domenica 6 maggio 2018

Il contratto quadro e la tecnica del rinvio: quando è legittimo farlo?

> Premessa: la pronuncia della Suprema Corte oggi in commento ci offre l'occasione di trattare un aspetto che il consumatore non dovrebbe sottovalutare quando si affaccia al mondo dell'investimento finanziario, ed in particolare quando sta concludendo il contratto di acquisto con la banca. 

La nostra attenzione cade viene focalizzata, in particolare, sulla formazione/consenso espresso dall'investitore con il c.d. contratto quadro (v. qui), che altro non è che l'impalcatura del rapporto investitore/banca.

Poiché vengono regolati rapporti intrinsecamente complessi, è buona precauzione, prima di tutto, individuare quali sono i documenti e gli atti che compongono la bozza contrattuale oggetto di negoziazione.  

Spesso il prestampato che l'intermediario sottopone al consumatore rinvia ad altri documenti oppure a regole generali sui servizi bancari riportate online. Occorre dunque riconoscere quando il rinvio è valido ed efficace, sfatando il mito per il quale il contratto finanziario, per il solo fatto di essere predisposto dalla banca oltreché complesso, giustifica il parziale disinteresse da parte del consumatore.  

> i modelli di contrattazione: vediamo, in prima battuta, la distinzione tra due distinti e modalità di negoziazione, utili a dare contesto alla pronuncia. 

A. il contratto per adesione: nelle "contrattazioni di massa", il professionista, spesso in via unilaterale, sottopone un modulo od un formulario completo e palese in tutte le sue parti, richiedendo al consumatore la sola adesione. In questo caso, il deficit di conoscenza del consumatore verso le clausole vessatorie viene recuperato sia tramite la previsione della doppia firma (art. 1341 e 1342 cod. civ.) che tramite l'onere della specifica trattativa individuale (art. 34 cod. cons.). 

B. il contratto "a relazione perfetta": si ha quando sia il professionista che il consumatore sono d'accordo nell'emendare la bozza del contratto (a questo punto, incompleta) e a prevedere un richiamo chiaro e preciso a condizioni generali di contratto o documenti dislocati altrove. In questa ipotesi, non opera né la previsione della doppia firma né l'onere di specifica trattativa, poiché sono già le parti a negoziare (e concordare) circa il rinvio ad altri documenti ed atti.  

> il caso: poste tali premesse, il fatto diviene di facile comprensione: nel 2008 un privato, dedito alla speculazione finanziaria, ha sottoscritto un contratto di intermediazione finanziaria che disciplinava, tra l'altro, gli ordini di acquisto di azioni Parmalat. 

A suo dire, tale contratto sarebbe vessatorio ed invalido, poiché non prevede esplicitamente che gli ordini di acquisto possono essere effettuati tramite "il servizio Banca Diretta telefonica, televisiva, via internet o tramite altro strumento" (testualmente). 

Dal canto dell'intermediario è emerso che "il contratto quadro aveva un allegato che il cliente aveva dichiarato di conoscere, che consentiva anche ordini telematici e telefonici, e che non costituiva una clausola vessatoria nulla in mancanza della doppia sottoscrizione". 

> la motivazione della Suprema Corte: a detta degli Ermellini, il contratto quadro è valido per i seguenti motivi. 

Anzitutto, viene ricostruito il contesto in cui è avvenuta la negoziazione della bozza di contratto ed emerge che le parti, sedute insieme alla scrivania, hanno definito e concordato tutte le clausole, senza tralasciare alcun rimando o disciplina di contorno.  

Di conseguenza, la Corte ha affermato che "in materia di condizioni generali di contratto, essendosi affermato che, qualora le parti contraenti richiamino, ai fini dell'integrazione del rapporto negoziale, uno schema contrattuale predisposto da una di loro in altra sede, non è configurabile un'ipotesi di contratto concluso mediante moduli o formulari, assumendo la disciplina richiamata (nella specie, una clausola compromissoria, peraltro integralmente riprodotta dai contraenti) per il tramite di "relatio perfecta" il valore di clausola concordata; sicché tale disciplina resta sottratta all'esigenza dell'approvazione specifica per iscritto di cui all'art. 1341 c.c."

Ancora, il requisito di forma del contratto risulta soddisfatto, poiché "in materie diverse, ha da tempo ritenuto che l'onere di forma può ritenersi adempiuto allorquando le parti richiamino per iscritto elementi contenuti in un diverso atto, espressamente e specificamente richiamato nel contratto". 

Peraltro, non tutte le clausole di rinvio sono anche clausole vessatorie: nel caso emerge che le parti hanno concordato un rinvio soltanto sulle modalità operative per l'acquisto di azioni. In tal senso, la Corte ha precisato che "né può ritenersi che la clausola sottoscritta dalla A., recante la dichiarazione di avere ricevuto le norme contrattuali regolative del rapporto debba essere considerata una clausola vessatoria, trattandosi (...) di una mera dichiarazione di scienza, e non certo di una clausola che comporti "uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto".

> conclusione: almeno in questo contesto, il consumatore informato è chiamato a dispiegare ordinaria diligenza nella negoziazione del contratto, senza confidare nel fatto che clausole richiamate in altri documenti od atti siano, in qualche modo, "espunti" dal contratto e invalidabili nelle more del rapporto. 

Questo, ovviamente, non esclude che l'intermediario finanziario sia onerato del classico dovere di diligenza, di correttezza e trasparenza, di informazione, di evidenziazione dell'inadeguatezza dell'operazione finanziaria che si va a compiere (la c.d. suitability rule). 

Tale distinto profilo rileva, tuttavia, ai fini risarcitori, e non anche in quelli sulla validità del contratto. 

Di seguito, puoi leggere il testo integrale della pronuncia. 
Cassazione, Sez. I Civile, Ordinanza n. 8751 Del 10 Aprile 2018 by Consumatore Informato on Scribd

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