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domenica 12 gennaio 2025

Il mandato è concluso? no alla provvigione (clausola vessatoria)

Vogliamo vendere una casa e ci affidiamo ad una agenzia, incaricandola alla vendita dell'immobile.

Usualmente, il contratto prevede una specifica disposizione che prevede che nel caso in cui il cliente conclude la vendita, anche a mandato concluso, con una controparte messa in contatto dal professionista, quest'ultimo è comunque legittimato ad ottenere il pagamento della provvigione.

L'agente non trova nessuno che voglia acquistare il nostro immobile e decidiamo, in seguito, di concludere il rapporto contrattuale, trovando per altra via il nostro acquirente.

Siamo costretti a pagare la provvigione al mediatore? la clausola contrattuale che impone tale obbligo è valida o no?

Abbiamo già trattato, in un recente intervento, il tema del diritto dell'agente immobiliare ad essere pagato per la propria attività, laddove egli abbia messo in contatto le parti, anche nel caso in cui il mandato sia stato revocato (vedi).

In generale, il contratto di mandato richiesto dall'agenzia immobiliare include, tra le altre, la clausola con la quale l'agente impone al cliente di dovergli pagare la provvigione anche nel caso in cui il contratto di vendita si concluda dopo la conclusione del contratto.

Con questo tipo di clausola, il professionista si accaparra il cliente, anche nel caso di revoca del mandato: è possibile?

La Corte di Cassazione considera questo tipo di clausola valida, ma vessatoria/abusiva, in violazione degli artt. 1341 c.c. e degli artt. 33 - 34 del D. Lgs. n. 206/2005, nella parte in cui prevede l'obbligo di corresponsione della provvigione in favore del mediatore anche nel caso in cui la vendita si concluda successivamente all'interruzione del rapporto tra consumatore e professionista.

Nella sentenza viene ricordato che: "Il sistema di tutela istituito con la Direttiva 93/2013 si fonda sull'idea che il consumatore si trovi in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista, sia per quanto riguarda il potere negoziale, sia per quanto riguarda il livello di informazione (v., in particolare, sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C-169/14, EU:C:2014:2099).

La normativa speciale introduce, quindi, una specifica disciplina diretta ad appianare le disuguaglianze sostanziali fra soggetti titolari di poteri contrattuali differenti, integrativa della normativa codicistica, enucleando una forma di tutela privatistica differenziata su base personale, applicabile esclusivamente in ragione della qualifica soggettiva rivestita dalle parti contraenti.".

Gli artt. 33 e seguenti del Codice del Consumo introducono criteri generali di abusività delle clausole contrattuali, individuando altresì specifiche ipotesi di vessatorietà.

Nel caso di clausola vessatoria, il professionista può dimostrare di aver fatto aderire il consumatore alla clausola all'esito di una specifica trattativa individuale.

Nel caso della clausola che preveda l'obbligo al pagamento della provvigione anche dopo la conclusione del mandato, la Suprema Corte rileva che: "Detta clausola, che non rientra nell’ambito dell’elenco previsto dall’art.33 del Codice del Consumo, attribuisce il diritto al compenso del mediatore indipendentemente dalla prova dell’accordo tra la parte, che si è avvalsa della sua attività, ed il terzo che ha concluso successivamente l’affare.

La clausola implica una tacita proroga del vincolo contrattuale successiva alla scadenza dell’incarico, come previsto dall’art.1341 c.c., obbligando chi si sia avvalso dell’attività del mediatore a corrispondere la provvigione ogni qual volta il contratto sia concluso, dopo la scadenza dell’incarico, da qualunque soggetto lui legato da rapporti personali o familiari.".

La clausola tutela il mediatore e limita, in modo importante, il contraente debole (il cliente) che rimane, di fatto, legato all'agenzia immobiliare, configurandosi come dannosa per quest'ultima e potenzialmente abusiva.

Sul punto, la sentenza è chiara laddove evidenzia che: "In tema di mediazione, questa Corte, esaminando l’ipotesi di una clausola che attribuiva al mediatore il diritto alla provvigione anche in caso di recesso da parte del venditore, ne ha affermato la vessatorietà nelle ipotesi in cui il compenso non trovi giustificazione nella prestazione svolta dal mediatore, determinando un significativo squilibrio contrattuale tra le parti la clausola che riconoscere al mediatore l’importo pattuito a prescindere dall’attività svolta e dai risultati conseguiti. In tale ipotesi, è stato demandato al giudice di merito di valutare se una qualche attività sia stata svolta dal mediatore attraverso le attività propedeutiche e necessarie per la ricerca di soggetti interessati all'acquisto del bene".

Il compenso dell'agente immobiliare può trovare giustificazione solo se il risultato ricercato dal consumatore sia conseguenza dell'attività organizzata predisposta dal professionista, e deve essere considerata vessatoria la condizione contrattuale che prevede la provvigione in suo favore in assenza di qualsivoglia svolgimento di qualche prestazione in favore del cliente (vedasi anche qui).

Cassazione civile Sez. II^ - sentenza n. 785/2024 (visibile su browser Opera - vpn attivi).

domenica 8 dicembre 2024

Acquisto casa - quando deve essere pagato il mediatore

Al giorno d'oggi, gran parte dei contratti di acquisto di un immobile viene concluso con la partecipazione decisiva del mediatore immobiliare, il quale deve essere pagato per la sua attività professionale.

Ma il professionista deve essere comunque pagato anche nel caso in cui il contatto tra le parti avvenga, in modo autonomo, a distanza di tempo?

Il quesito è stato risolto dalla Suprema Corte con l'Ordinanza n. 11443/2022 che potete leggere di seguito e che analizziamo con il nostro intervento odierno.

Quali sono i presupposti che giustificano il diritto da parte del mediatore a percepire gli emolumenti per la sua attività?

L'art. 1754 c.c. identifica l'attività del mediatore: "È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.".

Il successivo art. 1755 c.c. chiarisce il presupposto dell'obbligo di pagamento della parcella del mediatore: "Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento. La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità.".

Il mediatore può percepire la provvigione nel caso in cui l'affare sia concluso, ottenendo il pagamento di quanto dovuto ad affare concluso.

E cosa succede se le parti trovano l'accordo da soli e a distanza di tempo dal momento in cui sono stati messi in contatto dall'intermediario?

Il quesito è stato risolto dalla Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 11443/2022 che potete leggere di seguito, avente ad oggetto l'attività di mediazione svolta da un agente in favore di alcuni consumatori.

Nel caso di specie, il professionista aveva fatto visitare l'immobile al potenziale acquirente, raccogliendo una sua proposta di acquisto sottoposta alla parte venditrice.

Quest'ultima rifiutava l'offerta ricevuta dalla controparte, salvo concludere in seguito l'accordo con il venditore in modo autonomo e senza il contributo dell'intermediario.

Il professionista si è rivolto al giudice chiedendo il riconoscimento della propria provvigione per aver messo in contatto le parti, così come previsto dal contratto.

La controversia è arrivata davanti alla Cassazione, la quale ha chiarito quali sono i presupposti che legittimano il mediatore immobiliare ad ottenere il pagamento della propria parcella, spiegando quale sia l'attività svolta dall'agente: "Il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice, pur non richiedendosi che tra l'attività del mediatore e la conclusione dell'affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo; è sufficiente, infatti, che, la "messa in relazione" delle stesse costituisca l'antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto".

Quindi, il diritto alla provvigione sorge per aver messo in contatto le parti, pur non intervenendo in tutte le fasi della trattativa, potendo configurarsi il diritto al pagamento da parte dei clienti anche solo per aver raccolto il nominativo della controparte e per aver partecipato ad un incontro fisico.

La Cassazione osserva che la pretesa del professionista sussiste nel momento in cui sia provato il suo intervento nella formazione della volontà di acquirente e venditore, partecipando in modo decisivo alla conclusione del contratto (si parla, in questi casi, di "antecedente necessario").

E' altresì pacifico che la prova dello svolgimento dell'incarico ricevuto ricade sul professionista, il quale deve documentare tutta l'attività svolta in favore dei clienti e il suo ruolo decisivo nella conclusione del contratto.

La Cassazione spiega come, nella vicenda oggetto del provvedimento, è stata data prova dell'esistenza del presupposto per il pagamento del mediatore, in quanto: "[...] l'acquisto del bene avvenne dopo soli due mesi dalla visita dell'immobile previo rilascio di bigliettini, da parte degli acquirenti, nelle cassette postali dei condomini, come riferito dai xxxx, soci della Caorle Beach 2000, proprietaria dell'immobile.

Ne consegue che l'affare trova il suo antecedente causale nell'attività della società mediatrice e che la ripresa delle trattative costituiva una prosecuzione dell'attività svolta, che si era conclusa con la messa in relazione delle parti e con la formulazione di una proposta di acquisto.".

Al contrario, se viene provato che non vi sia alcun collegamento tra l’attività del mediatore e la successiva conclusione dell’affare, e quindi la finalizzazione dell’affare sia indipendente dall'intervento del professionista, quest'ultimo non può pretendere nulla dal cliente.

Corte di Cassazione - Sez. II^ Civ. Ordinanza n. 11443/2022 (visibile con browser Opera - VPN attivo)

domenica 13 giugno 2021

Recesso dalla mediazione immobiliare e compenso - quando può essere vessatoria la clausola firmata dal consumatore

Questa domenica torniamo a trattare la vicenda clausole vessatorie, argomento molto caro a questo blog e trattato di recente anche dalla Suprema Corte di Cassazione in un caso di intermediazione nella vendita di un immobile.

- contratto di mediazione (mandato di vendita immobile) - mancata esecuzione

La vicenda affrontata dai giudici di legittimità ha ad oggetto un contratto sottoscritto dai consumatori, con il quale veniva dato mandato ad un'agenzia per la vendita di un immobile a Roma.

Il contratto prevedeva, alla clausola 4.3., che nel caso di recesso anticipato dal contratto, i consumatori avrebbero dovuto versare alla società intermediaria una percentuale pari all'1% del valore dell'immobile.

I consumatori, ritenendo la stima dell'immobile operata dall'agenzia non congrua rispetto al valore determinato, decidevano di recedere immediatamente dal contratto, dando comunicazione all'agenzia.

Quest'ultima, pur accettando il recesso ricevuto dai consumatori, pretendeva il pagamento della propria percentuale (1%), pur non avendo svolto alcuna attività in favore dei clienti.

La vicenda finiva davanti al giudice e, infine, alla Cassazione.

- art. 33 Codice del Consumo - clausola vessatoria 

La Corte richiama l'art. 33 del Codice del Consumo, norma che introduce i casi di vessatorietà delle clausole concluse nei contratti tra professionista e consumatore.

Il secondo comma prevede una serie di ipotesi ove la clausola si presume come vessatoria, tra le quali rientra anche il caso di cui alla lettera (e) in cui il contrattato consente "[...] al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere".

Nel concreto caso, la clausola contrattuale prevedeva un riconoscimento automatico della provvigione in favore dell'agenzia, a prescindere dall'attività svolta da quest'ultima, per la sola sottoscrizione del contratto. Ed in effetti, il professionista non aveva svolto alcuna attività particolare in favore dei consumatori, avendo questi ultimi comunicato il recesso dal contratto dopo pochi giorni.

Sul punto, la Cassazione censura la decisione assunta dal giudice di merito, il quale ha ritenuto non vessatoria la clausola contrattuale per il solo fatto di averla pattuita in modo specifico tra le parti: "La clausola contrattuale, che riconosce il diritto al compenso in via automatica, se svincolata dall’effettivo svolgimento dell’attività di ricerca dei terzi interessati all’affare e delle attività ad esse propedeutiche, conduce al risultato di costituire, a favore dell’agente immobiliare una rendita di posizione, andando ad incidere negativamente sull’equilibrio contrattuale nel rapporto tra professionista e consumatore espressamente previsto dall’art. 33 del Codice del Consumo.".

Il giudice deve, a detta della Cassazione, operare una effettiva indagine rispetto alla condotta tenuta dalle parti, ed in particolare se quella clausola abbia un effettivo carattere vessatorio: "La valutazione in concreto dell’attività svolta impedisce che il diritto alla provvigione da parte del mediatore possa essere svincolato dallo svolgimento di qualsiasi controprestazione, determinando inevitabilmente non tanto uno squilibrio nella prestazioni ma addirittura l’assenza della prestazione.

Il sindacato sull’equilibrio contrattuale, che costituisce uno dei cardini dell’operazione ermeneutica in materia di contratto concluso con il consumatore risulta del tutto omessa, indagine che, invece avrebbe dovuto essere svolta, secondo l’orientamento di questa Corte espresso da Cassazione Sez. III del 3.11.2010 n. 23357.".

Nel caso di specie, tale clausola era svincolata dall'attività svolta dal professionista, entrando in vigore con la sola conclusione del contratto, prevedendo comunque il riconoscimento della commissione in favore dell'agenzia in assenza di svolgimento di qualsivoglia attività.

La valutazione del giudice deve, inoltre, riguardare anche l'entità dell'importo oggetto di compenso in favore del professionista sia legittimo o meno, in ragione dell'esercizio da parte del contraente debole (il consumatore) del proprio diritto potestativo di recesso.

In conclusione, la clausola del contratto di mediazione immobiliare che preveda in favore del mediatore una provvigione eccessiva nel caso di esercizio del diritto di recesso è abusiva/vessatoria.

Corte di Cassazione - sentenza n. 19565/2020.

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