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domenica 20 agosto 2023

Responsabilità per investimento negativo: il nesso causale può essere presunto

Il provvedimento della Cassazione oggetto del nostro intervento odierno rientra nel florido, mai esaurito, filone delle pronunce in materia di vendita di titoli obbligazionari Argentina, vicenda che ha riguardato molti risparmiatori coinvolti nel crack dello Stato sudamericano del 2001 (vedi qui).

La recente ordinanza della Suprema Corte ha il merito di ricordare alcuni principi che caratterizzano la responsabilità dell'intermediario finanziario nella vendita dei tango bond, ed in particolare ha voluto analizzare il nesso causale (collegamento) tra la violazione degli obblighi informativi gravanti sulla banca e il danno occorso all'investitore.

La banca, infatti, risponde per i danni derivanti dai dalla violazione dei propri doveri di informazione al cliente, al quale omette di rendere noto il rischio di investimento piuttosto che il proprio conflitto di interessi o l'inadeguatezza dell'operazione finanziaria.

Richiamando i precedenti già intervenuti in materia (Cass. 29 dicembre 2011, n. 29864 - Cass. 27 aprile 2018, n. 10286 - Cass. 14 novembre 2018, n. 29353) il provvedimento ricorda che la banca deve risarcire il danno cagionato all'investitore qualora abbia provveduto alla vendita senza aver adempiuto ai propri obblighi informativi.

Il danno risarcibile consiste, osserva la Cassazione, "«nell'essere stato posto a carico di detto cliente un rischio, che presumibilmente egli non si sarebbe accollato»: danno che può essere poi liquidato in misura pari alla differenza tra il valore dei titoli al momento dell'acquisto e quello degli stessi al momento della domanda risarcitoria.".

Tale obbligo informativo non può essere limitato (o addirittura escluso) dalla circostanza che l'investitore sia esperto e propenso ad investimenti ad alto rischio, in quanto la banca è comunque obbligata a fornire al cliente tutte le informazioni inerenti la natura, i rischi  e le caratteristiche del valore mobiliare oggetto di compravendita.

Corte di Cassazione - Sez. I^ Civ. - Ordinanza n. 18293/2023 (visibile con brower Opera - VPN attivo)

lunedì 26 settembre 2016

Rimborso titoli Argentina - il procedimento

In queste ultime settimane è iniziata la procedura di rimborso dei denari verso i possessori dei bond Argentina rimasti scottati dalla moratoria dichiarata nel 2001.

Come già anticipato, i titolari di titoli Argentina hanno ricevuto la felice notizia del rimborso la scorsa primavera (vedi), ed in questi ultimi mesi è stata avviata la procedura che, per parte italiana, è seguita dalle banche italiane. 

Come aderire all'offerta?

Vi ricordiamo, in primo luogo, che l'offerta coinvolge tutti i titolari di obbligazioni Argentina che non abbiano  aderito alle offerte di concambio del 2005 e 2010 e, quindi, siano ancora in possesso dell'obbligazione originale, senza aver aderito all'arbitrato Icsid.

Per aderire alla procedura occorre seguire due diverse strade:

(1) Titoli con codice ISIN "DE": si tratta dei titoli obbligazionari regolati dalla legge tedesca e collocati sul mercato borsistico di Francoforte. Se possedete questi titoli, dovete trovare il modulo sul sito web del Ministero dell'economia  (vedi), compilarlo  e spedirlo aagreementinprinciple@mecon.gov.ar.

(2) Altri titoli Argentina: gli altri titoli emessi dall'Argentina saranno oggetto di rimborso accedendo al sito web del Governo (vedi), ove trovate tutta la procedura per ottenere il pagamento dell'importo previsto. 

lunedì 18 luglio 2016

Tango bond - tassato il rimborso per gli obbligazionisti

E alla fine è arrivato il sospirato rimborso per gli obbligazionisti Argentina, i quali si vedono rimborsare il capitale dopo anni di attesa (vedi). A partire dallo scorso mese di giugno, i titolari di obbligazioni Argentina che non avevano partecipato ad altre operazioni di ristrutturazione, hanno percepito la somma rimborsata dall'Argentina per i titoli caduti in default nel 2001.

Occorre osservare, peraltro, che sulle somme percepite dall'emittente, gli obbligazionisti saranno costretti a versare l'imposta del 12,50%, così come precisato di recente dall'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 30/E del 2016.

L'Agenzia, in particolare, ha chiarito che il trattamento fiscale a cui viene sottoposta l'operazione di rimborso in favore degli investitori, deve essere ricondotto nella categoria del reddito di natura finanziaria, per il quale è prevista la tassazione sulla sola plusvalenza.

Nel caso di specie, la Repubblica Argentina ha previsto un rimborso pari al 150% del valore nominale dei titoli emessi, contro l'annullamento dei tango bond.

Ne consegue che l'obbligazionista percepisce una plusvalenza pari alla differenza tra la somma rimborsata e il valore del titolo all'atto dell'acquisto.

Tale differenza (attorno al 50%) deve essere assoggettata ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi di cui all’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 461/1997, e quindi anche l'Agenzia delle Entrate "parteciperà" alla festa degli obbligazionisti Argentina.

venerdì 20 maggio 2016

Tango bond - arriva il rimborso per i risparmiatori italiani

Oltre cinquantamila piccoli investitori italiani rimasti "scottati" dal default delle obbligazioni Argentina del dicembre 2001 dovrebbero essere rimborsati entro fine giugno 2016  dallo Stato sudamericano.

Questa la novità rilevante emersa, all'esito di una intensa attività di negoziazione avviata negli ultimi mesi e finalizzata al riconoscimento di un congruo indennizzo per  i  titolari di titoli emessi dal Governo di Buenos Aires (vedi qui).

Dato  atto che tale risultato è stato raggiunto con l'attività svolta dalla Task Force Argentina, l'accordo intervenuto nelle settimane scorse prevede un rimborso degli obbligazionisti italiani, si ritiene attorno a cinquantamila, pari al 150% dell'importo nominale versato all'atto dell'acquisto.

Da una nota di TFA risulta che l'importo che l'Argentina sembra disposta a rimborsare, complessivamente pari a circa 1,85  miliardi di dollari, verrà depositato in un conto infruttifero in attesa del disbrigo delle formalità necessarie per consentire il pagamento dei singoli aderenti all'iniziativa avviata da Nicola Stock.


domenica 1 maggio 2016

Contratto quadro firmato dal solo cliente - nulli gli investimenti Argentina

La sentenza in commento rappresenta una significativa novità in materia di rapporti bancari, in quanto la Suprema Corte di Cassazione potrebbe aver deciso di variare il proprio orientamento in materia di validità del contratto di avvio del rapporto di intermediazione bancaria (ex art. 23 TUF) o contratto per i servizi bancari (art. 117 TUB), nel caso in cui sia sottoscritto da una sola delle parti, il cliente.

La Cassazione, superando il precedente orientamento, ha deciso di considerare privo di validità il contratto quadro privo di sottoscrizione della banca, consentendo al cliente di valersi degli effetti della nullità, rappresentati nel caso di specie dalla possibilità di ottenere la restituzione degli importi investiti in titoli Argentina.

- Intermediazione finanziaria e rapporti bancari - il precedente orientamento giurisprudenziale

In materia di intermediazione finanziaria, l’art. 23 del Testo Unico della Finanza dispone che il contratto con il quale il risparmiatore conferisce mandato alla negoziazione dei titoli alla banca debba essere redatto  per iscritto, a pena di nullità.

L'art. 117 del TUB prevede il medesimo obbligo di forma scritta anche per i restanti contratti aventi ad oggetto rapporti bancari.

Si tratta di norme poste a tutela del consumatore che impongono al professionista di comunicare per iscritto al cliente tutte le norme  del contratto: nel caso di carenza di sua firma, il cliente può far dichiarare la nullità delle operazioni di borsa disposte per violazione dell’art. 23 del TUF, con conseguente ripetizione degli importi investiti.

Ma cosa succede quando il contratto quadro difetta della firma della banca?

La giurisprudenza di merito è stata sempre costante nell'affermare che in ipotesi di assenza della firma da parte della banca, tale carenza non produrrebbe i medesimi effetti giuridici appena richiamati, ossia la nullità del rapporto bancario.
 
L’orientamento maggioritario formatosi nella giurisprudenza di merito è stato avvallato dalla Corte di Cassazione , la quale ha affermato che nel caso in cui risulti prodotta in giudizio la sola copia del contratto quadro sottoscritta dal cliente, la banca può dimostrare la propria volontà, ossia l’accettazione delle condizioni contrattuali sottoscritte dal risparmiatore, attraverso condotte successive alle quali attribuire valore equipollente della sua adesione, purché il cliente non abbia revocato il consenso o sia deceduto .

-        Cassazione n.5919/2016

Questo orientamento è stato abbandonato dalla Cassazione con la sentenza in oggetto, con valorizzazione del requisito formale della forma scritta.

La Corte premette che l’art. 23 del TUF è norma che dispone una specifica ipotesi forma scritta a pena di nullità, introducendo l’obbligo di produzione in giudizio delle sottoscrizioni del contratto, anche contenute in documenti diversi, di entrambe le parti.

Il giudice di legittimità nega nega la possibilità che il consenso espresso dall’intermediario bancario, in difetto di sua sottoscrizione, possa essere ricavato in altro modo (ad esempio con l'invio degli estratti di conto corrente, o per mezzo di dichiarazioni rese dal cliente) o comunque in via presuntiva.

Nemmeno sotto il profilo della prova della sottoscrizione, la sentenza chiarisce che ogni prova distinta dalla sottoscrizione deve essere vietata (come ad esempio la prova testimoniale), intervenendo il limite di cui all’art. 2725 c.c..

La Corte, infine, affronta l’ipotesi ove la Banca depositi in giudizio la copia del contratto, manifestando la propria intenzione di avvalersi degli effetti giuridici del documento versato in atti.

Secondo la Cassazione, questa produzione ha efficacia ex nunc e non ex tunc, nel senso che l’effetto giuridico voluto dall’intermediario, ossia la sua manifestazione di volontà, produce i suoi effetti giuridici solo in seguito al deposito dello stesso, e non per il periodo antecedente.

Ne consegue che gli ordini di investimento in titoli Argentina conferiti dal cliente nel periodo antecedente al giudizio e quindi in carenza di valido contratto, devono comunque essere considerati nulli per violazione dell’art. 23 TUF. 

Tale nullità non può essere, come osserva la Cassazione, nemmeno superata dalla convalida del contratto da parte del cliente, vigendo il principio dell’inammissibilità ex art. 1423 c.c.

In conclusione, con questa sentenza la Cassazione sembra voler attribuire valore centrale all’accordo tra i contraenti, quale requisito per la validità del contratto, limitando fortemente il valore di eventuali condotte successive tenute dalle parti ai fini della prova del requisito di esistenza del contratto.


domenica 3 aprile 2016

Titoli di borsa ad alto rischio e non adeguati? la banca non li deve vendere al risparmiatore

Negli ultimi anni si sono susseguite con frequenza le sentenza dei giudici di merito e della Cassazione che hanno affrontato gli obblighi di condotta della banca nei confronti del cliente/risparmiatore nella vendita di valori mobiliari.

Molte sentenze hanno riconosciuto la responsabilità dell'intermediario bancario che non abbia fornito al cliente adeguate informazioni sul rischio di investimento collegato all'acquisto di un prodotto finanziario emesso da soggetto estero, negoziato fuori dai mercati regolamentati e ad elevato rischio di insolvenza.

L'omessa o parziale segnalazione dei rischi da parte dell'intermediario bancario è stata punita dai giudici, i quali hanno sanzionato la carenza organizzativa della banca con l'obbligo di restituire ai risparmiatori le somme investiti in titoli ad alto rischio.

La sentenza n. 1376/2016 della Corte di Cassazione, pubblicata lo scorso 26 gennaio 2016, è innovativa perché rafforza il dovere della banca di valutare con accuratezza se il prodotto finanziario offerto/sollecitato al cliente sia conforme al suo profilo di rischio e alle sue aspettative finanziarie.

L'intervento della Suprema Corte, per quanto faccia riferimento ad un quadro normativo non più esistente, è di interesse perché si spinge ad affermare che se l'intermediario bancario ritiene che vi sia un elevato grado di pericolosità del prodotto finanziario oggetto di negoziazione, deve informare in modo preciso ed appropriato il cliente e, ritenuto il grado di inadeguatezza dello strumento finanziario rispetto al risparmiatore, può spingersi a non vendere il prodotto finanziario.

La Cassazione torna a trattare l'argomento "adeguatezza dell'investimento" spiegando, in un passaggio della sentenza n. 1376/2016,  che "In tal senso si è, peraltro, già da tempo espressa la giurisprudenza di questa Corte, laddove ha affermato che, in tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l'obbligo di fornire all'investitore un'informazione adeguata in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze dei singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un'operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall'investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (cfr. Cass. 17340/2008; Cass. 22147/2010).
 
A tal fine, si è - tuttavia - osservato che la dichiarazione resa dai cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell'investimento suggerito e sollecitato dalla banca (nella specie in "bond" argentini) e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d'investitore, non può - di certo -costituire dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all'affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo (Cass. 6142/2012). Tale dichiarazione può, al più, comprovare l'avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull'intermediario, sempre che sia corredata da una, sia pure sintetica, indicazione delle caratteristiche del titolo, in relazione al profilo dell'investitore ed alla sua propensione al rischio, tali da poterne sconsigliare l'acquisto, come nel caso in cui venga indicato nella dichiarazione che si tratti di titolo non quotato o emesso da soggetto in gravi condizioni finanziarie (Cass. 4620/2015).".

E quindi, non è sufficiente la mera dichiarazione di informativa sulla inadeguatezza dell'investimento fornita dal cliente alla banca, per liberare quest'ultima dal dovere di valutazione di adeguatezza dell'investimento.

La banca, spiega la Corte, può anche arrivare a non dare seguito all'ordine di investimento inadeguato al cliente, laddove il livello del rischio,  e ci permettiamo di aggiungere il livello delle informazioni a disposizione dello stesso intermediario, siano tali da suggerire anche il recesso dal contratto di borsa.

La Cassazione, sul punto, è chiara nella sua esposizione evidenziando che nell'ipotesi di vendita di bond argentini, oggetto della sentenza, se vi sono specifici rischi devono essere resi noti al cliente e solo dopo vi potrà essere una valutazione di adeguatezza, come spiegato dal giudice in questo passaggio "1) la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto; 2) la precisa individuazione del suo emittente (precisandosi, in particolare, se si tratta di uno Stato, di un ente locale, o di una società privata), non essendo sufficiente la mera indicazione che si tratta di un "Paese emergente"; 3) il rating nel periodo di esecuzione dell'operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; 4) eventuali situazioni di grey market, ovverosia di carenza di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo; 5) l'avvertimento circa il pericolo di un imminente default dell'emittente; è configurabile la responsabilità dell'intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso, dal momento che la professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone di valutare comunque l'adeguatezza di quell'operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà di recedere dall'incarico, per giusta causa, ai sensi degli artt. 1722, comma 1, n. 3, 1727, comma 1, cod. civ. e 24, comma 1, lett. d) del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (nel testo applicabile ratione temporis), qualora non ravvisi tale adeguatezza"".

Qui di seguito, la sentenza della Corte di Cassazione n. 1376/2016

sabato 13 febbraio 2016

Argentina: arrivano i rimborsi del TFA?

Potrebbe trovare un esito positivo l'iniziativa avviata dalla Task Force Argentina, presieduta da Nicola Stock ed organizzata dall'Abi per aiutare i risparmiatori italiani rimasti coinvolti nella moratoria dichiarata dal Governo di Buenos Aires (vedi qui).

La TFA, sorta dopo pochi mesi dal default argentino, aveva ottenuto scarsi risultati, tanto da far sorgere in molti (tra i quali anche questa associazione) qualche dubbio in merito all'effettiva capacita mediatrice del soggetto giuridico creato ad hoc.

Ed invece pare che Nicola Stock abbia raggiunto un accordo con le autorità argentine, consentendo un recupero del capitale perduto ai 50.000 risparmiatori che hanno aderito al progetto TFA.

Così si legge nel recente comunicato rilasciato dalla Task Force che così esordisce  "Il Ministero del Tesoro e della Finanza Pubblica della Repubblica Argentina e la Task Force Argentina (TFA) annunciano di aver raggiunto un accordo preliminare per risolvere la controversia basata sul Trattato bilaterale Italia - Argentina nell'arbitrato presso il Tribunale ICSID della Banca Mondiale in cui si è richiesto il risarcimento dei danni per violazione dei diritti rivenienti dal diritto internazionale di circa 50.000 obbligazionisti retail italiani detentori di circa 900 milioni di bond argentini in default rappresentati dalla Task Force Argentina".

Con l'accordo, che però deve essere sottoposto all'approvazione del parlamento argentino, viene previsto il pagamento in favore dei risparmiatori di un importo, in contanti, pari al 150% del capitale investito, questo secondo quello che si legge nel comunicato TFA.

Il pagamento dovrebbe essere disposto a seguito dell'approvazione, nel breve spazio di alcuni mesi, con conseguente esaurimento dell'attività svolta dalla Task Force Agentina.

 

sabato 2 agosto 2014

Argentina: default "selettivo" per 29 miliardi di euro

L’Argentina è stata dichiarata inadempiente per la seconda volta in tredici anni e il suo debito estero è caduto in “default”. Questa è la novità sostanziale che riguarda il paese sudamericano, il quale rivive l’incubo del dicembre 2001. 

La situazione critica era nota da tempo, ma il nuovo disastro argentino è divenuto inevitabile, a seguito del taglio del rating, operato prima da Standard & Poor’s seguito dalle altre principali agenzie di rating internazionali. 

Motivo principale del declassamento? l’Argentina non ha onorato il pagamento di 539 milioni di dollari di interessi su titoli emessi con scadenza 2033, violando l’accordo di concambio sottoscritto con alcuni fondi comuni americani.  

Invero, secondo quanto si legge da fonti sudamericane, l’Argentina ha depositato su un conto corrente di un istituto di credito americano l’importo previsto, ossia i 539 milioni di interessi (per i bond scadenza 2033), ma tale importo sarebbe stato congelato dal Giudice di New York Thomas Griesa, il quale ha agito per conto di alcuni hedge fund americani che pretendono il rimborso integrale dei bond in loro possesso, pari a 1,3 miliardi. 

Da più parti viene sostenuto che il default dichiarato dallo Stato Argentina nasconderebbe il vero contrasto in atto tra il governo sudamericano ed i grandi investitori americani, interessati a recuperare (e lucrare?) gli investimenti operati in Argentina.

L'Argentina, pur disponendo dei denari per adempire ai propri obblighi verso i debitori, sta portando avanti ogni iniziativa volta a "svincolarsi" dalla presa aggressiva dei fondi avvoltoio, ridiscutendo il proprio debito a condizioni più favorevoli.

Al momento la situazione appare alquanto fluida e per i risparmiatori italiani che avessero accettato le proposte di concambio, le prospettive di ottenere le somme dovute si riducono sensibilmente.

venerdì 13 dicembre 2013

Bond Argentina, previsto per il giugno 2014 l’ultimo giro di tango per l’Icsid

I possessori di titoli Argentina che hanno deciso di aderire all'arbitrato mondiale contro lo Stato Argentino per ottenere il rimborso dei propri risparmi potrebbero ricevere una risposta entro il prossimo anno. 

E’ stata, infatti, fissata per il prossimo giugno 2014 l’ultima udienza del giudizio avviato dai risparmiatori italiani contro l’Argentina per il rimborso delle somme investite in tango bond, e dichiarate non esigibili nel dicembre 2001, a seguito della Moratoria sul debito estero annunciata dal Governo del paese sudamericano. 

Ricordiamo che questa decisione interessa coloro, quasi cinquanta tremila secondo la Task Force Argentina, che non hanno aderito alle offerte di concambio avanzate dall'Argentina del 2005 e del 2010, e non hanno portato in giudizio la propria banca. Sono i risparmiatori italiani che hanno deciso di avviare l’arbitrato internazionale nei confronti del soggetto emittente (vedi). 

Successivamente al default dichiarato dall'Argentina  i procedimenti avviati nei confronti dello Stato sudamericano sono stati molti, ed in particolare si parla di quattordici class action avviate di fronte al Tribunale di New York, e 18 arbitrati Icsid, tra cui quello dei risparmiatori italiani, pendenti presso l’organismo della Banca mondiale. All'esito dell’ultima udienza dell’arbitrato, il giudice dovrebbe assumere la decisione entro pochi mesi.

venerdì 11 ottobre 2013

Offerta fuori sede di prodotti finanziari: il decreto del fare limita il diritto di recesso

Il recente provvedimento legislativo adottato dal Governo (decreto del fare) ha di fatto limitato la novità introdotta in materia di intermediazione finanziaria dalla sentenza n. 13905/2013, con la quale la Corte di Cassazione ha rivoluzionato le norme in materia di offerta fuori sede di prodotti finanziari, estendendo l’obbligo di comunicazione del diritto di ripensamento per ogni operazione di acquisto di strumenti finanziari.

domenica 3 marzo 2013

L’ordine di borsa impartito via telefono è legittimo

Impartire un ordine di borsa mediante telefono è legittimo e rispettoso del requisito di forma previsto dall’ art. 23 del Testo Unico della Finanza.

La Corte di Cassazione ha ribadito questo principio con la sentenza n. 2185/2013 pronunciata lo scorso dicembre 2012, con la quale ha deciso un ricorso proposto da un risparmiatore ed avente ad oggetto l’acquisto di titoli Argentina.

Il Giudice di legittimità ha chiarito che l’obbligo di forma scritta ai fini della validità del rapporto banca/utente vale solo per il contratto quadro, ossia l’accordo con il quale le parti stabiliscono “le regole del gioco”, ovverosia le modalità con le quali l’ordine di borsa può essere impartito, eventuali categorie di operazioni che possono essere effettuate, gli avvisi che la banca deve comunicare periodicamente etc.

Tale obbligo di forma scritta obbligatoria non esiste, invece, per i singoli ordini di borsa che possono, di conseguenza, essere anche impartiti dal cliente per via telefonica.

Quest'ultimo non può, di conseguenza, contestare l'inesistenza dell'ordine di borsa per carenza di forma scritta, in quanto la comunicazione telefonica può essere equiparata all'ordine scritto (se tale modalità di comunicazione dell'ordine di borsa è prevista nonché disciplinata nel contratto quadro).

Sul punto, la posizione della Cassazione è assolutamente tranchant L'art. 23 del TUF dispone espressamente, a pena di nullità deducibile solo dal cliente, che i contratti relativi alla prestazione di servizi d'investimento debbono essere redatti per iscritto, fatta salva la possibilità che, per particolari tipi contrattuali, la Consob (sentita la Banca d'Italia) individui con regolamento una forma diversa. Tale disposizione, tuttavia, come già affermato da questa Corte (Cass. 22 dicembre 2011, n. 28432) si riferisce unicamente al contratto-quadro e non anche ai successivi atti negoziali aventi ad oggetto i singoli ordini del cliente che l'intermediario è tenuto ad eseguire. In questo senso, secondo la citata sentenza, rileva anzitutto la formulazione dell'art. 30, comma 1, del regolamento Consob n. 11522/1998, "il quale, impostando il tema dal punto di vista degli obblighi comportamentali gravanti sugli intermediari autorizzati, chiarisce che costoro non possono prestare i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto: espressione da cui agevolmente si ricava come il requisito della forma scritta riguardi il c.d. contratto-quadro, che è appunto quello sulla base del quale l'intermediario esegue gli ordini impartiti dal cliente, e non anche il modo di formulazione degli ordini medesimi. La modalità di tali ordini ed istruzioni, viceversa, è previsto sia indicata nel medesimo contratto-quadro (art. 30, cit., comma 2, lett. e), e quindi, lungi dall'essere soggetta ad una qualche forma legalmente predeterminata, è rimessa alla libera determinazione negoziale delle parti". Nello stesso senso, secondo la citata decisione, rileva il disposto dell'art. 60 del citato regolamento Consob che, prevedendo l'obbligo degli intermediari di registrare su nastro magnetico o su altro supporto equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dagli investitori, da un lato, ribadisce la piena legittimità di ordini telefonici e, d'altro canto, si limita a dettare una regola che opera soltanto sul piano della prova per garantire ex post la ricostruibilità del contenuto di tali ordini.”.
Di seguito, il testo integrale della sentenza pronunciata dalla Suprema Corte di Cassazione.

domenica 23 dicembre 2012

Dicembre 2001 - dicembre 2012: quali possibilità di recupero per i possessori "tango bond"

Sono trascorsi 11 anni dal default dichiarato dall'Argentina, con conseguente impossibilità per gli investitori italiani di poter riottenere il capitale investito.

Nel dicembre 2001, l'Argentina dichiarava ufficialmente di non poter onorare il proprio debito accumulato nei confronti degli investitori – nazionali e stranieri – ed esercitava il diritto di moratoria previsto nei documenti informativi che accompagnavano la vendita dei tango bond: le Offering Circular.

Il documento informativo di cui trattasi così avvertiva i potenziali acquirenti Gli investitori che prendono in considerazione la possibilità di acquistare le Obbligazioni sono invitati a fare la loro scelta su un’accurata valutazione dei particolari qui di seguito descritti.
L’emittente è uno Stato che, dopo la crisi debitoria degli ultimi dieci anni, nel 1993 ha di fatto rinegoziato totalmente il debito del settore pubblico nei confronti di 750 istituti bancari
”.

Tale evento si verificava il 24 dicembre 2001, allorché l'Argentina dichiarava la Moratoria sul proprio debito estero, ossia la propria impossibilità di poter onorare gli impegni economici verso gli investitori stranieri.

Sono trascorsi 11 anni dalla Moratoria dichiarata dal Governo argentino e molte iniziative sono state intraprese per la tutela dei consumatori italiani.

Una larga parte degli investitori italiani ha aderito alla "ristrutturazione" del debito estero del 2005, traendone vantaggio, in quanto hanno recuperato un valore tra il 30% e il 35% del valore nominale investito.

Molti investitori italiani hanno aderito alla iniziativa della Task Force Argentina (TFA), Organismo ad hoc creato dall'Associazione Bancaria Italiana, la quale ha avviato un arbitrato internazionale presso il Tribunale di New York (ICSID).

Ad oggi, questa procedura non è ancora arrivata nella fase di merito e, secondo la più ottimistica previsione, solo nell'ottobre 2013 dovrebbe esservi una decisione definitiva con la possibilità per gli investitori italiani di poter ottenere la restituzione dei propri denari.

Oltre a questa possibilità, i risparmiatori italiani stanno continuando ad agire nei confronti della banca che ha negoziato l'acquisto delle obbligazioni Argentina, contestando la violazione delle norme di condotta e chiedendo il risarcimento del danno sofferto.

Nel blog potete trovare molti precedenti dei tribunali italiani ove è stata riconosciuta la responsabilità della banca per il danno subito dal cliente con conseguente risarcimento di quest'ultimo.

domenica 27 maggio 2012

Banca responsabile del danno subito dall'investitore per l'acquisto di tango bond

Questa settimana proponiamo la sentenza con la quale la Cassazione è tornata ad affrontare la vicenda tango bond, riconoscendo la responsabilità della banca per il danno subito dal proprio cliente a seguito dell'acquisto di titoli caduti successivamente in default.


venerdì 11 maggio 2012

TFA proroga di un anno la propria attività per i risparmiatori bidonati con i bond Argentina


La Task Force Argentina era nata nel 2002, grazie alla fattiva collaborazione dell' ABI, per tutelare i risparmiatori italiani bidonati con l'acquisto delle obbligazioni Argentina (i famigerati tango bond).

L'Associazione per la tutela degli investitori in titoli argentini prometteva, già nel lontano 2002, la rapida soluzione della questione in favore degli investitori italiani, con rimborso del capitale investito nelle obbligazioni.

La Task Force Argentina, presieduta da Nicola Stock, avviava un arbitrato internazionale nei confronti dello Stato Argentino, il quale è stato convenuto in giudizio di fronte al Tribunale arbitrale di New York (c.d. icsid).

L'azione legale proposta avanti al giudice americano avrebbe dovuto, o almeno così era nelle intenzioni dei promotori di tale iniziativa, concludersi in pochi anni con una soluzione favorevole per i piccoli investitori italiani.

Le cose non sono andate nel senso sperato dal fin troppo ottimista Nicola Stock, ed oggi la controversia è ancora "bloccata" davanti ai giudici americani.

La situazione è stata così sottovalutata dal TFA che ha costretto la stessa Associazione, inizialmente pensata con scadenza al 31 dicembre 2012, a prorogare il proprio mandato in favore degli oltre 70.000 investitori italiani fino al 31 dicembre 2013.

Basterà la proroga di un anno per vedere conclusa la vicenda e considerare chiusa l'esperienza di TFA? ci permettiamo di suggerire a Nicola Stock di prorogare per qualche altro anno la vita dell'Associazione perché forse la vicenda icsid richiederà la presenza della Task Force per ancora molto tempo.  

venerdì 2 dicembre 2011

Ancora 22 giorni per "bloccare" la prescrizione dell'azione legale per agire contro la banca che vi ha venduto i titoli Argentini

Tempi stretti per chi intende agire contro la propria banca che ha venduto i titoli Argentina, in quanto il prossimo 24 dicembre 2011 scatta la prescrizione del diritto di risarcimento del danno per inadempimento da parte dell'intermediario finanziario.

Premessa: 24 dicembre 2001 - i titoli Argentina cadono in default
 
Nel dicembre 2001, l'Argentina dichiara ufficialmente di non poter onorare il proprio debito accumulato nei confronti degli investitori – nazionali e stranieri – ed esercita il diritto di moratoria previsto nelle offerte di vendita dei vari prestiti obbligazionari.


giovedì 15 settembre 2011

Da Trentino inBlu al blog: obbligazioni Argentina – il giudice americano si esprime in favore dei risparmiatori italiani

A Trentino inBlu radio sono stati trattati gli ultimi sviluppi della vicenda obbligazioni Argentina e di seguito vi proponiamo alcuni spunti emersi dalla trasmissione.

Novità importanti per gli acquirenti dei tango bond che hanno deciso di adire il tribunale dell'Icsid (Banca Mondiale) al fine di ottenere dall'Argentina la restituzione del capitale investito in obbligazioni.

Ricordiamo che la causa era stata avviata alcuni anni fa dagli obbligazionisti italiani attraverso la TFA (Task Force Argentina), un organismo creato dall'ABI e presieduto da Nicola Stock, con lo specifico fine di chiedere direttamente all'emittente (Argentina) il pagamento delle somme versate con l'acquisto delle obbligazioni. Somme rimaste congelate a seguito del rifiuto di rimborso opposto dal Governo Argentino nel dicembre 2001 con la dichiarazione di moratoria del debito estero.

La controversia legale è a lungo rimasta “bloccata” in quanto il giudice americano doveva valutare l'esistenza della propria giurisdizione rispetto all'azione, ovvero se il tribunale fosse o meno competente a decidere sull'intera vicenda.

Dopo aver a lungo atteso, lo scorso 4 agosto 2011 il tribunale dell'Icsid ha depositato il provvedimento con il quale si è dichiarato competente a decidere nel merito la causa, ordinando di avviare la discussione del merito della vicenda.

Questa decisione ha di fatto cancellato una delle principali difese proposte dalla Repubblica Argentina, la quale puntava sull'assenza di potere di decisione da parte del tribunale e conseguente affossamento della causa intentata dagli obbligazionisti italiani nei propri confronti.

Nicola Stock ha espresso soddisfazione per il provvedimento adottato ed ha osservato che “la decisione è un successo ed una soddisfazione per gli obbligazionisti italiani e sancisce il loro diritto ad avviare azioni legali contro l'Argentina”.

E' evidente, infatti, che l'esito positivo dell'azione legale – per la quale questa Associazione esprime ancora una volta i propri dubbi – appare più vicino alla luce del provvedimento pronunciato dal giudice americano.

Continueremo ad agire affinché sia stabilita la responsabilità dell'Argentina al fine di ottenere un equo risarcimento del danno patito dagli obbligazionisti italiani” ha aggiunto Stock, manifestando un nuovo ottimismo.

Stock dimentica, però, che il giudice americano ha risolto, solo dopo 5/6 anni, una questione preliminare e ancora non è stata avviata la fase di discussione del merito della vicenda.

In altri termini, a distanza di 10 anni dalla moratoria dichiarata dalla Repubblica Argentina, il processo nei confronti di quest'ultima non è ancora di fatto iniziato.

A ciò si aggiunga, e questo rende più incerta la bontà di questa azione legale, che anche in caso di esito positivo dell'azione giudiziaria avviata da TFA, non si intuisce in che modo potranno essere recuperati i soldi dei risparmiatori italiani.

Tutti questi aspetti rendono poco credibile, a parere nostro, questa azione legale anche se registriamo il punto segnato da TFA nei confronti dell'Argentina. 

domenica 6 marzo 2011

Cassazione: quando la banca vende i bond deve informare adeguatamente il cliente

Lo scorso mercoledì abbiamo affrontato i c.d. "tango bond" nella nostra trasmissione settimanale con Trentino inBlu Radio. Questa settimana proponiamo una sentenza con la quale la Cassazione è intervenuta in materia di vendita di obblicazioni Argentina ed ha stabilito il principio secondo il quale la banca, prima di effettuare operazioni, ha l'obbligo di fornire all'investitore/consumatore tutte le informazioni adeguate al caso concreto.
Il dipendente della banca, quindi, deve adeguare il livello delle informazioni da comunicare al cliente in ragione delle specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e alle sue prospettive/finalità di investimento.

giovedì 3 marzo 2011

Da Trentino in Blu al blog: obbligazioni Argentina - a che punto siamo?

La trasmissione di Consumatore Informato di questa settimana si è interessata alle possibili soluzioni che il possessore di titoli Argentina può percorrere a distanza di quasi dieci anni dalla dichiarazione di Moratoria del debito estero da parte dello Stato Argentino.

L'argomento è già stato trattato in questo blog, ma vale la pena ritornare sul punto analizzando brevemente le soluzioni adottate dagli obbligazionisti Argentina in questi anni.

Come è oramai noto, il 22 dicembre 2001, nonostante i ripetuti interventi del Fondo Monetario Internazionale, la Repubblica Argentina dichiara la Moratoria ed interrompe il pagamento dei propri debiti nei confronti degli investitori.

Molti piccoli risparmiatori si trovano, nello spazio di pochi giorni, senza la possibilità non solo di poter percepire gli interessi collegati al titolo acquistato, ma di non poter nemmeno vendere il bond.

Negli anni si sono sviluppate diverse possibilità per l'obbligazionista per poter rientrare dei denari erroneamente investiti nelle obbligazioni Argentina.



- I concambi proposti dal Governo Argentina
La prima strada percorsa dal risparmiatore italiano (e trentino) è stata quella di accettare le inique offerte di concambio proposte dall'Argentina, la quale già nel 2005 avanzava una proposta di scambio dei titoli.

Secondo i termini dell'offerta, il risparmiatore doveva rendere il titolo caduto in default (insolvenza) e acquistarne uno con scadenza oltre il 2030 per un valore pari al 30 – 35% di quello inizialmente acquistato.

A questa offerta, che ha trovato il riscontro di parte degli investitori privati italiani, è seguita, lo scorso 30 aprile 2010, una seconda offerta formalizzata dal Governo Argentino.

Queste offerte, se da un lato hanno portato una grave perdita per i risparmiatori, dall'atro punto di vista hanno permesso a questi ultimi di ottenere una chiusura di tutta la vicenda Argentina.

Secondo il Prof. Scienza, il recupero effettivo degli obbligazionisti Argentina sarebbe stata superiore, così come chiarito qualche mese fa su questo stesso blog“Capire quanto è stato effettivamente recuperato non è immediato e varia leggermente da titolo a titolo. Nel caso in particolare dei piccoli risparmiatori, bisogna sommare cinque voci (vedi tabellina), arrivando così a circa 54 euro per ogni 100 di valore nominale delle obbligazioni originarie. È più di quanto ci si aspettava al momento dell’offerta, perché i titoli argentini sono complessivamente saliti. È però comunque meno rispetto a quanti, in barba ai tanti cattivi consigli, aderirono già nel 2005. Costoro hanno ottenuto 6,7 euro aggiuntivi grazie ai pagamenti dello strano titolo Argentina Pil 2035, con un recupero complessivo intorno ai 61 euro.”.

Ecco il calcolo proposto dal Prof. Scienza




- L'azione giudiziaria proposta contro l'Argentina con la TFA

La Task Force Argentina nasce nel settembre 2002, allorchè un gruppo di banche, attraverso l'ABI, decide di istituire un soggetto che rappresenti gli interessi dei risparmiatori di fronte allo Stato Argentino.

La TFA viene presieduta da Nicola Stock, il quale si dichiara subito fiducioso di ottenere giustizia in favore degli investitori italiani attraverso un'azione comune nei confronti del Governo Argentino.

Viene avviato un arbitrato internazionale nei cofronti dello Stato Argentino, il quale viene convenuto in giudizio di fronte al Tribunale arbitrale di New York (c.d. icsid).

A che punto siamo?


Dal comunicato si intuisce che il Giudice deciderà, a breve (!?!), se il Tribunale arbitrale è competente a decidere la causa, oppure se non esiste la giurisdizione con rinvio ad altro Organo Giurisdizionale.

In altri termini, a marzo 2011 il Tribunale non ha ancora affrontato il merito della questione, ovvero se i titoli Argentina potevano essere venduti a soggetti privati e se i piccoli risparmiatori possono ottenere giustizia nei confronti dello Stato Argentino.

L'adesione all'arbitrato non ha portato, quindi, alcuna soddisfazione in favore degli investitori.

- Azione giudiziaria nei confronti della banca intermediaria

Qui richiamiamo le considerazioni già svolte qualche tempo fa, ovvero che la strada intrapresa dai risparmiatori e finalizzata all'azione giudiziaria nei confronti delle banche ha trovato, sino ad oggi, seguito limitato ma grandi soddisfazioni.

Le azioni legali avviate dagli investitori nei confronti degli intermediari finanziari si sono moltiplicate con esiti assolutamente positivi.

I tribunali italiani hanno individuato gravi responsabilità da parte delle banche, le quali hanno venduto con eccessiva leggerezza i titoli Argentina a piccoli risparmiatori privi di esperienza e conoscenza in materia finanziaria.

I risparmiatori che hanno intrapreso la strada dell'azione civile nei confronti della banca venditrice hanno, in generale, ottenuto soddisfazione vedendo ritornare non solo il capitale investito, ma anche gli interessi legali maturati dalla data di investimento.

Questa strada, osteggiata dal sistema bancario, ha consentito al piccolo risparmiatore di ottenere giustizia ed ha costretto le banche ad adottare sistemi informativi più adeguati al servizio offerto.

Attenzione ai termini di prescrizione del diritto di risarcimento del danno contrattuale che si estinguono passati 10 anni dal momento in cui si verifica il danno (la Moratoria): per chi non lo avesse già fatto, consigliamo di inviare una lettera di diffida per l'interruzione dei termini di prescrizione.

Di seguito, un estratto della trasmissione del 2 marzo 2011.

lunedì 22 novembre 2010

Il concambio Argentina 2010 e gli strani ritardi nel rimborso

La notizia arriva dal supplemento del Sole24Ore, Plus24, di sabato 20 novembre 2010, ma già da tempo nei vari forum si era levata una lenta, ma continua, protesta per il ritardo dimostrato  da alcuni grossi gruppi bancari nazionali nelle operazioni di concambio dei vecchi titoli Argentina con le nuove obbligazioni, o con le relative somme di denaro concesse ai possessori dei tango bond.

Abbiamo già affrontato in questo blog l'offerta di concambio 2010 avanzata dal Governo Argentino, evidenziando che questa strada avrebbe portato il risparmiatore ad una perdita ingente delle somme investite. Questa strada aveva, ed ha tuttora, il pregio di dare certezza nel rientro, seppur parziale, delle somme investite prima del 2001.

A quanto pare, però, molti risparmiatori si trovano a dover ancora attendere il concambio 2010 a causa di alcuni "strani" ritardi da parte delle banche, le quali giustificano l'ennesimo disservizio con semplici questioni tecniche.

Riteniamo evidente che ancora una volta molti istituti di credito hanno perduto l'occasione per dimostrare la loro professionalità e la volontà di assistere realmente la clientela che già ha dovuto attendere così tanto tempo per ottenere una piccola parte dei soldi "bruciati" con i tango bond.

Consob e Bankitalia dovrebbero, a nostro parere, intervenire ed accertare le ragioni di questi strani ritardi. 

lunedì 12 luglio 2010

«La lezione del (mancato) rimborso dei bond argentini» - Beppe Scienza

Per i titoli dell’Argentina siamo all’ultimo atto. Scade il prossimo 22 giugno la nuova Offerta pubblica di scambio (Ops) del governo di Buenos Aires, rivolta a chi ha ancora obbligazioni emesse prima del 2002. Ma il punto non è la convenienza ad accettarla. La vicenda è interessante per vari motivi. In particolare perché aiuta a capire quanto poco l’Italia sia un paese normale; e quanto spesso in Italia i tiri mancini arrivino da chi dovrebbe stare dalla propria parte.

La storia inizia con la diffusione dei titoli di stato argentini dagli anni ’90 fino al patatrac del dicembre 2001, quando l’Argentina smette di pagare interessi e rimborsi. È il cosiddetto default, che si abbatté su circa 450 mila risparmiatori italiani, vittime in parte della ricerca spensierata di rendimenti persino del 10%, in parte dei consigli avventati di molte banche.

Passa circa un anno e le banche italiane s’inventano la Task Force Argentina (Tfa), un’iniziativa con l’unico vero fine di tenere buoni i risparmiatori che rumoreggiavano e distoglierli da cause contro di esse. Gli mettono a capo un certo Nicola Stock e la stampa economica, anziché smascherare la manovra, gli dà credito e lo intervista in continuazione (ora un po’ meno) come se l’attività della Tfa potesse avere una qualche utilità per i risparmiatori coinvolti.

Arriva poi il dicembre 2004 e l’Argentina propone un compromesso. Quanto offre è stimabile prudenzialmente fra il 35 e 40 per cento del valore delle obbligazioni fallite, che è comunque meglio di niente.

Pronta la Tfa dichiara l’offerta “assolutamente inaccettabile” (3-1-2005). Scrive a caratteri cubitali e tutto maiuscolo “NON ACCETTARE L’OFFERTA” (Avviso ai bondholders del 14-1-2005). Addirittura si inventa una risibile minaccia di pignoramenti, sequestri ecc. per gli interessi corrisposti dai nuovi titoli (Nota del 14-1-2005). E tutto ciò con l’avallo delle banche italiane (Comunicato Abi del 19-1-2005). In compenso promette mare e monti, cioè di ottenere il rimborso integrale e anche tutti gli interessi arretrati.

Ma in fondo cosa c’è d’aspettarsi da un’iniziativa finanziata dalle banche italiane? La cosa indecente è che quasi tutte le associazioni di consumatori (Adiconsum, Codacons, Federconsumatori, Unione Nazionale Consumatori ecc.) e la ditta Altroconsumo si appiattiscono sulla posizione della Tfa e perorano la causa del rifiuto. Le inducono a tale scelta sciagurata le troppe connivenze con il sistema bancario italiano, a dispetto delle incendiarie dichiarazioni di facciata, la loro incompetenza in materia e la volontà di imbastire una lotta politica… coi soldi dei risparmiatori. Siamo cioè al livello del proverbiale: “Armiamoci e partite!”.

I pochissimi che in Italia scrissero chiaro e tondo che conveniva accettare, fra cui il sottoscritto, furono oggetto di insulti e pubblico dileggio, in particolare sulle pubblicazioni della società editoriale Altroconsumo. Ovviamente accettarono in massa gli investitori istituzionali e si guardarono bene dal consigliare il rifiuto le associazioni di consumatori svizzere, austriache e tedesche (Stiftung Warentest), che sono di tutt’altra pasta.

Caso unico nel mondo, circa la metà dei 450 mila risparmiatori rimase col cerino acceso in mano. Si trovarono sul groppone titoli totalmente infruttiferi e, avendo bisogno di soldi, li hanno dovuti vendere a prezzi stracciati. Nel frattempo la Tfa ne ha inventate di tutti i colori, come un insulso ricorso a un organo internazionale (Icsid), ovviamente senza cavare un ragno dal buco.

Chi aderì all’offerta si ritrova ora tutto sommato con 55 euro ogni cento iniziali. Chi invece accetta la nuova Ops, recupererà circa 47 euro, e sa a chi dire grazie per quanto ci rimette.

Si potrebbe poi aprire un capitolo su quegli avvocati che hanno incassato parcelle, intentando cause perse per chiedere impossibili pignoramenti dei consolati e dell’ambasciata argentini.

Un altro capitolo sui politici. Abbiamo Giorgio Benvenuto, che si fece bello andando inutilmente in Argentina nel 2005; l’allora ministro dell’economia Domenico Siniscalco che vantava (13-1-2005) “l’azione ferma del governo nelle varie sedi internazionali”, di cui però non s’è visto nessun risultato; l’attuale sottosegretario all’Economia Luigi Casero che attribuisce a merito dell’esecutivo la struttura dell’attuale ops, che semplicemente ricalca quella del 2005, ecc.

Ma gli italiani hanno già poca stima della classe politica. Particolarmente biasimevoli sono piuttosto le associazioni di consumatori, soprattutto perché recidive. Qualcuna ne sta fuori, come l’Adusbef, ma la maggior parte dà il suo imprimatur all’altra squalificata iniziativa delle banche italiane, ovvero PattiChiari. Su cui ci sarebbe molto da dire, ma forse basta ricordare che consigliava i titoli Lehman Brothers ancora il 15-9-2008, cioè addirittura a fallimento già conclamato.

Beppe Scienza

il Fatto Quotidiano, 18-6-2010 p. 7
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