Visualizzazione post con etichetta Tribunale di Verona. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Tribunale di Verona. Mostra tutti i post

domenica 14 luglio 2019

Diamanti - Banco Popolare condannato a Verona

Questa domenica vi proponiamo l'Ordinanza con la quale il Tribunale di Verona ha condannato il Banco Popolare al risarcimento del danno sofferto da due correntisti a causa della vendita di diamanti avvenuta presso una propria filiale da parte della società IDB.

La vicenda, ormai nota, è già stata trattata nel blog (vedi qui), evidenziando il ruolo attivo della banca nella vendita dei preziosi risultati, successivamente, ad un prezzo estremamente inferiore al valore reale.

Per maggiori informazioni, potete scrivere a info@consumatoreinformato.it o sos@consumatoreinformato.it

Qui il provvedimento del Tribunale di Verona.

lunedì 27 maggio 2019

Diamanti - Banco Popolare condannato a risarcire i clienti


Da Verona arriva una grande novità per i consumatori che sono rimasti vittime della vendita di diamanti da parte di IDB con il decisivo contributo di alcuni importanti istituti di credito tra i quali il Banco Popolare.

La banca è stata dichiarata responsabile per il danno sofferto dai propri clienti, invitati presso una filiale del Banco per l'acquisto dei preziosi nel lontano 2011. 

La Banca è stata condannata al risarcimento del danno in favore dei consumatori, con il pagamento della differenza tra l'importo di vendita (più elevato) ed il reale valore dei preziosi (più modesto).

Per maggiori informazioni, potete scrivere a info@consumatoreinformato.it o sos@consumatoreinformato.it

1.- Premessa: la vendita dei diamanti in banca
Abbiamo già trattato la questione (vedi qui), evidenziando che la vicenda è caratterizzata dalla condotta ambigua tenuta dalle banche, le quali hanno concluso accordi volti a favorire la vendita di diamanti ai propri clienti da parte di alcune società, tra le quali Intermarket Diamond Business.

Molti correntisti, come noto, sono stati invitati presso la filiale, sollecitati all'investimento del proprio capitale in un prodotto presentato come "bene rifugio", ma il cui valore effettivo era inferiore a quello di vendita.

Peraltro, la successiva dichiarazione di fallimento di IDB (vedi qui) ha definitivamente accertato il reale carattere della vendita dei diamanti, pietre vendute a prezzi fuori mercato e lontani dal valore reale.

domenica 22 aprile 2018

La fuga dal "recinto": la negoziazione assistita ed il legale. Fin quando è necessario?

Facendo seguito alle profonde implicazioni che la pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha aperto l'anno scorso con la decisione n. 57 del 14 giugno 2017 (v. qui), oggi ci occupiamo dell'ordinanza del Tribunale di Verona, sezione III, del 27 febbraio 2018, relativa ai costi della difesa tecnica obbligatoria nella negoziazione assistita. 

Tale pronuncia è di particolare interesse per diversi aspetti. Tra questi, il più appariscente è il fatto che il foro veronese, realtà sensibile al consumatore ed alla piccola impresa, non è nuovo al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, strumento teso, nel caso, a verificare se gli sforzi riformatori profusi dal legislatore nostrano in materia di ADR sono compatibili con il diritto dell'Unione Europea (v. Tribunale di Verona). 

Le "falle" del sistema italiano: la negoziazione assistita è uno degli istituti deflattivi del contenzioso giudiziale che il legislatore italiano ha introdotto con il "decreto giustizia" (d.l. n. 132/2014 convertito in l. n. 162/2014).

Per quanto qui degno di attenzione, l'istituto consiste nell'accordo (o, meglio, "convenzione") mediante la quale le parti si adoperano alla cooperazione secondo buona fede e lealtà, e ciò al fine di risolvere in via amichevole una controversia con l'assistenza indefettibile dell'avvocato

Anche per questo istituto il legislatore italiano ha tracciato il confine tra le ipotesi di negoziazione facoltativa e quelle obbligatorie, queste ultime previste per le azioni riguardanti il risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti  e le domande, a qualsiasi titolo, di pagamento di somme non eccedenti i 50.000,00 Euro, purché non comprese nell'elenco delle materie oggetto di "mediazione obbligatoria". 

La logica che ha animato il legislatore italiano è abbastanza lineare, prevedibile e, forse, discutibile: poiché "ce lo chiede l'Europa" e si deve recuperare un notevole ritardo culturale,  si impone questa o quella procedura di risoluzione alternativa della controversia, anche se l'Europa non ha proprio detto così. 

Il ritardo culturale che si cerca di superare tramite soluzioni calate dall'alto, tuttavia si introduce "dalla finestra": costituzione alla mano, si dice che il diritto sostanziale va tutelato tramite il diritto di azione davanti al giudice statuale, terzo ed imparziale, e con l'ausilio necessario dell'avvocato. 

Stante nella mentalità del giurista italiano la monolitica centralità della giurisdizione, le soluzioni alternative della controversia sempre (o quasi) gravitano intorno al contenzioso. 

L'ordinanza veneta: la pronuncia in esame prende le mosse dall'eccezione mossa in giudizio circa il mancato esperimento della negoziazione assistita obbligatoria in una causa che verte su sinistri stradali.

Chiamato a pronunciarsi, il giudice si è interrogato in questi termini: "occorre peraltro verificare se la disciplina nazionale che ha introdotto tale presupposto dell'azione sia compatibile con il diritto Ue". 

In risposta a tale interrogativo ed in continuità con gli indirizzi inaugurati dalla Corte di Giustizia UE, lo stesso ha affermato che: "Sul punto occorre rammentare che con la recente sentenza n. 457 del 14 giugno 2017 la Corte di Giustizia Ue, ribadendo i principj già affermati dalla sentenza del 18 marzo 2010, in tema di tentativo di conciliazione obbligatoria per le liti in materia di telecomunicazioni, ha elencato le condizioni in base alle quali qualsiasi tipo di Adr obbligatoria può ritenersi compatibile con il principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. 

Secondo la Corte tale giudizio di compatibilità può essere espresso qualora la procedura soddisfi congiuntamente tutte le seguenti condizioni: 

1) non conduca ad una decisione vincolante per le parti; 

2) non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale; 

3) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione; 

4) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti (...), per le parti (...)"

- Avvocato obbligatorio? La parola alla Corte di Giustizia: degna di nota è l'argomentazione utilizzata dal giudice "picconatore" a chiusura dell'ordinanza, nella quale viene sostenuto che l'imposizione di un avvocato in queste procedure costituisce, sempre, un costo assai salato ed ingiustificato che la parte è costretto a mettere subito nel bilancio.  

A questo punto, vale la pena di riportare alcuni degli stralci più incisivi dell'ordinanza: "Ad avviso di questo giudice la disciplina nazionale negoziazione assistita non rispetta l'ultima delle predette condizioni [n.d.r. il punto 4) sopramenzionato], poiché, non potendo prescindere dall'intervento di un difensore, comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti".

Ancora: "Nè potrebbe validamente obiettarsi, al fine di escludere la rilevanza del profilo in esame, che i costi per l'assistenza difensiva possono essere recuperati dalla parte che, dopo aver preso parte alla negoziazione, risulti vittoriosa nel successivo giudizio o, in alternativa, in virtù di una transazione raggiunta con la controparte poiché tali esiti sono incerti sia nell'an che nel quando, mentre ciò che la Corte di Giustizia (...) ha inteso evitare è che ciascuna delle parti che partecipano alla procedura di Adr debba sostenere un onere economico immediato, o meglio sia gravata della relativa obbligazione.".

Tanto premesso, la questione sarà eventuale oggetto di un rinvio pregiudiziale (l'ennesimo). Ad ora, l'esito non è prevedibile, tuttavia non si possono ignorare i potenziali sviluppi sul diritto (o l'onere) alla difesa tecnica. 

Di seguito, trovi l'ordinanza per esteso.                       

domenica 26 novembre 2017

Mediazione: il consumatore può conciliare senza l'avvocato

Il Tribunale di Verona mette fine alla lunga questione relativa all'obbligo della difesa tecnica durante il procedimento di mediazione, previsto ex art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. 28/2010, e il contrasto con i principi stabiliti dalle direttive comunitarie, introdotte nel nostro ordinamento con il D. Lgs. n. 130/2015, norme che escludono l'obbligo della presenza dell'avvocato nel procedimento di mediazione avviato dal consumatore.

Il Tribunale di Verona si era rivolto alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ponendo questo semplice quesito: il consumatore deve farsi assistere da un avvocato quando chiama in mediazione un venditore/produttore?

Il Giudice comunitario si è espresso in senso negativo (vedi sentenza n. 457 del 14 giugno 2017), ravvisando un contrasto tra la norma comunitaria e quella nazionale, con conseguente disapplicazione delle regole introdotte con il D. Lgs. n. 28/2010.

Il Tribunale di Verona, preso atto della soluzione proposta dal Giudice comunitario, ha dato immediata attuazione al principio, ordinando alle parti di avviare la procedura di mediazione, senza la necessità della presenza dei legali.

Qui l'Ordinanza del Tribunale di Verona.

domenica 30 aprile 2017

Popolare di Vicenza - nullo l'acquisto delle azioni della stessa banca

Questa domenica vi proponiamo la recente sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona - Sez. III Civ. n. 687/2017 G.U. Dott. Massimo Vaccari con al  quale è stata dichiarata la violazione dei doveri di informazione da parte di Banca Popolare di Vicenza nella vendita di propri titoli azionari verso una correntista della stessa banca.

Nel caso  affrontato dal giudice veronese, una investitrice era stata sollecitata dai dipendenti della filiale  di Banca Popolare di Vicenza all'acquisto di azioni della Banca in assenza di precise informazioni in merito alla natura dei titoli oggetto di acquisto.

In particolare, il  Tribunale ha accertato che la banca non ha informato  in modo corretto e trasparente  che i titoli offerti erano illiquidi, ossia non collocati nei mercati finanziari ordinari, e quindi più difficilmente rivendibili.

Banca Popolare di Vicenza, inadempimento dei propri obblighi di diligenza e correttezza, avrebbe dovuto informare in modo appropriato la correntista, fornendo le informazioni previste peraltro dalla Consob, attraverso la comunicazione n. 9019104 del 2009 in materia di vendita di titoli illiquidi (per maggiori informazioni sui titoli illiquidi, guarda qui).

La sentenza è chiara nel ritenere violati i doveri di informazione nella vendita di questi prodotti finanziari, come peraltro già osservato in questo blog per molti altri casi inerenti Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca,

La pronuncia è interessante laddove ritiene che tale carenza informativa ha inciso anche sotto il profilo della scelta della consumatrice, la quale non è stata adeguatamente resa edotta della circostanza che il prezzo più elevato di ogni singola azione era giustificato dal particolare grado di rischio dei titoli illiquidi.

Il Tribunale di Verona ha concluso, accogliendo la domanda di risarcimento della consumatrice, obbligando la banca a restituire l'importo investito maggiorato degli interessi.

Qui la sentenza.

domenica 28 febbraio 2016

ADR consumatori vs. mediazione civile. Parola alla Corte di Giustizia

Negli ultimi anni sono proliferati i procedimenti per la soluzione alternativa delle controversie, anche per impulso delle istituzioni comunitarie.

La mediazione civile ex D. Lgs. n. 28/2010 rappresenta il primo esempio che, tra alti e bassi, si è affacciato nel nostro sistema, divenendo requisito obbligatorio per agire in giudizio in ipotesi di controversie riguardanti, ad esempio, i rapporti bancari (clicca qui).

La mediazione civile nel nostro paese è stata resa più agevole dalle norme europee in materia di adr, ed in particolare, per quel che riguarda i consumatori, la Direttiva n. 2009/22/CE con la quale è stata introdotta la possibilità di soluzione alternativa delle controveresie che riguardano un consumatore. La norma europea è stata definitivamente attuata in Italia con il D. Lgs. n. 130/2015 (vedi). 

Un ulteriore procedimento di soluzione alternativa delle controversie, introdotto con la legge n. 162/2014 è la negoziazione assistita, ove sono gli avvocati che devono provare a ricomporre la controversia, senza l'ausilio di alcun mediatore.

L'Italia, paese ove non era presente alcun procedimento di soluzione delle controversie (se non in alcuni settori), si è trova con tre diversi procedimenti di ADR, destinati ad entrare in contrasto tra loro.

E tale contrasto è stato rilevato dal Tribunale di Verona, con il provvedimento che potete leggere di seguito, con il quale il giudice veneto ha deciso di proporre un quesito alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea in merito alla compatibilità tra la mediazione civile e l'ADR dei consumatori.

Il Tribunale, dopo aver rilevato la presenza di questi due procedimenti, ha chiesto alla Corte di Giustizia di chiarire quale procedimento sia applicabile per i contratti in materia bancaria e se ai consumatori debba essere applicata la normativa nazionale che prevede l'assistenza difensiva obbligatoria di un avvocato, ed i relativi costi previsti per tale procedura di soluzione alternativa delle controversie.   

Ed ora non possiamo che attendere la sentenza della Corte di Giustizia per avere un chiarimento definitivo in merito all'ADR da adottare nei procedimenti di conciliazione che vedano coinvolto un consumatore.

domenica 9 agosto 2015

Arriva il primo provvedimento ove si discute tra mediazione civile e negoziazione assistita

Il Tribunale di Verona è intervenuto, con la recente Ordinanza del 25 giugno 2015, nella discussione che sta caratterizzando gli ultimi mesi in materia di soluzione stragiudiziale delle controversie: quando sono coinvolti più e diversi diritti, i quali ricadono tra le materie oggetto di mediazione civile, o nella negoziazione assistita, a chi si deve rivolgere colui che intende far valere le proprie ragioni, anche attraverso un successivo giudizio in tribunale?

In altri termini: mediazione civile o negoziazione assistita?

Il Tribunale di Verona è stato chiamato a risolvere questo dubbio in una controversia ove sono coinvolti diversi diritti: il diritto reale di proprietà (ripristino di una area di parcheggio) che rientra nell'ambito del procedimento ex D. Lgs. n. 28/2010; il diritto di risarcimento dei danni non patrimoniali che rientra nell'ambito della negoziazione assistita ex D. L. n. 132/2014 (convertito con la legge n. 162/2014).

Il Giudice, dopo aver rilevato che la domanda relativa al danno non patrimoniale non era determinata nel quantum, ha valutato che tutta la materia di contenzioso debba essere soggetta a procedimento di mediazione civile, rinviando le parti davanti al mediatore.

Qui la sentenza.

domenica 27 luglio 2014

Rottamazione multiproprietà - Free Time Service condannata per lite temeraria

La rottamazione della multiproprietà è un argomento che Consumatore Informato ha trattato con  frequenza anche in questo blog, sottolineando che colui che intenda intraprendere questa strada per vedersi cancellato il proprio diritto vacanza si assume evidenti rischi di insuccesso.

Non sempre, infatti, l'attività di rivendita/cessione a titolo gratuito del diritto vacanza è accompagnata da una corretta informazione in favore del consumatore, ed anzi vi sono dei casi in cui la rottamazione può tradursi nello scambio/permuta della vecchia multiproprietà in un nuovo certificato di associazione, o altro diritto di godimento turnario.

La vicenda che viene affrontata dal Tribunale di Verona, e che potete leggere in calce a questo intervento, ha ad oggetto uno scambio (permuta) di un certificato di associazione presso il famoso resort Castillo Beach con altro diritto vacanza, con il quale i consumatori si sono trovati costretti a dover pagare altre spese di gestione.

La sentenza affronta, quindi, un caso tipico che molti proprietari di certificati di associazione si sono trovati a dover affrontare, ossia ricevere una telefonata, a cui segue un incontro, con un promotore di una società che si impegna a rivendervi (oppure cedervi a titolo gratuito) il vecchio diritto vacanza, proponendone uno nuovo e diverso.

In molti casi, come dimostra l'intervento giurisprudenziale, la rottamazione si conclude in un nulla di fatto, o meglio il malcapitato consumatore si trova costretto a dover versare altri denari di spese di gestione.

1. La vicenda
La vicenda oggetto della sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona ha inizio nel 2001, allorché all'esito di un incontro in un albergo, un consumatore veronese diviene titolare di un diritto di godimento turnario presso Castillo Beach Club di Fuerteventura.

In seguito, il multiproprietario veniva contattato dalla società Free Time Service, operatore specializzato nella fornitura di servizi finalizzati alla ricerca di acquirenti di multiproprietà in Italia, la quale di rivendere il diritto vacanza ad altro soggetto.

Decorsi alcuni mesi, quasi un anno, Free Time Service comunicava al consumatore di non essere riuscita a rivendere il diritto vacanza e gli proponeva di la permuta del suo diritto vacanza con altro diritto vacanza, presso la struttura Country House Caberto II.

F.T.S. si impegnava con il consumatore a ricomprare il diritto ceduto al prezzo fissato al momento dell'accordo, eventualmente aumentato di un percentuale tra il 5% e il 10%.

Il consumatore concludeva il contratto di permuta, trasferendo il diritto di multiproprietà e corrispondendo alla società F.T.S. ulteriori 5.000 euro.

In seguito, il multiproprietario aveva manifestato la propria intenzione ad F.T.S. di rivendere la multiproprietà presso Country House Caberto II, chiedendo l'applicazione dell'art. 11 del regolamento contrattuale.

La società convenuta non aveva mai adempiuto alle obbligazione che aveva assunto con l'accordo sottoscritto nel 2008, rifiutandosi di riacquistare la multiproprietà.

2. La decisione del Tribunale - lite temeraria
Il giudice veronese ha accolto la domanda del consumatore, premettendo che Free Time Service non diede corso alla richiesta di riacquisto avanzata dal multiproprietario, anche se specificamente pattuito all'art. 11 delle condizioni contrattuali.

Tale omissione viene qualificata dal Tribunale come una grave forma di inadempimento degli obblighi contrattuali, priva di valida giustificazione fornita dalla società convenuta in giudizio.

Il giudice osserva che la circostanza, lamentata da Free Time Service, secondo la quale il consumatore non avrebbe inviato delega notarile a vendere il diritto vacanza presso Castillo Beach, non consentendole di rivendere il suddetto diritto vacanza sarebbe smentita dai fatti di causa, in quanto "dalla documentazione prodotta dalla convenuta emerge poi, piuttosto chiaramente, che l'attore aveva consegnato alla F.T.S. l'originale del certificato attestante il proprio diritto di godimento sulla struttura alberghiera sopra citata e che questo rappresentava l'unico adempimento formale al quale si era obbligato".

La consegna del citato documento (il certificato di associazione) sarebbe risultato sufficiente per l'adempimento dell'obbligo da parte di Free Time Service, ossia la cancellazione del diritto vacanza in oggetto, non risultando necessaria alcuna procura notarile conferita dal consumatore.

Riteniamo utile richiamare la sentenza sul punto "Quanto poi all'ulteriore omissione che la convenuta ha contestato all'attore, ossia di non averle consegnato la procura notarile, deve osservarsi come il rilievo sia innanzitutto generico, atteso che, anche alla luce delle modalità di trasferimento della titolarità delle quote di multiproprietà, che, secondo la convenuta, dovevano essere osservate, non si comprende quale funzione tale atto potesse assolvere. Qualora poi si tratti della procura ad negotia alla quale si fa cenno nell'atto di impegno sottoscritto dalle parti sempre il 22 aprile 2008 (v. doc. 8), non risulta che tale prestazione sia stata mai richiesta all'O. prima del presente giudizio"  

Insomma, conclude il giudice, "nulla può addebitarsi in proposito all'attore", riconoscendo l'esclusiva responsabilità di Free Time Service, la quale viene condannata a corrispondere all'attore l'intera somma versata in esecuzione del contratto rimasto inadempiuto.

Free Time Service, però, viene condannata per lite temeraria, ai sensi dell'art. 96 c.p.c., terzo comma, come disciplinato dalla Legge n. 69/2009, avendo la società resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

Dove risiede la colpa grave per il Tribunale di Verona? "Nel caso di specie è sufficientemente sintomatica di una colpa grave connotante la condotta processuale della convenuta la circostanza che alcuni dei suoi assunti, come si è meglio evidenziato sopra, sono stati smentiti dalla documentazione che essa stessa ha prodotto.".

3. Conclusione
Come sanno coloro che hanno letto questo intervento, il mercato della rottamazione della multiproprietà è estremamente florido, e sono molte le società che offrono il servizio di rivendita/cessione a titolo gratuito/permuta del diritto vacanza.

La vicenda affrontata dal Tribunale di Verona dimostra, ancora una volta, che molte di queste società offrono servizi non sempre vantaggiosi per il consumatore, promettendo determinate prestazioni che non vengono in seguito eseguite.

I modelli contrattuali sottoposti all'attenzione dei consumatori sono, in molte circostanze, estremamente generici, in particolar modo laddove devono essere specificati i servizi offerti e i costi totali dovuti per la rottamazione.

Molto spesso questa genericità del contratto scritto viene sopperita dalle indicazioni offerte dal promotore intervenuto presso la vostra abitazione, le quali, come hanno già sperimentato molti di voi, non hanno alcun valore quando "le cose non vanno bene": verba volant, scripta manent

E' vostro pieno diritto quello di essere edotti, per iscritto, di tutti gli elementi caratterizzanti il contratto e, quindi:

- il servizio offerto (tipologia, tempi di svolgimento, attività svolte);

- modalità di pagamento (avete il pieno diritto di pretendere che parte della somma pattuita sia corrisposta solo all'esito dell'attività offerta dalla società).

- diritto di recesso - potete esercitare il recesso entro giorni 10 dalla sottoscrizione (quattordici giorni a partire da giugno 2014) senza dover versare alla società penali o importi privi di giustificazione.

In generale, vi consigliamo di comprendere con chiarezza quale attività viene svolta dalla società e monitorare, anche successivamente alla sottoscrizione del contratto, l'effettivo svolgimento degli obblighi contrattuali da parte della società.

Di seguito, potete leggere la sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona.

domenica 8 dicembre 2013

Certificato vacanza Mediterrenean Cala Pi nullo se il contratto è troppo generico

La sentenza di questa domenica affronta un argomento già trattato in questo blog, ossia la (in)validità del certificato di godimento d’uso turnario presso un centro vacanza spagnolo, il Mediterrenean Cala Pi. 

Il Tribunale di Verona, a cui si era rivolta una consumatrice che aveva acquistato questo diritto vacanza, ha considerato nullo il contratto sottoscritto dalla signora con la società promotrice, la Mediterraneo Srl, perché privo di tutti gli elementi richiesti dalla normativa di settore, come indicati all'art. 1 del D. Lgs. n. 427/1998 ( norma applicabile ratione temporis e successivamente confluito nel Codice del Consumo). 

Il Giudice veronese ha evidenziato una serie di carenze contrattuali, ed in particolare l’assenza di  "ogni specificazione in ordine al tipo di associazione cui il contraente si è associato - persona giuridica o ente di fatto - così come non vi è alcuna indicazione è fornita in relazione al regolamento di tale ente", considerando il contratto non conforme alle norme previste a tutela del consumatore. 

Nel caso di specie, osserva ancora il Tribunale di Verona, "Con riferimento al diritto di godimento, vi è solo un generico riferimento al tipo di appartamento con indicazione dei posti letto e alla usufruibilità per una settimana l'anno senza indicazione della natura e delle condizioni di esercizio del diritto e la stessa descrizione dell'immobile" (vedi).

Il Giudice ha riconosciuto la nullità del contratto, liberando la consumatrice dall’ obbligo di dover pagare le spese di gestione.

Di seguito la sentenza.

domenica 11 novembre 2012

Home banking & SMS alert: il correntista ha diritto al risarcimento del danno da phishing se non viene informato tempestivamente della truffa

L'utilizzo di sistemi bancari on line (cd. home banking) si è fortemente sviluppato negli ultimi anni, con conseguente aumento di ipotesi di furto dei dati bancari da parte di truffatori esperti, i quali non esitano a ripulire il conto corrente con bonifici bancari verso l'estero (cd phishing).

Il truffatore si appropria dei codici di accesso al conto corrente on line del cliente e provvede a disporre bonifici on line su un conto corrente aperto ad hoc su stati esteri, chiusi successivamente all'operazione.

Si sono sviluppate, a tal proposito, una serie di misure di protezione e sicurezza predisposte dalla banca in favore del cliente e che sono finalizzate ad evitare, o comunque limitare, il fenomeno appena descritto.

Per il conto corrente on line è previsto il codice password, nonchè il codice di accesso al codice on time (cd token) che consente di personalizzare l'accesso al conto corrente.

Una ulteriore mezzo di sicurezza del cliente è il sistema di sms alert: il correntista viene avvisato dalla banca che sul proprio conto corrente è stato impartito un ordine di bonifico bancario verso terzi. 

Egli può accedere al proprio conto corrente, verificare se si tratta di truffa ed annullare l'ordine impartito dal truffatore.
 
La sentenza che proponiamo questa settimana affronta tale problematica, chiarendo che esiste un obbligo da parte della banca di predisporre idonee misure per evitare truffe on line a danno del proprio cliente (cd. phishing).

La predisposizione di tali misure esclude la responsabilità dell'intermediario bancario per eventuali truffe avvenute sul conto corrente del cliente.

Quest'ultimo, come esposto in precedenza, può attivarsi appena viene informato del tentativo di truffa ed evitare di subire il pregiudizio economico nei propri confronti.

Per contro, se la banca non predispone corretti sistemi di controllo e sicurezza del conto corrente, come ad esempio un sistema di avviso via sms di tentativo di bonifico on line,  ossia il c.d. Sms alert, è responsabile del danno sofferto dal correntista.

Tale strumento, chiarisce il Tribunale di Verona, "consiste nell'invio al correntista della segnalazione di effettuazione di disposizioni di bonifico a distanza di pochi minuti dal momento in cui sono le stesse sono avvenute e assolve, quindi, una specifica funzione informativa, suppletiva rispetto a quella consistente nella visione dell'estratto conto, che è funzionale alla revoca della operazione, disposta per errore o in modo fraudolento.".

L'errato o parziale funzionamento dello stesso è causalmente connesso al danno patito dal correntista e comporta una grave violazione del dovere di controllo che incombe sulla banca al fine di evitare episodi di furto sul conto corrente on line del cliente.

L'istituto di credito è costretto, come si legge nella sentenza che trovate di seguito, a risarcire il danno sofferto dal cliente a causa della propria condotta negligente. 
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...