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sabato 14 dicembre 2024

1° gennaio 2025: nuove tutele per i rinnovi dei contratti di energia e gas

Fonte: comunicato stampa
21 novembre 2024
Dal 1° gennaio 2025 entreranno in vigore nuove regole per i contratti di energia elettrica e gas, con l’obiettivo di offrire maggiori garanzie e trasparenza sia in fase di sottoscrizione di una nuova offerta per i contratti conclusi fuori dai locali commerciali oppure a distanza (come i contratti via telefono), sia in fase contrattuale nel caso di variazioni delle condizioni da parte del venditore.

A stabilirlo la delibera 395/2024/R/com di ARERA, presentata nei giorni scorsi alle associazioni dei consumatori nell’ambito del Tavolo di confronto sul superamento delle tutele di prezzo.

La delibera implementa le modifiche al Codice del Consumo disposte dal decreto legislativo 26/2023 e dalla legge concorrenza 2022, rafforza gli obblighi dei venditori in caso di modifica delle condizioni contrattuali e armonizza altresì la disciplina in materia di offerte PLACET e di servizio di tutela della vulnerabilità.

sabato 20 aprile 2024

Truffa contrattuale: cos'è e cosa fare

In questo blog abbiamo trattato, con una certa continuità, di truffa contrattuale, segnalando vari tentativi di condotte illeciti che hanno danneggiato i consumatori.

Con il presente scritto vogliamo trattare, in modo sicuramente non esaustivo ma pratico, alcuni aspetti che riguardano la truffa contrattuale e che possono essere utili per il lettore, affinché questo possa comprendere questo specifico reato, quali condotte rientrano nella figura della truffa contrattuale, con una particolare attenzione alla tutela della posizione del consumatore.

Questa realtà, infatti, è all’ordine del giorno ed in costante aggiornamento, soprattutto a seguito di un utilizzo sempre più smisurato del web e assume, quindi, rilevanza sia sotto il profilo del diritto penale che di quello civile.


1) Che cos’è una truffa contrattuale? 

In ambito penale il reato di truffa è disciplinato dall’art. 640 c.p.: “chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032”.

Il reato è procedibile a querela della persona offesa, salvo i casi espressamente previsto dall’art. 640, comma 2, con lo scopo di tutelare sia il patrimonio che la libera formazione del consenso della vittima. 

Il reato di truffa si ritiene integrato quando l'autore tiene dei comportamenti volti a far credere al consumatore una determinata realtà, attraverso artifizi e raggiri, al fine di fargli stipulare un contratto che altrimenti non avrebbe mai contratto. 

Sotto il profilo penale, quindi, quando ci vengono date informazioni false con promesse palesemente mendaci e comportamenti ingannevoli, se con queste condotte mi viene rappresentata una realtà falsa che mi convince a firmare quel contratto, allora rientriamo nella truffa contrattuale. 

La condotta fraudolenta, quindi, richiede vari passaggi fondamentali:

- artifizi e raggiri compiuti dal truffatore;

- induzione in errore della vittima;

- atto di disposizione patrimoniale della vittima (es.: stipulazione di un contratto);

- ingiusto profitto a favore dell’autore a danno del soggetto leso.

In tema di truffa contrattuale rileva anche il silenzio malizioso su alcune circostanze rilevanti sul prodotto venduto.

Ma facciamo degli esempi:

a) la mancata spedizione del bene da parte del sedicente venditore che, dopo aver ricevuto il pagamento, si rende irreperibile;

b) Tizio, per accedere al bonus riservato ad una determinata fascia di reddito, dichiara un ISEE inferiore;

c) l’agente immobiliare che vende la casa senza comunicare al compratore un vizio di cui è a conoscenza o altri dati decisivi per la formazione della volontà dell'acquirente (ad esempio, l'estensione della proprietà).

Sotto il profilo civile, invece, questo tipo di carenza informativa rileva sotto il profilo della responsabilità pre contrattuale ex art. 1337 c.c., il quale stabilisce che “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.

Tale norma enuncia una forma di responsabilità precontrattuale delle parti, andando a tutelare l’interesse del soggetto a:

- non essere coinvolta in trattative inutili;

- non concludere contratti invalidi o inefficaci;

- non subire inganni durante la negoziazione.

La norma prevede, in ultima istanza, un obbligo di condotta secondo buona fede durante la fase delle trattative, cioè comportarsi in modo leale e sincero e non ingannarsi reciprocamente. 

Ricordiamo, in quest'ottica, che rientra nella responsabilità pre contrattuale anche l'omessa consegna di documentazione necessaria alla controparte, al fine di consentirle di formare la propria volontà in modo più completo.


2) Come tutelarsi?

La vittima raggirata è provvista sia di una tutela civile che di una penale, le quali possono essere esercitate singolarmente o congiuntamente.

In ambito penale, a seguito della denuncia che deve essere presentata ai Carabinieri o alla Procura della Repubblica entro tre mesi dalla scoperta della truffa, viene avviata l'azione penale alla quale il consumatore si può costituire come parte civile per ottenere il riconoscimento del danno accertato dal giudice.

Accertata la truffa sotto il profilo penale, inolre, il consumatore truffato avviare una azione civile verso il truffatore, per chiedere l'annullamento del contratto ex art. 1439 c.c., per dolo. 

Il consumatore può, inoltre, chiedere anche la risoluzione del contratto, accertata la violazione dell'art. 1337 c.c. con restituzione della somma di denaro versata oppure il risarcimento dei danni eventualmente subiti, sempreché non sia decorso il termine di prescrizione.

domenica 16 maggio 2021

Call center - quale tutela per il contratto concluso via telefono

La sentenza in commento questa settimana, una pronuncia emanata dal Tribunale di Crotone in sede di appello il 21 aprile 2020, ci consente di ricalcare un argomento che interessa i consumatori quando vengono contattati sulla propria utenza telefonica dai call center

Questi ultimi vengono incaricati dalle più disparate holding e società italiane, ad esempio nel settore della distribuzione dell’energia, per “piazzare” quante più offerte commerciali possibili agli ignari utenti domestici. 

La domanda che sorge più spontanea presso chi non è addetto ai lavori è se sia possibile concludere un contratto per telefono, se non si conferma per iscritto.

La risposta non è netta. 

Nella generalità dei casi il contratto non deve essere per forza messo per iscritto. Per accorgersene, basta prenotare una pizza per telefono, una macchina di seconda mano oppure un libro via Amazon.  

Ciò che accomuna le tre modalità di contrattazione è che il professionista ha ricevuto l’accettazione del cliente, e tanto basta. 

L’incontro delle volontà dei contraenti determina la formazione del contratto. Come sappiamo, non è nemmeno necessario che le persone in questione si trovino nello stesso posto: i contratti conclusi a distanza fanno parte della nostra vita di tutti i giorni. 

È opportuno, però, considerare che la comunicazione a distanza è adeguata rispetto ad oggetti che sono conosciuti dalle parti, e sui quali non bisogna negoziare delle condizioni. Alla luce di questa considerazione, allora, si intuisce immediatamente che contrattare a distanza un servizio – ad esempio, un servizio di somministrazione di elettricità, come nel caso in commento – non è così agevole. Non lasciando alcunché di scritto, le parti potrebbero facilmente maturare delle divergenze e muovere delle contestazioni in ordine alle condizioni concordate. 

In presenza di simili circostanze, il documento cartaceo, firmato da entrambe le parti, nonostante non sia condizione di validità del contratto, dovrebbe servire come prova in relazione al contenuto degli accordi raggiunti.

Eppure il nostro legislatore ha messo a fuoco tale constatazione molto tardi, e cioè grazie al  Decreto Legislativo 21/2014 (norma attuativa della Direttiva 2011/83/UE clicca qui per un approfondimento). 

Prima di allora, in base ad alcuni articoli del Codice del Consumo (in particolare, il 52 e 53), un call center era esclusivamente tenuto ad annunciarsi, a mettere in chiaro che la sua telefonata aveva uno scopo commerciale e a dichiarare che il consumatore, ove avesse accettato l’offerta, avrebbe potuto ricevere a casa propria un riepilogo della telefonata (su supporto durevole oppure per iscritto): la cosiddetta “conferma per iscritto”

L’articolo 57 del Codice del Consumo, norma di chiusura della modalità di contrattazione telefonica tra professionisti e consumatori, chiariva che il cliente non era tenuto a pagare alcuna fattura nel caso in cui non avesse richiesto alcuna fornitura commerciale al call center. 

Per come era congegnata, la modalità di contrattazione non ha funzionato, perché si chiedeva ai call center di conservare traccia delle molte chiamate quotidiane e, successivamente, di fornirle ai committenti oppure ai consumatori per ricostruire la prova della conclusione del contratto davanti al Giudice. 

Le “zone d’ombra”, tutte dovute alla difficoltà di reperire le prove e di ricostruire i fatti, convenivano sia ai fornitori che ai clienti. 

I primi avrebbero potuto approfittare dell’inerzia dei consumatori raggiunti per telefono e imporre loro i servizi non richiesti. 

I secondi, o almeno i più accorti di essi, avrebbero potuto agire davanti al Giudice e affermare di non aver richiesto nessuna fornitura o di non aver capito che la chiamata era finalizzata alla promozione commerciale. 

Il legislatore, avendo compreso che la modalità di contrattazione si prestava a strumentalizzazioni, ha introdotto una soluzione molto rigorosa e costosa per le compagnie: l’invio obbligatorio del contratto di somministrazione. 

In termini più semplici, il contratto telefonico si considera concluso solo se successivamente la società invia al consumatore copia del testo contrattuale; quest’ultimo deve inviare, a sua volta, il documento firmato alla controparte.

Eccezione? Il consumatore può rinunciare al contratto scritto facendone espressa menzione nel contatto telefonico.

Di seguito, trovi la sentenza che ha reso possibile questo commento.

domenica 29 novembre 2020

Acquisto di un prodotto personalizzato via internet: è sempre escluso il diritto di recesso?

E' noto che il diritto di recesso consente al consumatore di poter recedere dal contratto, inviando una comunicazione al venditore (fornitore dei servizi) entro 14 giorni dalla sua conclusione

La Corte di Giustizia ha affrontato, con la recente sentenza C - 529/2019, il meno noto caso di in cui il consumatore non può esercitare tale diritto, ovvero nel caso di vendita di un bene personalizzato.

- Diritto di recesso e l'eccezione dell'art. 59 Cod. Consumo

"Fatte salve le eccezioni di cui all'articolo 59, il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dai locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere  costi".

Il diritto di recesso previsto per i contratti conclusi fuori dal locale commerciale si fondano su tre punti fondamentali:

(1) il diritto di recesso può essere esercitato entro 14 giorni dalla conclusione del contratto;

(2) il recesso non deve essere motivato;

(3) il consumatore che recede dal contratto deve pagare al venditore solo le spese da quest'ultimo documentate.

Mentre questi principi, qui sinteticamente e non esaurientemente richiamati, sono noti al consumatore, meno conosciuta è l'eccezione all'esercizio del diritto di recesso prevista ex art. 59 del Codice del Consumo ed in particolare nel caso di vendita di un bene personalizzato.

"Il diritto di recesso di cui agli articoli da 52 a  58  per i contratti a  distanza  e  i  contratti  negoziati  fuori  dei  locali commerciali e' escluso relativamente a: [.....]

c) la fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati;".

L'art. 59 del Codice del Consumo prevede una lista di tipologie di vendite di prodotti e servizi per i quali, stante la specificità della proposta, viene negata la possibilità per il consumatore di poter recedere dal contratto concluso.

Nel caso di fornitura di beni c.d. personalizzati, il venditore offre un prodotto creato ad hoc per il consumatore, seguendo le direttive di quest'ultimo e quindi il contraente debole non può giovarsi di un diritto riservato a chi si sia limitato ad accettare la proposta.

In altri termini, il consumatore che partecipa alla creazione del bene che acquista non può giovarsi di un diritto che non è stato pensato e considerato per questo tipo di vendita.

Ma nel caso in cui il venditore (fornitore del servizio) non dia avvio alla creazione del bene personalizzato, il consumatore può recedere dal contratto?  

- La Corte di Giustizia: per il bene personalizzato non trova mai applicazione il diritto di recesso

La Corte di Giustizia, investita della questione da un tribunale tedesco, ha ribadito il principio secondo il quale l’eccezione al diritto di recesso prevista dalla direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori (e disciplinato in Italia all'art. 59 del Codice del Consumo), può essere opposta al consumatore dal venditore di un bene confezionato secondo le specifiche del primo, indipendentemente dal fatto che il professionista abbia dato o meno avvio alla produzione del prodotto.

In conclusione, il consumatore che acquista un bene personalizzato dal professionista (fornendo varie specifiche e partecipando attivamente alla creazione del bene finale) non può esercitare il diritto di recesso previsto dalla direttiva 2011/83/UE e dal Codice del Consumo.

Corte Giustizia Sez. VI^ C- 529/2019

domenica 9 febbraio 2020

Consiglio di Stato: le compagnie telefoniche devono rimborsare in automatico i consumatori

La compagnia telefonica ha illegittimamente fatturato i consumi ogni 28 giorni e non con cadenza mensile? Il rimborso deve essere automatico.

Questo principio è stato stabilito dal Consiglio di Stato con la recentissima sentenza n. 879/2020 del 4 febbraio 2020 che potete leggere di seguito, ove il giudice amministrativo è stato chiamato a decidere la condotta tenuta dalle compagnie telefoniche che, nonostante l'ordine di rimborso in favore dei consumatori a seguito della famosa vicenda dei 28 giorni, non hanno ancora adottato le condotte richieste.

Nel blog potete trovare molti nostri interventi relativi a questa vicenda, in quanto lo stesso Consiglio di Stato è intervenuto più volte sanzionando la condotta delle società del settore ed invitando le stesse a trovare una soluzione volta a tutelare i consumatori legittimati ad ottenere il rimborso delle somme versate nella vicenda "28 giorni"


La sentenza in oggetto è relativa all'impugnazione proposta da Vodafone contro la delibera Agcom, inerente il mancato rimborso della somme trattenute ai consumatori.

Il Consiglio di Stato ha approfittato della sentenza per estendere l'obbligo di rimborso automatico da parte di tutte le compagnie telefoniche, condannando le società che non si stanno attivando per agevolare i consumatori, preferendo disattendere l'ordine proveniente da Agcom.

Cosa fare se volte ottenere il rimborso dei vostri denari?

- scrivete una lettera di diffida alla compagnia telefonica, chiedendo il rimborso totale della somma, richiamando anche la sentenza n. 879/2020 del Consiglio di Stato.

- se dopo 60 giorni non ottenete alcuna risposta, rivolgetevi al Corecom della vostra città chiedendo il rimborso delle somme illegittimamente trattenute dalla compagnia telefonica, nonché un indennizzo per il ritardo, tenuto conto che la società si sarebbe dovuta attivare autonomamente, come previsto dalla citata pronuncia.

Qui di seguito, la sentenza del Consiglio di Stato.

domenica 26 gennaio 2020

Eni Gas & Luce: arriva la sanzione per marketing indesiderato

Questa settimana vi proponiamo un recente provvedimento del Garante per il trattamento dei dati personali che, con motivazione condivisibili, ha sanzionato il marketing irregolare portato avanti negli ultimi mesi da Eni Gas & Luce.

Occorre premettere che il provvedimento oggetto di commento (il numero 231/2019) è uno dei due con i quali il Garante ha voluto contestare alla compagnia violazioni delle norme poste a tutela dei dati personali.

Con i provvedimenti, il Garante ha contestato, in primo luogo, il trattamento illecito dei dati personali dei consumatori, avvenuto attraverso telefonate avviate con scopo promozionale e concluse con l'attivazione di contratti non richiesti.

Contestualmente, l'autorità di settore ha accertato che i dati acquisiti dalla società erano superiori a quelli richiesti e che la conservaizone superava i limiti di legge, anche perchè carpiti da potenizali clienti in assenza di un proprio specifico consenso all'utilizzo e comunicazione dei dati.

Il provvedimento n. 231/2019, che potete trovare in calce al presente intervento, ha ad oggetto l'attivazione di contratti di fornitura di energia elettrica e gas non richiesti. 

Il Garante ha accertato, infatti, che in molte circostanze la compagnia ha avviato contratti (o mutato le condizioni dei precedenti rapporti) in assenza di specifico consenso espresso dal consumatore, il quale si è ritrovato cliente a sua insaputa a condizioni non pattuite.

Tale attività, volta ad acquisire nuovi clienti, è stata posta in essere attravdrso esterne con il trattamento dei dati non aderenti ai principli comunitari, violando in particolare le generali regole di trasparenza, correttezza, esattezza anche nell'aggiornamento dei dati.

Non rimaniamo sopresi dall'intervento del Garante, in quanto questa associazione ha ricevuto numerose segnalazioni negli ultimi mesi, tutelando gli interessi di vari consumatori oggetto di illegittime richieste da parte di Eni Gas & Luce (vedi qui).

Per essere aiutati o per raccontarci la vostra vicenda, potete scrivere a info@consumatoreinformato.it.

Qui di seguito, il provvedimento n. 231/2019 del Garante Privacy.

domenica 25 novembre 2018

Condannata la compagnia telefonica che attiva servizi telefonici non richiesti

La sentenza del Giudice di Pace di Lecce che vi proponiamo di seguito ci consente di tornare a trattare una pratica commerciale molto diffusa negli scorsi anni nel settore dei servizi di telefonia mobile.

Stiamo parlando dell'attivazione dei servizi telefonici non richiesti, e pattuiti, nel caso di avvio di un contratto di telefonia mobile, ove non di rado il consumatore si trova a pagare maggiori importi per offerte non richieste.

Come poc'anzi osservato, la questione ha riguardato una larga fetta del mercato, tant'è che l'Antitrust aveva sanzionato alcune compagnie telefoniche, le quali avevano proposto ricorso avverso il provvedimento dell'Autorità garante.

La vicenda, finita davanti alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ha riaffermato il principio secondo il quale l'operatore telefonico non può attivare servizi non richiesti dal consumatore (vedi qui).

Nel caso di specie, il Giudice di Pace di Lecce ha sanzionato la compagnia telefonica che aveva attivato dei servizi telefonici sulla sim attivata dal consumatore, non risultando che quest'ultimo li avesse richiesti.

Qui la sentenza.

lunedì 6 agosto 2018

Vodafone aumenta i costi del servizio: + 2 euro al mese da pagare? "a mai più"

Nelle ultime settimane molti utenti di Vodafone hanno ricevuto sms con i quali la società ha preannunciato il mutamento delle condizioni contrattuali, con un aggravio del costo mensile di due euro.

Più in particolare, la multinazionale ha reso noto che, da una parte, il traffico telefonico diviene illimitato, ovverosia senza alcun limite di minuti, ma l'offerta comporta un aumento di due euro a carico del cliente.

L'anomalia riguarda, però, coloro che dopo aver abbandonato l'operatore leader del mercato, avevano deciso di tornare sui loro passi, a seguito di offerta vantaggiosa da parte della stessa società.

D'altronde, è noto che è sempre in forte espansione l'attività dei call center che contattano i consumatori per avanzare proposte contrattuali per spostarsi di compagnia, oppure tornare al vecchio operatore.

Cosa succede a Vodafone?

domenica 6 maggio 2018

Il contratto quadro e la tecnica del rinvio: quando è legittimo farlo?

> Premessa: la pronuncia della Suprema Corte oggi in commento ci offre l'occasione di trattare un aspetto che il consumatore non dovrebbe sottovalutare quando si affaccia al mondo dell'investimento finanziario, ed in particolare quando sta concludendo il contratto di acquisto con la banca. 

La nostra attenzione cade viene focalizzata, in particolare, sulla formazione/consenso espresso dall'investitore con il c.d. contratto quadro (v. qui), che altro non è che l'impalcatura del rapporto investitore/banca.

Poiché vengono regolati rapporti intrinsecamente complessi, è buona precauzione, prima di tutto, individuare quali sono i documenti e gli atti che compongono la bozza contrattuale oggetto di negoziazione.  

Spesso il prestampato che l'intermediario sottopone al consumatore rinvia ad altri documenti oppure a regole generali sui servizi bancari riportate online. Occorre dunque riconoscere quando il rinvio è valido ed efficace, sfatando il mito per il quale il contratto finanziario, per il solo fatto di essere predisposto dalla banca oltreché complesso, giustifica il parziale disinteresse da parte del consumatore.  

> i modelli di contrattazione: vediamo, in prima battuta, la distinzione tra due distinti e modalità di negoziazione, utili a dare contesto alla pronuncia. 

A. il contratto per adesione: nelle "contrattazioni di massa", il professionista, spesso in via unilaterale, sottopone un modulo od un formulario completo e palese in tutte le sue parti, richiedendo al consumatore la sola adesione. In questo caso, il deficit di conoscenza del consumatore verso le clausole vessatorie viene recuperato sia tramite la previsione della doppia firma (art. 1341 e 1342 cod. civ.) che tramite l'onere della specifica trattativa individuale (art. 34 cod. cons.). 

B. il contratto "a relazione perfetta": si ha quando sia il professionista che il consumatore sono d'accordo nell'emendare la bozza del contratto (a questo punto, incompleta) e a prevedere un richiamo chiaro e preciso a condizioni generali di contratto o documenti dislocati altrove. In questa ipotesi, non opera né la previsione della doppia firma né l'onere di specifica trattativa, poiché sono già le parti a negoziare (e concordare) circa il rinvio ad altri documenti ed atti.  

> il caso: poste tali premesse, il fatto diviene di facile comprensione: nel 2008 un privato, dedito alla speculazione finanziaria, ha sottoscritto un contratto di intermediazione finanziaria che disciplinava, tra l'altro, gli ordini di acquisto di azioni Parmalat. 

A suo dire, tale contratto sarebbe vessatorio ed invalido, poiché non prevede esplicitamente che gli ordini di acquisto possono essere effettuati tramite "il servizio Banca Diretta telefonica, televisiva, via internet o tramite altro strumento" (testualmente). 

Dal canto dell'intermediario è emerso che "il contratto quadro aveva un allegato che il cliente aveva dichiarato di conoscere, che consentiva anche ordini telematici e telefonici, e che non costituiva una clausola vessatoria nulla in mancanza della doppia sottoscrizione". 

> la motivazione della Suprema Corte: a detta degli Ermellini, il contratto quadro è valido per i seguenti motivi. 

Anzitutto, viene ricostruito il contesto in cui è avvenuta la negoziazione della bozza di contratto ed emerge che le parti, sedute insieme alla scrivania, hanno definito e concordato tutte le clausole, senza tralasciare alcun rimando o disciplina di contorno.  

Di conseguenza, la Corte ha affermato che "in materia di condizioni generali di contratto, essendosi affermato che, qualora le parti contraenti richiamino, ai fini dell'integrazione del rapporto negoziale, uno schema contrattuale predisposto da una di loro in altra sede, non è configurabile un'ipotesi di contratto concluso mediante moduli o formulari, assumendo la disciplina richiamata (nella specie, una clausola compromissoria, peraltro integralmente riprodotta dai contraenti) per il tramite di "relatio perfecta" il valore di clausola concordata; sicché tale disciplina resta sottratta all'esigenza dell'approvazione specifica per iscritto di cui all'art. 1341 c.c."

Ancora, il requisito di forma del contratto risulta soddisfatto, poiché "in materie diverse, ha da tempo ritenuto che l'onere di forma può ritenersi adempiuto allorquando le parti richiamino per iscritto elementi contenuti in un diverso atto, espressamente e specificamente richiamato nel contratto". 

Peraltro, non tutte le clausole di rinvio sono anche clausole vessatorie: nel caso emerge che le parti hanno concordato un rinvio soltanto sulle modalità operative per l'acquisto di azioni. In tal senso, la Corte ha precisato che "né può ritenersi che la clausola sottoscritta dalla A., recante la dichiarazione di avere ricevuto le norme contrattuali regolative del rapporto debba essere considerata una clausola vessatoria, trattandosi (...) di una mera dichiarazione di scienza, e non certo di una clausola che comporti "uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto".

> conclusione: almeno in questo contesto, il consumatore informato è chiamato a dispiegare ordinaria diligenza nella negoziazione del contratto, senza confidare nel fatto che clausole richiamate in altri documenti od atti siano, in qualche modo, "espunti" dal contratto e invalidabili nelle more del rapporto. 

Questo, ovviamente, non esclude che l'intermediario finanziario sia onerato del classico dovere di diligenza, di correttezza e trasparenza, di informazione, di evidenziazione dell'inadeguatezza dell'operazione finanziaria che si va a compiere (la c.d. suitability rule). 

Tale distinto profilo rileva, tuttavia, ai fini risarcitori, e non anche in quelli sulla validità del contratto. 

Di seguito, puoi leggere il testo integrale della pronuncia. 

sabato 24 marzo 2018

Energia elettrica/gas: cosa fare quando ti attivano un contratto non richiesto

Ancora una volta torniamo a trattare l'attivazione non richiesta di contratti nel settore energia elettrica/gas naturale, pratica commerciale scorretta altamente praticata dalle compagnie del settore.

Negli ultimi mesi abbiamo ricevuto segnalazioni provenienti dai consumatori che si sono visti attivare contratti di fornitura di gas e/o energia elettrica mai formalmente richiesti o perfezionati. Molti ci hanno chiesto informazioni in merito e quali condotte adottare in questi casi.

Vediamo di fare il punto della situazione.

- Come si comportano i venditori del settore?
Sono due le pratiche commerciali che, usualmente, colpiscono i consumatori:

(a) molto spesso un consumatore, già titolare di un contratto energia/gas, viene contattato telefonicamente da altra compagnia che avanza una proposta di cambiamento del contratto, proponendo condizioni estremamente più vantaggiose....peccato che questi vantaggi abbiano la sola durata di due anni. Successivamente, il contratto prevede condizioni di vendita dell'energia o del gas molto elevate.
(b) il consumatore non ha ancora attivato alcun contratto, oppure viene invitato telefonicamente a provare una determinata offerta, la quale non viene esposta in modo chiaro e trasparente, sicché le condizioni di vendita del gas o dell'energia sono superiori a quelle prospettate dal promotore.

Il mercato libero di energia elettrica e il gas ha dato origine a condotte scorrette da parte dei venditori, i quali propongono offerte commerciali per acquisire nuovi clienti, o rubare utenti ad altre compagnie, anche attraverso condotte non corrette.

I venditori di energia elettrica e gas si avvalgono, per svolgere tali attività, di alcune società di vendita che vengono incaricate a concludere, in qualunque modo, dei contratti per la fornitura di energia e gas....magari anche attraverso condotte poco trasparenti.
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