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domenica 5 luglio 2020

Investimento finanziario: la banca deve fornire tutte le informazioni, altrimenti risponde del danno subito dal risparmiatore

Il provvedimento che vi segnaliamo di seguito riguarda uno dei tanti investimenti in titoli Parmalat terminato nel peggiore dei modi, ossia con la perdita del capitale da parte dei risparmiatori.

Anche nella vicenda oggetto di giudizio, la vendita dei titoli era avvenuta presso la filiale del più importante gruppo bancario italiano (l'allora Banca Intesa, oggi Intesa Sanpaolo S.p.a.), la quale aveva intermediato l'acquisto di obbligazioni della società olandese Parmalat Finance BV per conto di alcuni investitori fiorentini.

Il Tribunale di Firenze accoglieva le domande formulate dai consumatori, accertando il loro diritto al risarcimento del danno sofferto a causa della condotta inadempiente della banca, la quale non aveva in particolare informato i clienti dei rischi connessi all'acquisto di titoli obbligazioni Parmalat.

La Corte d'Appello di Firenze ribaltava la sentenza di primo grado, ritenendo che seppur Banca Intesa Sanpaolo non avesse correttamente comunicato le informazioni agli investitori, questi ultimi avrebbero comunque operato l'investimento in corporate bond, prodotto già acquistato in precedenza e quindi ben conosciuto. 

La vicenda termina avanti alla Corte di Cassazione, chiamata a valutare il ricorso proposto dai risparmiatori, ed in particolare se l'omesso adempimento degli obblighi informativi da parte della banca comporti una sua responsabilità nei confronti del contraente debole (l'investitore).

Come già evidenziato in precedenza, la Corte territoriale aveva escluso la rilevanza causale dell'inadempimento dei doveri di informazione da parte della banca, partendo dal presupposto che i clienti vantavano esperienza e propensione al rischio, così come emerso dalle scelte di investimento antecedenti all'acquisto delle obbligazioni Parmalat.

La Cassazione censura tale ragionamento, contrario ai principi giurisprudenziali consolidati, secondo i quali tra operatore professionale ed investitore esiste un naturale handicap informativo che deve essere colmato dall'intermediario.

Sul punto, il Giudice di legittimità è chiaro laddove evidenzia che è palese: "[…] lo squilibrio, di carattere prevalentemente conoscitivo - informativo, nella posizione delle parti, fondato sull'elevato grado di competenza tecnica richiesta a chi opera nell'ambito degli investimenti finanziari, che è oggetto dell'intervento correttivo del legislatore, attuato anche attraverso la previsione di un rigido sistema di obblighi informativi a carico dell'intermediario".

L'obbligo informativo da parte della banca nei confronti dell'investitore esiste e non può mai essere derogato, e la sua omissione è causalmente legata al danno sofferto dal consumatore, a meno che l'istituto di credito non dimostri di aver agito con cautela, trasparenza e correttezza o che il danno non sia conseguenza del proprio inadempimento.

Appare anche interessante richiamare la Cassazione laddove chiarisce quale sia il contenuto del citato obbligo informativo, ovvero: "[…] l'assolvimento di tale obbligo implica la formulazione, da parte dell'intermediario medesimo, di indicazioni idonee a descrivere la natura, la quantità e la qualità dei prodotti finanziari ed a rappresentarne lo specifico coefficiente di rischio".

La banca deve fornire informazioni puntuali, attuali, specifiche, complete e trasparenti, al fine di consentire all'investitore di potersi orientare tra le offerte del mercato finanziario.

Nel caso in cui tali informazioni non rispettano i "paletti" appena richiamati, non potrà essere negata la condanna della banca al risarcimento del danno subito dal cliente (nei limiti ed in considerazione del principio della compensatio lucri cum damno).

Trovate, qui di seguito, il testo completo della sentenza n. 7905/2020 pronunciata dalla Corte di Cassazione (Sez. I^ Civ.).

lunedì 26 settembre 2016

Rimborso titoli Argentina - il procedimento

In queste ultime settimane è iniziata la procedura di rimborso dei denari verso i possessori dei bond Argentina rimasti scottati dalla moratoria dichiarata nel 2001.

Come già anticipato, i titolari di titoli Argentina hanno ricevuto la felice notizia del rimborso la scorsa primavera (vedi), ed in questi ultimi mesi è stata avviata la procedura che, per parte italiana, è seguita dalle banche italiane. 

Come aderire all'offerta?

Vi ricordiamo, in primo luogo, che l'offerta coinvolge tutti i titolari di obbligazioni Argentina che non abbiano  aderito alle offerte di concambio del 2005 e 2010 e, quindi, siano ancora in possesso dell'obbligazione originale, senza aver aderito all'arbitrato Icsid.

Per aderire alla procedura occorre seguire due diverse strade:

(1) Titoli con codice ISIN "DE": si tratta dei titoli obbligazionari regolati dalla legge tedesca e collocati sul mercato borsistico di Francoforte. Se possedete questi titoli, dovete trovare il modulo sul sito web del Ministero dell'economia  (vedi), compilarlo  e spedirlo aagreementinprinciple@mecon.gov.ar.

(2) Altri titoli Argentina: gli altri titoli emessi dall'Argentina saranno oggetto di rimborso accedendo al sito web del Governo (vedi), ove trovate tutta la procedura per ottenere il pagamento dell'importo previsto. 

lunedì 18 luglio 2016

Tango bond - tassato il rimborso per gli obbligazionisti

E alla fine è arrivato il sospirato rimborso per gli obbligazionisti Argentina, i quali si vedono rimborsare il capitale dopo anni di attesa (vedi). A partire dallo scorso mese di giugno, i titolari di obbligazioni Argentina che non avevano partecipato ad altre operazioni di ristrutturazione, hanno percepito la somma rimborsata dall'Argentina per i titoli caduti in default nel 2001.

Occorre osservare, peraltro, che sulle somme percepite dall'emittente, gli obbligazionisti saranno costretti a versare l'imposta del 12,50%, così come precisato di recente dall'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 30/E del 2016.

L'Agenzia, in particolare, ha chiarito che il trattamento fiscale a cui viene sottoposta l'operazione di rimborso in favore degli investitori, deve essere ricondotto nella categoria del reddito di natura finanziaria, per il quale è prevista la tassazione sulla sola plusvalenza.

Nel caso di specie, la Repubblica Argentina ha previsto un rimborso pari al 150% del valore nominale dei titoli emessi, contro l'annullamento dei tango bond.

Ne consegue che l'obbligazionista percepisce una plusvalenza pari alla differenza tra la somma rimborsata e il valore del titolo all'atto dell'acquisto.

Tale differenza (attorno al 50%) deve essere assoggettata ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi di cui all’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 461/1997, e quindi anche l'Agenzia delle Entrate "parteciperà" alla festa degli obbligazionisti Argentina.

sabato 13 febbraio 2016

Argentina: arrivano i rimborsi del TFA?

Potrebbe trovare un esito positivo l'iniziativa avviata dalla Task Force Argentina, presieduta da Nicola Stock ed organizzata dall'Abi per aiutare i risparmiatori italiani rimasti coinvolti nella moratoria dichiarata dal Governo di Buenos Aires (vedi qui).

La TFA, sorta dopo pochi mesi dal default argentino, aveva ottenuto scarsi risultati, tanto da far sorgere in molti (tra i quali anche questa associazione) qualche dubbio in merito all'effettiva capacita mediatrice del soggetto giuridico creato ad hoc.

Ed invece pare che Nicola Stock abbia raggiunto un accordo con le autorità argentine, consentendo un recupero del capitale perduto ai 50.000 risparmiatori che hanno aderito al progetto TFA.

Così si legge nel recente comunicato rilasciato dalla Task Force che così esordisce  "Il Ministero del Tesoro e della Finanza Pubblica della Repubblica Argentina e la Task Force Argentina (TFA) annunciano di aver raggiunto un accordo preliminare per risolvere la controversia basata sul Trattato bilaterale Italia - Argentina nell'arbitrato presso il Tribunale ICSID della Banca Mondiale in cui si è richiesto il risarcimento dei danni per violazione dei diritti rivenienti dal diritto internazionale di circa 50.000 obbligazionisti retail italiani detentori di circa 900 milioni di bond argentini in default rappresentati dalla Task Force Argentina".

Con l'accordo, che però deve essere sottoposto all'approvazione del parlamento argentino, viene previsto il pagamento in favore dei risparmiatori di un importo, in contanti, pari al 150% del capitale investito, questo secondo quello che si legge nel comunicato TFA.

Il pagamento dovrebbe essere disposto a seguito dell'approvazione, nel breve spazio di alcuni mesi, con conseguente esaurimento dell'attività svolta dalla Task Force Agentina.

 

lunedì 21 settembre 2015

Salvataggio banche - pro e contro del "bail in"

Con la recente approvazione del decreto di attuazione della Direttiva UE n. 2014/59, anche in Italia viene introdotto il nuovo sistema di salvataggio di una banca da un dissesto finanziario: il bail in (“salvataggio interno”).

Le nuove norme creano un meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie del tutto diverso rispetto a quello attuale, prevedendo una partecipazione diretta ed immediata degli azionisti, obbligazionisti e financo i titolari dei conti correnti, e solo indiretta e successiva da parte dello stato.

Il nuovo quadro normativo è destinato ad entrare in vigore a partire dal gennaio 2016, data dalla quale il prelievo forzoso bancario verrà legalizzato con il fine di tutelare contribuenti e mercati.

domenica 28 giugno 2015

Lehman - non valido l'acquisto delle obbligazioni privo di contratto

Questa domenica concludiamo la nostra rapida rassegna delle sentenze pronunciate da vari tribunali italiani, i quali si sono trovati a dover decidere in merito alla condotta tenuta dalle banche che hanno venduto agli investitori obbligazioni Lehman Brothers (vedi).

I giudici sono intervenuti giudicando la responsabilità della banca sotto diversi profili, arrivando a riconoscere il diritto del consumatore ad ottenere la restituzione dell'importo investito in Lehman Brothers.

In molte circostanze, i giudici hanno riconosciuto la responsabilità da parte dell'intermediario finanziario, e del Consorzio Patti Chiari, per non aver avvertito il consumatore in merito all'improvviso deterioramento del titolo obbligazionario, condannando l'istituto di credito per la condotta omissiva.

Questa settimana, invece, vi proponiamo la lettura della sentenza pronunciata dal Tribunale di Brescia, ove il giudice si è limitato ad accertare che la banca aveva operato in favore del cliente in assenza di valido contratto scritto, così come previsto ex art. 23 del Testo Unico della Finanza.

A fronte di questa grave carenza formale, il giudice lombardo ha dichiarato la nullità dell'ordine di investimento, ordinando alla Banca di voler restituire al risparmiatore i soldi versati per l'acquisto di obbligazioni Lehman.

Buona lettura.

domenica 21 giugno 2015

Tribunale di Milano: vendita Lehman Brothers e violazione obblighi di condotta da parte della banca

Se l'ordine di borsa prevede uno specifico obbligo da parte della banca di informare il cliente in caso di rischio default del titolo, l'intermediario assume uno specifico obbligo contrattuale verso l'investitore. 

La violazione di tale obbligo contrattuale configura una responsabilità nei confronti della banca, la quale può essere condannata al risarcimento del danno verso il risparmiatore.

Questa è la conclusione raggiunta dal Tribunale di Milano, in una recente sentenza che potete leggere di seguito, ove il giudice è stato chiamato a valutare la responsabilità dell'intermediario bancario per non aver informato tempestivamente il cliente in merito al prossimo default dei titoli Lehman Brothers.

Il Tribunale di Milano, dando applicazione anche all'art. 21, comma 2 del Testo Unico della Finanza, ha riconosciuto un obbligo informativo continuo da parte della banca, la quale non deve limitarsi ad informare il cliente in merito ai rischi di investimento al momento dell'acquisto del titolo, ma deve fornire a quest'ultimo ogni ulteriore informazione anche in seguito, laddove vi siano significative variazioni di valore.

Nel caso affrontato dal giudice, il titolo obbligazionario aveva ricevuto valutazioni positive dalle agenzie di rating, ma vi erano molti dati economici e finanziari che avevano, sin dall'anno antecedente al fallimento della banca d'affari americana, denotato un progressivo peggioramento della situazione.

La banca avrebbe dovuto, adempiendo all'obbligo contrattuale indicato nell'ordine di investimento, avvertire il cliente del peggioramento dell'obbligazione, e l'omesso adempimento di tale obbligo legittima il risparmiatore ad ottenere il risarcimento del danno, pari quantomeno alla somma investita in Lehman Brothers.

Qui la sentenza. 

domenica 14 giugno 2015

Tribunale di Cuneo - Patti Chiari condannata per Lehman Brothers

Questa domenica torniamo ad affrontare la vicenda Lehman Brothers, proponendovi una nuova sentenza ove l'intermediario finanziario è stato riconosciuto colpevole per non aver valutato ed esposto al cliente il rischio collegato a questo tipo di investimento. Il Tribunale di Cuneo, con una sentenza del gennaio 2015 che potete leggere di seguito, ha riconosciuto la responsabilità della banca che ha venduto i titoli Lehman Brothers, Banca Regionale Europea.

Nel caso affrontato, però, il giudice piemontese ha altresì riconosciuto la presponsabilità solidale del consorzio Patti Chiari, per aver inserito nella propria lista "obbligazioni sicure" un titolo dimostratosi altamente rischioso.

Nella concreta fattispecie, come accertato dal giudice, l'ordine di investimento predisposto dalla BRE indicava chiaramente che "il titolo in ordine fa parte dell'elenco delle obbligazioni a basso rischio - rendimento "pattichiari" emesso alla data dell'ordine. N.B. in base agli andamenti di mercato il titolo negoziato potrà uscire dall'elenco successivamente alla data dell'ordine. Il cliente sarà tempestivamente informato se un titolo facente parte dell'elenco subisce una significativa variazione del livello di rischio".

I clienti della banca, per tale ragione, hanno citato in giudizio anche Patti Chiari, ritenendo anche il Consorzio responsabile per il danno subito a causa del default di Lehman.

Il Tribunale di Cuneo, accogliendo la domanda di risarcimento del danno proposta dai clienti, ha considerato solidalmente responsabili sia la Banca che il Consorzio, per aver fornito all'investitore informazioni parziali e approssimative, fondando il proprio giudizio di solidità di Lehman sul solo rating della banca d'affari indicato dalle principali società di rating internazionale.

Il Giudice di Cuneo ritiene, invece, che Banca Regionale Europea avrebbe dovuto valutare la solidità dell'obbligazione proposta ai clienti utilizzando altri indici di rischio dai quali sarebbe risultato agevole accertare una scarsa affidabilità del titolo Lehman oggetto di negoziazione

E il Giudice piemontese individua, in particolare, le variazioni dell'indice di rischio rappresentato dal VaR (Value at Risk) che nel caso dei bond Lehman aveva ottenuto una significativa variazione già nel 2007 e, in modo più marcato, nell'anno 2008.

Da una analisi approfondita delle obbligazioni Lehman, il Tribunale di Cuneo ha accertato che il titolo in oggetto non presentava alcuna solidità e sicurezza tale da poter essere inserito nel listino Patti Chiari, come obbligazione a basso rischio.

Il Tribunale di Cuneo, inoltre, ha contestato alla Banca e a Patti Chiari di non disporre di indici di valutazione del rischio appropriati per valutare il reale livello di rischiosità dei titoli Lehman, e quindi fornire al cliente informazioni appropriate per una decisione consapevole.

Banca Regionale Europea viene condannata, quindi, in quanto responsabile per non aver informato il cliente sui rischi di investimento e per non aver valutato la conformità dell'investimento rispetto al profilo di rischio dei clienti.

I risparmiatori piemontesi, grazie alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Cuneo, hanno ottenuto la restituzione dell'importo investito in bond Lehman brothers, e gli interessi legali non percepiti negli anni.

Di seguito, la sentenza del Tribunale di Cuneo.

domenica 7 giugno 2015

Tribunale di Venezia: obbligazioni Lehman - banca responsabile per non aver informato il cliente del default

Negli ultimi mesi sono in aumento le sentenze aventi ad oggetto vendite di titoli obbligazionari Lehman Brothers ove è stata riconosciuta la responsabilità della banca per non aver fornito valide informazioni in merito al prossimo default della banca d'affari americana.

Una recente pronuncia del Tribunale di Venezia, che potete leggere di seguito, ha condannato la banca a restituire al proprio cliente l'importo oggetto di investimento in titoli Lehman, accertando che nella specifica fattispecie, l'istituto di credito non avrebbe valutato in modo corretto la conformità dell'investimento rispetto al profilo di rischio del risparmiatore. 


Nel caso di specie, gli investitori convenivano in giudizio la Banca Popolare di San Marco, contestando all'intermediario finanziario gravi violazioni di legge, ed in particolare del D. Lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza), e chiedendo la restituzione di tutte le somme investite nel valore mobiliare Lehman Brothers TV/2012.

Il Tribunale di Venezia, a seguito di CTU, ha appurato che il titolo Lehman Brothers presentava gravi rischi economici e finanziari sin dall'estate 2007, allorché vi era stata una lenta, ma costante, discesa del prezzo del titolo. 

Così il Giudice veneziano ha analizzato le valutazioni del consulente tecnico "Il Ctu, er arrestarsi ad uno solo di parametri da lui valutati (gli altri sono l'andamento dei CDS e il criterio VaR) ha chiaramente affermato [...] che il prezzo di mercato dei titoli obbligazionari in oggetto è stato sostanzialmente stazionario dal giorno di emissione (20/7/2005) fino al giugno 2007; nel mese di agosto 2007 ha iniziato a scendere vertiginosamente con un breve rialzo alla metà di settembre, per procedere poi nella discesa con un forte picco in ribasso nel marzo 2008, un rialzo in aprile e maggio 2008, e una ridiscesa vertifinosa da giugno alla metà di settembre. Ciò disegna le vicende di un titolo che gli investitori più accorti progressivamente rifiutavano. Fra gli investitori più accorti non può annoverarsi una Banca, tanto più se essa, come la convenuta, intratteneva rapporti di mercato e affari con Lehman, come riferisce il CTU" (Tribunale di Venezia). 

Il Giudice è chiaro nel sostenere che la banca non poteva non conoscere la reale situazione del soggetto emittente, sia per il ruolo di investitore istituzionale che, nello specifico, per l'attività commerciale svolta direttamente con Lehman.

Ed anzi, il Giudice veneziano, arriva ad osservare che "In sostanza, la banca, che deteneva uno stock di titoli Lehman, consapevole della progressiva (e non recente) caduta del loro apprezzamento sul mercato, segnale da solo di rischio elevato - ove anche non si fossero avute notizie dirette sulla salute della società emittente [...]".

Tutte queste valutazioni hanno indotto il Tribunale di Venezia, accertata la violazione di norme di condotta da parte dei dipendenti di Banco Popolare, ha annullato l'ordine di investimento, ordinando alla banca la restituzione delle somme versate.

Di seguito, la sentenza del Tribunale di Venezia.

venerdì 6 marzo 2015

Bond Lehman Brothers - banca condannata perché "non poteva non sapere"

La banca non poteva non avere alcuna conoscenza della situazione economica e finanziaria di Lehman Brothers e, di conseguenza, avrebbe dovuto avvertire i propri clienti, invitandoli a non acquistare bond emessi da un soggetto altamente rischioso.

Queste le conclusioni, pressoché simili, raggiunte dai giudici italiani in due recenti sentenze aventi ad oggetto la responsabilità dell'istituto di credito per i danni occorsi al risparmiatore per aver investito i propri denari in obbligazioni Lehman.

I risparmiatori, non avvertiti dal dipendente della banca in merito ai rischi di investimento finanziario, perdevano i capitali investiti a causa dell'improvviso default dichiarato dalla banca d'affari americana in data 15 settembre 2008. 

domenica 7 settembre 2014

Lehman Brothers: la banca non é responsabile se non comunica al cliente il mutamento del rischio di investimento

Le sentenze in materia di acquisto di titoli Lehman Brothers si continuano ad alternare, e si può notare come non esista un orientamento in merito alla responsabilità delle banche per i danni subiti dai clienti per aver acquistato prodotti finanziari altamente rischiosi. 

Non si può negare che la giurisprudenza di merito maggioritaria ha ritenuto di escludere la responsabilità dell'istituto di credito per non aver segnalato al cliente l'elevato grado di rischio dei titoli Lehman, in quanto solo negli ultimi mesi era emerso il reale grado (basso) di affidamento dei bond emessi dalla banca americana. 

Molti giudici, quindi, hanno sostenuto che la stessa banca che ha intermediato i titoli con i propri clienti non si trovava nella posizione di poter accertare l'elevata rischiosità di tali bond, avvisando il cliente del possibile rischio default

In alcune sentenze si legge, peraltro, che non esisterebbe alcun obbligo da parte della banca di informare il cliente, successivamente all'acquisto dei bond Lehman, in merito al mutamento del rischio di investimento, laddove alcuni parametri avevano reso chiaro che la società bancaria americana non avrebbe onorato il proprio debito. 

Il Tribunale di Roma, nella sentenza che potete leggere di seguito, non ha individuato una specifica responsabilità della banca verso il proprio cliente, per non averlo tempestivamente informato in merito al peggioramento della situazione di Lehman successivamente all'acquisto del titolo da parte del risparmiatore. Nel caso di specie, come si evince dalla sentenza, nell'ordine di acquisto del titolo Lehman la banca specificava che "il titolo fa parte dell'elenco delle obbligazioni a basso rischio - rendimento Patti Chiari emesso alla data dell'ordine. In base agli andamenti di mercato il titolo potrà uscire dall'elenco successivamente alla data dell'ordine. Il cliente sarà tempestivamente informato nel caso di una variazione significativa del livello di rischio". 

Il giudice romano ritiene infondata la domanda dell'attore, premettendo che anche se era notorio già dall'inizio del 2008 che i titoli Lehman stavano peggiorando, e che la situazione finanziaria della banca d'affari americana difficilmente sarebbe peggiorata, tale evento si è verificato in modo improvviso in data 15 settembre 2008 e neppure le banche potevano immaginare tale repentina ed imprevista evoluzione. 

Non esiste, secondo il giudice romano, alcun obbligo di informazione di mutamento del livello di rischio del titolo Lehman da parte dell'intermediario bancario nei confronti del cliente, anche se nell'ordine viene indicato un livello di rischio che in seguito muta a causa delle difficoltà attraversate dal soggetto emittente.
Di seguito, la sentenza n. 489 del giorno 11 gennaio 2013.

domenica 31 agosto 2014

Titoli Parmalat - senza contratto, l'investimento è nullo

Torniamo ad affrontare un argomento caldo di questo blog, ossia il rapporto tra intermediario finanziario ed investitore, con particolare riferimento alla vicenda bond Parmalat.

Il Tribunale di Torino, con una recente sentenza, ha ribadito il principio secondo il quale la banca può operare in favore del cliente/risparmiatore, solo in presenza di un contratto quadro sottoscritto da quest'ultimo, con il quale viene conferito mandato all'intermediario di poter acquistare/vendere valori mobiliari.

L'art. 23 del Testo Unico della Finanza dispone che la banca può agire per conto del cliente, acquistando titoli mobiliari, solo nel caso in cui vi sia uno specifico consenso impartito dall'investitore, ossia la firma del contratto dove vengono indicate le modalità di operatività dell'intermediario, i limiti, le comunicazioni periodiche etc.

In assenza di valido contratto quadro, la banca non può agire in favore del cliente, così come ribadito dal Tribunale di Torino, il quale è stato chiamato ad accertare la regolarità degli investimenti in titoli Parmalat operati da una correntista del capoluogo piemontese.

Il giudice, dopo aver accertato che tra le parti non era stato formalizzato in alcun modo il rapporto bancario e che la banca non aveva ricevuto alcun mandato ad operare nel mercato finanziario per conto del correntista, ha dichiarato la nullità degli investimenti in titoli Parmalat, ordinando alla banca di restituire alla risparmiatrice i soldi investiti nei corporate bond agli inizi del 2000.

Di seguito, potete leggere la sentenza

sabato 2 agosto 2014

Argentina: default "selettivo" per 29 miliardi di euro

L’Argentina è stata dichiarata inadempiente per la seconda volta in tredici anni e il suo debito estero è caduto in “default”. Questa è la novità sostanziale che riguarda il paese sudamericano, il quale rivive l’incubo del dicembre 2001. 

La situazione critica era nota da tempo, ma il nuovo disastro argentino è divenuto inevitabile, a seguito del taglio del rating, operato prima da Standard & Poor’s seguito dalle altre principali agenzie di rating internazionali. 

Motivo principale del declassamento? l’Argentina non ha onorato il pagamento di 539 milioni di dollari di interessi su titoli emessi con scadenza 2033, violando l’accordo di concambio sottoscritto con alcuni fondi comuni americani.  

Invero, secondo quanto si legge da fonti sudamericane, l’Argentina ha depositato su un conto corrente di un istituto di credito americano l’importo previsto, ossia i 539 milioni di interessi (per i bond scadenza 2033), ma tale importo sarebbe stato congelato dal Giudice di New York Thomas Griesa, il quale ha agito per conto di alcuni hedge fund americani che pretendono il rimborso integrale dei bond in loro possesso, pari a 1,3 miliardi. 

Da più parti viene sostenuto che il default dichiarato dallo Stato Argentina nasconderebbe il vero contrasto in atto tra il governo sudamericano ed i grandi investitori americani, interessati a recuperare (e lucrare?) gli investimenti operati in Argentina.

L'Argentina, pur disponendo dei denari per adempire ai propri obblighi verso i debitori, sta portando avanti ogni iniziativa volta a "svincolarsi" dalla presa aggressiva dei fondi avvoltoio, ridiscutendo il proprio debito a condizioni più favorevoli.

Al momento la situazione appare alquanto fluida e per i risparmiatori italiani che avessero accettato le proposte di concambio, le prospettive di ottenere le somme dovute si riducono sensibilmente.
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