Vogliamo vendere una casa e ci affidiamo ad una agenzia, incaricandola alla vendita dell'immobile.
Usualmente, il contratto prevede una specifica disposizione che prevede che nel caso in cui il cliente conclude la vendita, anche a mandato concluso, con una controparte messa in contatto dal professionista, quest'ultimo è comunque legittimato ad ottenere il pagamento della provvigione.
L'agente non trova nessuno che voglia acquistare il nostro immobile e decidiamo, in seguito, di concludere il rapporto contrattuale, trovando per altra via il nostro acquirente.
Siamo costretti a pagare la provvigione al mediatore? la clausola contrattuale che impone tale obbligo è valida o no?
Abbiamo già trattato, in un recente intervento, il tema del diritto dell'agente immobiliare ad essere pagato per la propria attività, laddove egli abbia messo in contatto le parti, anche nel caso in cui il mandato sia stato revocato (vedi).
In generale, il contratto di mandato richiesto dall'agenzia immobiliare include, tra le altre, la clausola con la quale l'agente impone al cliente di dovergli pagare la provvigione anche nel caso in cui il contratto di vendita si concluda dopo la conclusione del contratto.
Con questo tipo di clausola, il professionista si accaparra il cliente, anche nel caso di revoca del mandato: è possibile?
La Corte di Cassazione considera questo tipo di clausola valida, ma vessatoria/abusiva, in violazione degli artt. 1341 c.c. e degli artt. 33 - 34 del D. Lgs. n. 206/2005, nella parte in cui prevede l'obbligo di corresponsione della provvigione in favore del mediatore anche nel caso in cui la vendita si concluda successivamente all'interruzione del rapporto tra consumatore e professionista.
Nella sentenza viene ricordato che: "Il sistema di tutela istituito con la Direttiva 93/2013 si fonda sull'idea che il consumatore si trovi in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista, sia per quanto riguarda il potere negoziale, sia per quanto riguarda il livello di informazione (v., in particolare, sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C-169/14, EU:C:2014:2099).
La normativa speciale introduce, quindi, una specifica disciplina diretta ad appianare le disuguaglianze sostanziali fra soggetti titolari di poteri contrattuali differenti, integrativa della normativa codicistica, enucleando una forma di tutela privatistica differenziata su base personale, applicabile esclusivamente in ragione della qualifica soggettiva rivestita dalle parti contraenti.".
Gli artt. 33 e seguenti del Codice del Consumo introducono criteri generali di abusività delle clausole contrattuali, individuando altresì specifiche ipotesi di vessatorietà.
Nel caso di clausola vessatoria, il professionista può dimostrare di aver fatto aderire il consumatore alla clausola all'esito di una specifica trattativa individuale.
Nel caso della clausola che preveda l'obbligo al pagamento della provvigione anche dopo la conclusione del mandato, la Suprema Corte rileva che: "Detta clausola, che non rientra nell’ambito dell’elenco previsto dall’art.33 del Codice del Consumo, attribuisce il diritto al compenso del mediatore indipendentemente dalla prova dell’accordo tra la parte, che si è avvalsa della sua attività, ed il terzo che ha concluso successivamente l’affare.
La clausola implica una tacita proroga del vincolo contrattuale successiva alla scadenza dell’incarico, come previsto dall’art.1341 c.c., obbligando chi si sia avvalso dell’attività del mediatore a corrispondere la provvigione ogni qual volta il contratto sia concluso, dopo la scadenza dell’incarico, da qualunque soggetto lui legato da rapporti personali o familiari.".
La clausola tutela il mediatore e limita, in modo importante, il contraente debole (il cliente) che rimane, di fatto, legato all'agenzia immobiliare, configurandosi come dannosa per quest'ultima e potenzialmente abusiva.
Sul punto, la sentenza è chiara laddove evidenzia che: "In tema di mediazione, questa Corte, esaminando l’ipotesi di una clausola che attribuiva al mediatore il diritto alla provvigione anche in caso di recesso da parte del venditore, ne ha affermato la vessatorietà nelle ipotesi in cui il compenso non trovi giustificazione nella prestazione svolta dal mediatore, determinando un significativo squilibrio contrattuale tra le parti la clausola che riconoscere al mediatore l’importo pattuito a prescindere dall’attività svolta e dai risultati conseguiti. In tale ipotesi, è stato demandato al giudice di merito di valutare se una qualche attività sia stata svolta dal mediatore attraverso le attività propedeutiche e necessarie per la ricerca di soggetti interessati all'acquisto del bene".
Il compenso dell'agente immobiliare può trovare giustificazione solo se il risultato ricercato dal consumatore sia conseguenza dell'attività organizzata predisposta dal professionista, e deve essere considerata vessatoria la condizione contrattuale che prevede la provvigione in suo favore in assenza di qualsivoglia svolgimento di qualche prestazione in favore del cliente (vedasi anche qui).
Cassazione civile Sez. II^ - sentenza n. 785/2024 (visibile su browser Opera - vpn attivi).
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