Questa domenica torniamo a segnalarvi una sentenza in materia di vendita di diamanti da investimento, con la quale la banca è stata condannata per la violazione dei doveri informativi verso i clienti al momento della sollecitazione all'acquisto.
Anche il Tribunale di Venezia, allineandosi agli altri giudici di merito intervenuti in materia, ha individuano la fonte della responsabilità nel "contatto sociale qualificato" e nella violazione dei doveri informativi da parte dell'intermediario.
Vi rimandiamo, per una disamina della materia, ai nostri precedenti interventi (vedi qui e qui).
Di seguito, la sentenza Tribunale di Venezia.
TRIBUNALE DI VENEZIA
Sezione II Civile
Il Giudice onorario avv. Antonio Salerno, sul ricorso ex art. 702 bis epe proposto da:
(...), con l'Avv. (...)
Ricorrente
Contro
(...), con gli Avv.ti (...)
Resistente
a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 28 gennaio 2021, letti gli atti introduttivi, i documenti e le note telematiche depositate dai procuratori delle parti, ha emesso la seguente
ORDINANZA
Le conclusioni rassegnate dalle parti:
Per parte Ricorrente.
Nel Merito in Via principale:
- Accertata e dichiarata la responsabilità di Banco BPM, per l'inadempimento contrattuale e pre contrattuale agli obblighi informativi e comportamentali di cui alla normativa di settore, ovvero all'art. 21 del T.U.F. e artt. 27, 28, 32,39,40,41 e 42 del Regolamento Consob n. 16190/2007, e/o della normativa del Codice del Consumo, ovvero all'art. 2, comma 2, lett. c), art. 5, comma 3), agli artt. 20 e 21, comma 1, lett. b), c), d) e f), art. 22, nonché art. 23 comma 1, lett. t), e/o del Codice Civile, in particolare agli artt. 1218, 1175, 1173, 1375 c.c., come meglio argomentato in narrativa, condannare Banco (...) al risarcimento del danno subito dalla ricorrente pari alla somma spesa per la compravendita dei diamanti ovvero ad Euro 40.046,96 oltre rivalutazione ed interessi moratori ex D.Lgs. n. 192/12 maturati dal dovuto al saldo, o a quella diversa maggiore ominore somma che sarà ritenuta di Giustizia, oltre al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c. come specificato in narrativa, da determinarsi in via equitativa nella misura che sarà ritenuta di Giustizia, in Via istruttoria:1. disporre ex art. 210 c.p.c. l'acquisizione del provvedimento di chiusura delle indagini preliminari della Procura della Repubblica di Milano del caso "(...)";
2. in caso di contestazione sul quantum, richiede CTU tecnica volta ad accertare e quantificare il valore effettivo dei diamanti per cui è causa al momento dell'acquisto e al momento attuale;
3. senza che ciò significhi inversione dell'onere probatorio, in caso di ammissione della prova richiesta da controparte, chiede ammettersi prova contraria con i testi indicati;
4. Chiede, altresì, ammettersi prova per testi su tutte le circostanze di fatto indicate in narrativa di fatto qui da intendersi integralmente ripetute e trascritte, espunte da giudizi, con l'anticipo della locuzione "vero che".
Si indicano come testi, anche a prova contraria, per la quale si chiede subito l'abilitazione, i soggetti di seguito indicati:
In ogni caso:
Spese di lite rifuse.
Per parte Resistente,
Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, così giudicare:
1. in preliminare:
- accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva della Banca in ordine alle domande avversarie per le ragioni esposte in narrativa e, per l'effetto, rigettare tutte le richieste ex adverso formulate;
- accertare e dichiarare la prescrizione delle pretese avversarie;
2. in via principale:
- rigettare tutte le domande e le richieste formulate dalla ricorrente in quanto inammissibili, improponibili e comunque infondate, in fatto e in diritto, per i motivi tutti di cui in narrativa;
3. in subordine:
- accertare e dichiarare la sussistenza del concorso di colpa in capo alla signora (...) ai sensi dell' art. 1227 c.c., nella causazione dei pretesi danni e, conseguentemente, escludere ovvero ridurre l'entità del pagamento in favore della medesima nella misura che sarà ritenuta di giustizia in considerazione dell'entità del concorso colposo di controparte;- nella denegata ipotesi in cui ritenga la Banca tenuta al pagamento, a qualsivoglia titolo, di somme di denaro in favore della ricorrente, ridurre l'importo da corrispondere secondo i criteri indicati in narrativa, tenendo in considerazione il valore delle gemme;
4. in ogni caso: dichiarare tenuta e condannare la ricorrente al pagamento di tutte le spese, competenze ed onorari, oltre IVA e CPA, del presente procedimento.
In punto di fatto.
- la Sig.ra (...) in data 25 ottobre 2011 acquistava, su sollecitazione e consiglio di un funzionario dell'istituto di credito, n. 4 Diamanti a scopo di investimento della società (...) S.p.a. (di seguito: "(...)"), nella filiale di Venezia-Mestre, (...), per una somma pari ad Euro 40.046,96.
- Nello specifico la responsabile dei rapporti con la clientela del tempo, Sig.ra (...), nei primi giorni di ottobre 2011 consigliava ai clienti, Sig.ra di diversificare gli investimenti di famiglia. Proponeva, quindi, ai coniugi di investire nel mercato dei diamanti in quanto lo stesso, a suo dire, sarebbe stato più sicuro di altri investimenti ma, soprattutto, molto remunerativo nel tempo ed esentasse come dimostrato dal materiale illustrativo esibito durante il colloquio che veniva rilasciato alla ricorrente
- La (...), quindi, dopo essere stata confortata dalla Banca sul valore delle pietre e sulla sicurezza dell'investimento in diamanti come "bene rifugio" che, a dire del funzionario (...), non avrebbe scontato l'andamento dei mercati azionari e valutari, sottoscriveva il contratto (...), il modulo di adeguata verifica della clientela della banca, ove è ben specificato che il conto è stato aperto con "bonifico per acquisto diamanti" (...) ed eseguiva il bonifico a (...) di Euro 40.046,96 sulle coordinate comunicate all'operatore (...) che ha proposto l'investimento n. (...)
- Il 19 febbraio 2019 la Sig.ra (...) apprendeva dalla stampa che il valore effettivo dei diamanti che aveva acquistato non corrispondeva alla somma sborsata ma era di molto inferiore. Dalle indagini della Procura di Milano era emerso che i diamanti venivano venduti dalla Banca, nel caso da (...), ad un prezzo molto più alto del valore reale di mercato che rendeva di fatto impossibile il ritorno economico dell'operazione (...).
Preoccupata di quanto appreso sul reale valore dei preziosi che sarebbe stato tra il 70% e 80% in meno della somma sborsata per l'acquisto, in data 27 febbraio 2019 contestava alla (...) la violazione degli obblighi informativi (...). Ribadiva, poi le contestazioni con missive del 27.05.19, 21.06.19 e 24.06.19 (...);
- Con l'intervento dell'avv. (...) del 16 ottobre 2019 venivano ribadite le contestazioni e la responsabilità contrattuale/precontrattuale della banca per violazione degli obblighi di informazione e protezione nei confronti del cliente che non era stato reso edotto del reale valore delle pietre e dei costi accessori così da generare l'affidamento dello stesso sull'opera di (...) e chiedeva il risarcimento del danno;- A seguito della diffida del legale il 27 novembre 2019 l'Avv. (...) veniva convocato da (...) in Filiale (...), ove il direttore e il referente controlli (...) scusandosi dell'accaduto a nome della Banca offrivano a ristoro il valore del 59% (Euro 23.627,73) della somma investita. Proposta poi formalizzata con mail del 19 febbraio 2020 (...);
- Le tre pietre venivano fatte stimare dal Gemmologo (...) (VE) in data 25 febbraio 2020 il quale attestava che il valore intrinseco delle stesse, considerata l'assenza di mercato per la qualità di tali pietre, ammontava ad Euro 6.045,50 (12.091,00/2) a fronte di un esborso di Euro 40.046,96 (cfr. perizia (...)). Evidente la differenza di valore e, quindi, il danno patrimoniale subito.
Di contro l'Istituto di credito.
- Nell'ottobre 2011, la signora (...) si recava presso la filiale di Mestre della Banca manifestando l'intenzione di voler diversificare i propri investimenti, destinando una parte del proprio patrimonio all'acquisto di prodotti diversi da quelli tipicamente finanziari offerti dagli Istituti di Credito.
- Preso atto di ciò, i funzionari della Banca domandavano alla cliente se fosse di suo interesse l'acquisto di pietre preziose, ovvero di beni aventi un valore intrinseco che quindi potevano anche essere utilizzati per altre esigenze, in linea con la richiesta di diversificazione del patrimonio.
- A fronte dell'interessamento palesato dalla signora (...) la Banca, che non era attiva nel settore, ha segnalato alla cliente la possibilità di acquistare diamanti da un operatore specializzato nel comparto della compravendita di gemme, ossia (...) (1), con la quale aveva concluso una convenzione di segnalazione (di seguito, la "Convenzione", che si produce sub doc. n. 2).
Va chiarito che la Banca non ha svolto alcuna attività promozionale o sollecitativa, tenuto conto che, come espressamente indicato all'interno della Convenzione, questa si è limitata a mettere "a disposizione il materiale divulgativo predisposto a cura e a spese della (...)(...))" (cfr. punto 1 della Convenzione).
- La signora (...), dunque, esaminava la documentazione commerciale di (...) e, all'esito, decideva, in totale autonomia, di sottoscrivere la modulistica di (...) costituita dalla proposta di acquisto di diamanti per un controvalore indicativo di euro 40.000,00 e dalle allegate "condizioni di compravendita" (cfr. doc. n. 3), poi inoltrata a (...) dalla Banca in conformità alla Convenzione.
- (...), sulla base dell'Importo indicativo stabilito dalla cliente, con ietterà del 4 novembre 2011 comunicava il numero di pietre individuate, specificando l'ammontare esatto del corrispettivo (pari ad euro 40.045,96) (cfr. doc. n. 4 ex adverso prodotto), versato dalla ricorrente in data 25 novembre 2011 direttamente alla Società venditrice (cfr. doc. n. 2 ex adverso prodotto).Seguiva il deposito di note conclusive con le quali nello specifico la Banca sottolineava l'assenza di prova di comportamenti scorretti o esorbitanti della segnalazione; l'insufficienza della produzione del Provvedimento AGCM nonché contestando il quantum risarcitorio.
Breve panoramica dei diamanti da investimento in Italia.
I diamanti da investimento sono stati offerti da operatori specializzati in tale attività, in particolare nel mercato italiano spiccano due società: (...) S.p.A. e (...) che svolgono attività di commercio di diamanti, (...) S.r.l. (società interamente partecipata e controllata da (...) S.p.a.) che si occupa principalmente di intermediazione nel commercio di diamanti. Tali società hanno operato principalmente attraverso il canale bancario, nello specifico (...) si è affidata a (...) S.p.A. e Banco (...) S.p.A., al contrario (...) si è affidata a (...) S.p.A. e (...) S.p.A., mentre il canale privato (c.d. vendite dirette) è residuale per entrambe.
Il quadro normativo nella vendita di diamanti nel canale bancario riguarda Consob e Banca d'Italia, ma la qualificazione della vendita nel canale bancario come attività di "investimento" , soggetta alla regolamentazione delle Autorità finanziarie, è stata oggetto di discussione tra gii operatori e tali organismi di controllo. Infatti, l'acquisto di diamanti rappresenta l'acquisto di un bene materiale che può essere goduto in diversi modi, che vanno oltre il possibile apprezzamento del suo valore.
Secondo la Consob, la disciplina di trasparenza e correttezza sui servizi di investimento non è di per sé applicabile alla vendita di diamanti o di altri beni materiali, anche qualora avvenga tramite il canale bancario, a meno che tale vendita non si configuri esplicitamente come offerta di un prodotto finanziario, grazie all'esplicita previsione, anche tramite contratti collegati, di elementi come, ad esempio, promesse di rendimento, obblighi di riacquisto, realizzazione di profitti ovvero vincoli al godimento del bene.
Più nello specifico la Consob, interpellata dalle due principali società del settore in merito all'applicabilità, ad operazioni di vendita di diamanti, della disciplina in materia di offerta al pubblico dettata dal D.Lgs. n. 58/1998, ha escluso che i diamanti rientrino nella categoria dei prodotti finanziari, nella misura in cui non vi siano limitazioni alle possibilità di godimento del diamante stesso (che può quindi essere, ad esempio, montato su un anello), non siano emessi certificati che attestino la titolarità dei bene e che siano commercializzabili su un mercato secondario, né vi siano patti di riacquisto del bene da parte del venditore.
Tali condizioni appaiono rispettate nei contratti con i quali vengono venduti i diamanti da investimento nel canale bancario In questo senso quindi, l'acquisto di diamanti è una forma di impiego del risparmio che non configura un investimento finanziario, in senso tecnico-giuridico.
Banca d'Italia, invece, ha ritenuto che le attività svolte dalle banche in relazione alla vendita dei diamanti - consistenti nel divulgare alla clientela il materiale informativo, profilare e valutare la propensione al rischio della clientela interessata, raccogliere gli eventuali ordini e ricevere i pagamenti - fossero "connesse a quella bancaria" ai sensi del D.Lgs. 385/1993. La Società (...) promuoveva l'investimento in diamanti attraverso una pluralità di mezzi - il proprio sito internet www. (...).it, il materiale illustrativo scaricabile dal sito stesso, brochure e leaflet a disposizione degli Istituti di credito - provvedendo, anche, a pubblicare le quotazioni/prezzi dei diamanti trattati su alcuni dei maggiori quotidiani economici italiani.
L'offerta dell'investimento in diamanti avveniva sulla base di diverse argomentazioni volte a sottolineare l'affidabilità dell'azienda, illustrare le caratteristiche qualitative dei diamanti e dell'offerta, nonché la convenienza dell'investimento.
In sintesi, il sito ed il materiale illustrativo/promozionale complessivamente diffuso dal professionista si soffermava sulla descrizione dei diamanti trattati, descrivendo nel dettaglio le caratteristiche ed elogiando come l'investimento in diamanti poteva essere un investimento sicuro poiché il mercato globale non è influenzato dalle crisi economiche politiche e sociali essendo perciò un bene di libera circolazione con una liquidabilità certa.
La Società si impegnava a pubblicare a proprie spese, trimestralmente sui giornali economici, in particolare Il sole 24 ore, il prezzo che il consumatore doveva pagare per l'acquisto dei diamanti e il prezzo al quale la pietra poteva essere ricollocata sul mercato in caso di disinvestimento, ai lordo delle commissioni di rivendita, attraverso delle tabelle.
La convenienza dell'investimento era promossa sui sito facendo leva sui trend positivo delle quotazioni dei diamanti, che veniva argomentata attraverso un grafico, che raffrontava l'andamento in costante crescita delle quotazioni dei diamanti con l'andamento dell'inflazione (che risultava sempre inferiore) e con l'andamento assai più vario deH'EuroStoxx50138 (cfr. Grafico 1).
Quotazione diamanti andamento inflazione/EuroStoxxSO immagine Sul sito della (...), il grafico è accompagnato da un commento che collega la costante ascesa delle quotazioni alla sicurezza dell'investimento: "Le quotazioni dei diamanti da investimento hanno sempre avuto un trend positivo, ben superiore all'andamento dell'inflazione. Investire in diamanti non è comunque mai una scelta speculativa e rischiosa, bensì una ponderata tutela dei proprio capitali."
Dall'analisi dei grafico emerge la natura ingannevole di tale rappresentazione, dato che le quotazioni dei diamanti utilizzate non erano altro che i prezzi autonomamente fissati dal professionista calcolati in modo significativamente superiore agli indici di mercato e annualmente aumentati proprio per rappresentare una crescita costante del valore dei diamanti che non trovava riscontro negli andamenti di mercato.
Si determina, pertanto, una rappresentazione fuorviante della tendenza del mercato del diamanti, volta a rafforzare la bontà dell'investimento in termini di convenienza e redditività di lungo periodo rispetto ad altri investimenti. Numerosi claim riportavano poi affermazioni volte ad evidenziare le qualità di "bene rifugio" per eccellenza deidiamanti e la costante rivalutazione del capitale investito, che avrebbe protetto dall'inflazione.
Infatti, alla luce di quanto emerso nel servizio di Report, la società ha ammesso che le "quotazioni" del diamante, pubblicate periodicamente sul Il Sole 24 Ore, non è un parametro tratto da rilevazioni di mercato e poi ripubblicato, ma è soltanto il prezzo - solo in parte riferibile al valore della pietra essendo composto da numerose altre voci di costo come assicurazione, certificazione, trasporto e costi dogali - fissato autonomamente da (...) secondo le proprie convenienze commerciali, aumentato progressivamente nel tempo sulla base di parametri definiti discrezionalmente dalla società.
In particolare, per definire i prezzi di vendita che pubblica, si riferisce al valore delle fatture d'acquisto, aggiungendo a questo una serie di costi, margini e IVA". Quindi quando la società paria della pubblicazione c.d. quotazioni si tratta, invece, della pubblicazione a pagamento del suo listino prezzi ovvero sostanzialmente di pubblicità.
In questo senso, il quotidiano Il Sole 24 Ore, dopo la messa in onda del servizio di Report ha inviato una lettera alla società, nella quale sottolinea come le pubblicazioni, aventi ad oggetto la vendita o la promozione dell'acquisto di diamanti, debbano avere un layout differente da quello delle tabelle contenenti dati finanziari, così da evitare di generare confusione con le quotazioni pubblicate dal quotidiano che utilizza la fonte Rapaport, e di conseguenza invita la società a modificare la propria comunicazione commerciale, indicando chiaramente la fonte dei propri dati.
In sostanza, nel materiale promozionale diffuso alla clientela non vi è nessuna informazione, neanche a grandi linee, dell'effettivo costo di acquisto della pietra rendendo pertanto gli investitori inconsapevoli. Inoltre, la rappresentazione dei prezzi con la definizione di quotazioni portava facilmente a un fraintendimento dei clienti che interpretavano questo dato come espressione dell'andamento del mercato.
Acclarato per sommi capi la realizzazione da parte della resistente delle condotte induttive all'acquisto dei diamanti, come ripercorso dalla Ricorrente, occorre definire il titolo e le conseguenze della sua responsabilità.
Non senza precisare un'ultima circostanza, abbastanza significativa e rilevante e non contestata dalla controparte ovvero la proposta transattiva formalizzata da (...) con mail del 19 febbraio 2020, nella quale offrivano a ristoro il 59% (Euro 23.627,73) della somma investita (doc. 12, fasc. ricorrente).
Ora, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente certamente non viene qui in rilievo la disciplina del TUF, atteso che il diamante non può essere considerato uno strumento finanziario, come sopra ribadito e confermato proprio dalle numerose sentenze di merito prodotte dalla difesa stessa della (...).Sicché, il titolo che ricorre è la c.d. responsabilità per contatto sociale qualificato, la quale deriva dagli artt. 1173 c.c. e 2 della Cost.one.
Si tratta di una particolare forma di responsabilità civile che prescinde dall'esistenza di un contratto inteso nel senso stretto, e che sorge allorquando tra il danneggiato ed il danneggiante sussista una particolare relazione sociale considerata dall'ordinamento giuridico idonea a determinare specifici doveri di comportamento, ossia collaborazione e protezione volti alla salvaguardia di determinati beni giuridici, non riconducibili al generale e generico dovere di non ledere l'altrui sfera giuridica.
Comunque, a prescindere dalla fonte del titolo imputabile alla banca, in ogni caso questa risponde dei danni cagionati al cliente per inadempimento di un'obbligazione, ex art. 1218 C.C. (in questo senso Trib. Modena n. 352/2020; Trib. Modena ord. 19/11/2019; Trib. Miiano ord. 14/10/2020; Trib. Verona ord. 23/05/2019).
La Ricorrente ha senza dubbio provato i fatti costitutivi posti a fondamento del proprio diritto, ed in particolare il nesso di causalità tra l'inadempimento della banca ed il danno subito.
È noto che esiste un'asimmetria informativa tra la banca e i clienti, e questa deve essere colmata con l'osservanza da parte dell'istituto bancario, dei doveri di trasparenza, chiarezza, lealtà, e correttezza, specialmente ove vi sia un consolidato rapporto di fiducia.
Nel caso in esame, i clienti si sono fidati delle informazioni rese loro dalla Banca circa l'affidabilità dell'operazione di acquisto dei diamanti, e sono stati influenzati dai suoi suggerimenti.
In ottemperanza al dovere di solidarietà sociale di cui agli artt. 1173 c.c. e 2 Cost., la controparte avrebbe dovuto fornire una corretta informazione sulla convenienza dell'investimento, e dunque, la relazione eziologica esiste perché se la ricorrente avesse ricevuto una corretta informazione, non avrebbero certamente acquistato i diamanti da (...).
A rafforzare la responsabilità di Banco (...) vi è anche il fatto che percepiva una corposa provvigione dai contratti di compravendita di diamanti, conclusi con l'ausilio dell'attività "segnalatrice" della Banca (pari al 18% del prezzo pattuito).
E' evidente come l'entità di quella commissione non poteva giustificarsi se non implicando un'attività propositiva dell'acquisto dei diamanti da parte dell'Istituto di credito.
A nulla rileva la clausola di esonero di responsabilità della banca, prevista dalla proposta di acquisto dei diamanti tra (...) e la ricorrente, per due motivi. In primo luogo, il contratto ha efficacia solo tra le parti ex art. 1372 c.c. e non esplica i suoi effetti nei confronti della Banca, la quale assume il ruolo di mero terzo.
In secondo luogo, anche a voler ritenere che la clausola in esame sia valida, e che dunque la banca è esonerata da ogni responsabilità sorgente dal contratto con (...), comunque risponde in forza di un'autonoma fonte di obbligo, che è appunto o quella contrattuale, secondo l'interpretazione estensiva, o in ogni caso quella derivante da contatto sociale qualificato.
Non è fondata nemmeno la contestazione della banca relativa alla mancata prova da parte dell'attrice delle condotte fraudolente e capziose dei funzionari della banca, con riferimento alle operazioni di investimento.
Gli attori hanno soddisfatto il loro onere probatorio allegando l'inadempimento della convenuta, quindi è la banca stessa che avrebbe avuto l'onere di dedurre, al contrario, che la sua attività (per il tramite dei funzionari) non ha in alcun modo influito sulla volontà degli attori di concludere il contratto di compravendita con (...). In tal senso, non vi è stata alcuna formulazione istruttoria da parte dell'Istituto di credito.
Ancora, a nulla rileva che la banca abbia esercitato una "mera attività di segnalazione", oppure una "consulenza", perché entrambe le attività rientrano nell'ambito delle condotte ascrivibili alle fonti di responsabilità sopra chiarite.
Sotto il profilo della quantificazione del danno.
Merita, così, accoglimento la domanda formulata dalla (...) di risarcimento del danno e rigettata quella della Banca relativamente alla prescrizione del diritto che non può essere quella quinquennale dato il titolo della responsabilità, così come le eccezioni preliminari sollevate, sempre per i motivi dedotti e comunque ben argomentati dalla difesa della ricorrente, sotto il profilo della infondatezza.
Alcunché può essere riconosciuto a titolo di danni non patrimoniali, avanzati dalla ricorrente, posta l'assoluta genericità degli stessi e l'assenza di attività istruttoria al riguardo.
Ricordando, per orientamento pacifico e costante della giurisprudenza di legittimità il danno morale da reato (o danno morale soggettivo) è identificato con il pretium (o pecunia) doloris, ovvero come il ristoro che spetta al danneggiato per le sofferenze temporanee quale vittima di un reato.
Nessun concorso del danneggiato nella causazione del fatto lesivo è ravvisabile nel caso di specie, non riscontrandosi, contrariamente alla difesa assunta dalla Banca, un contegno imprudente e negligente da parte della ricorrente, in quanto la mancata acquisizione aliunde delle informazioni, doveva, invece, per quanto prospettato, essere dalla stessa Banca fornite.La quantificazione del danno va effettuata in via equitativa, ricorrendo alla perizia prodotta dalla (...) (doc. 13), che evidenzia il valore gonfiato delle pietre, non contestata dalla controparte se non nella firma del perito, successivamente prodotta in udienza e dato dalla differenza tra il prezzo di acquisto ed il reale valore delle pietre stimato sulla base del listino Rapaport ((Euro 40.045,95 - 5.045,50 = 34.001,45).
Tale stima contestata dall'Istituto di credito non è fondata, posto che la stessa non ha offerto una valutazione alternativa e né ha richiesto in via istruttoria una CTU.
Le spese di lite vanno liquidate in favore della ricorrente ed a carico della banca, in virtù del D.M. Giustizia n.55/14 e succ. integrazioni, considerato quale valore di lite, il liquidato ed i valori tabellari alla media per le fasi del giudizio, tranne l'istruttoria e per metà quella decisionale, atteso il deposito delle sole note conclusive.
P.Q.M.
Visto l'art.702-ter c.p.c.,
il Tribunale Ordinario di Venezia, Sezione Seconda Civile, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda. Istanza ed eccezione:
- accoglie la domanda della ricorrente e, per l'effetto, condanna BANCO (...) S.p.A. al risarcimento del danno pari ad Euro. 34.001,46, oltre Interessi moratori ex D.Lgs. n. 192/12 dalla data del 16 ottobre 2019 al saldo (doc. 11, missiva avv. (...));
- condanna parte resistente alla refusione delle spese di lite a favore di parte ricorrente, liquidate nell'importo di Euro 4.150,50 a titolo di compenso e di Euro 286,00 a titolo di spese, oltre quelle forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge;
Così deciso in Venezia, 8 febbraio 2021.
Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2021.
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