa domenica torniamo ad affrontare i problemi che riguardano il condominio, uno degli argomenti più letti di questo blog, in quanto sono frequenti le discussione in merito alle spese comuni e alla loro ripartizione tra i vari condomini.

In generale, esiste il principio di ripartizione delle spese condominiali su criteri previsti per legge e determinate all'esito della assemblea convocata dall'amministratore.

I criteri di ripartizione delle spese possono, peraltro, essere derogati con il voto unanime dell'assemblea, ve devono partecipare tutti i condomini e vi deve essere la totalità del voto favorevole: il mancato rispetto di tali presupposti rende, come noto, del tutto invalida la delibera assembleare.

Tale ultima considerazione, peraltro, non è sempre chiara tra i condomini (ma talvolta nemmeno tra gli amministratori), tant'è che sono ripetuti gli interventi della Corte di Cassazione ove viene riaffermato il principio appena brevemente richiamato.

In tali casi, infatti, la delibera che modifichi i criteri di partecipazione e voto ex art. 1123 c.c. deve essere votata da tutti i condomini in senso favorevole e, nel caso di violazione di tali presupposti, l'impugnazione della delibera assembleare è sottratta al termine di trenta giorni ex art. 1137 c.c..

Non appare superfluo ricordare che tale principio trova altresì applicazione nell'ipotesi di multiproprietà, ove l'ente gestore può modificare le regole relative alla partecipazione e voto dei multiproprietari, solo con assemblea con voto favorevole del 100%.

Il condomino (o il multiproprietario) che vi abbia interesse può impugnare la delibera assembleare che violi le norme sopra richiamate ex art. 1421 c.c.

Un caso problematico sorto, e risolto, di recente riguarda invece l'approvazione delle decisioni assunte dall'assemblea per facta concludentia: è possibile che la carenza di lamentela/contestazione del condominio attesti un suo assenso, ancorché non esplicitato nei modi e tempi previsti ex lege?

Il caso è stato affrontato dalla Corte di Cassazione all'esito di una vicenda avviata con decreto ingiuntivo da parte del condominio nei confronti di due condomini per somme dovute a titolo di spese condominiali dovute per la comproprietà di un alloggio del condominio e, solo da un condomino, per la proprietà di altra porzione del condominio.

Le spese erano state deliberate all'assemblea ove aveva partecipato solo uno dei due condomini, mentre l'altro (coniuge e proprietario della proprietà esclusiva) non era presente.

La delibera assembleare, mutando i criteri di ripartizione, aveva addebitato le spese ai due condomini, anche con riferimento all'immobile di proprietà del coniuge non presente.

Con l'ordinanza n. 33039/2018, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio di solidarietà tra i condomini, nel caso di comproprietari dello stesso immobile, sicché le spese condominiali possono essere validamente stabilite dall'assemblea ove partecipa anche uno solo dei comproprietari.

Per contro, non può essere ritenuta valida l'assemblea ove siano stabilite le spese condominiali a carico di un proprietario che non vi partecipa, addebitandole al coniuge presente (ma non proprietario), né il suo consenso può essere desunto dalla condotta tenuta (ossia per facta concludentia).

E quindi, con riferimento alla quota in comproprietà, la Cassazione ha ribadito che i comproprietari di un’unità immobiliare sono tenuti in solido al pagamento delle spese condominiali (escludendo la partecipazione pro quota) in favore del condominio; nel caso di proprietà esclusiva, non è valida la delibera assembleare che stabilisce il pagamento della quota in assenza della moglie e/o addebitandola al marito presente all'assemblea.

Qui il provvedimento della Corte di Cassazione oggetto del nostro commento.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...