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domenica 8 marzo 2020

Facebook non è gratis! la conferma arriva dal TAR

Questa domenica usciamo dal tradizionale terreno dei consumatori, e vi proponiamo un recente provvedimento pubblicato dal TAR del Lazio, sentenza del 10 gennaio 2020 n. 261, con il quale è stata parzialmente confermata la sanzione irrogata dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM) a Facebook per pratiche commerciali ingannevoli (vedi qui).

L'Autorità garante aveva sanzionato Facebook per i seguenti motivi:

1. pratica commerciale scorretta ex artt. 20 - 21 del Codice del Consumo per aver fornito informazioni parziali e non trasparenti al consumatore che si iscrive al social network.

In particolare, con la prima registrazione del consumatore, la società americana non era solita fornire all'utente dati ed informazioni chiare e trasparenti in merito alla raccolta ed utilizzo dei dati personali, non escludendo la finalità commerciale.

L'Antitrust, all'esito dell'istruttoria conclusa nei confronti di Facebook, ha accertato che gli utenti non venivano resi edotti sul fine commerciale dell'utilizzo dei propri dati, lasciando intendere che il servizio di social network sarebbe stato gratuito, quando invece il profitto di Facebook consiste nella profilazione dei clienti e la successiva pubblicità: “i ricavi provenienti dalla pubblicità on line, basata sulla profilazione degli utenti a partire dai loro dati, costituiscono l’intero fatturato di Facebook Ireland Ltd. e il 98% del fatturato di Facebook Inc.”.

2. Il provvedimento sanzionatorio di AGCM aveva riguardato anche le pratiche commerciali aggressive ed abusive nei confronti dei consumatori registrati alla piattaforma, con trasferimento dei propri dati a società e siti web specializzati di terzi, in assenza di comunicazione agli utenti e senza un loro consenso.

La sentenza del TAR - Facebook non è gratuito
La vicenda è terminata davanti al TAR Lazio, il quale è stato chiamato a valutare l'attività svolta dal social network e le sue conseguenze verso i consumatori, chiarendo in particolare che Facebook offre il suo servizio ottenendo, in cambio, la possibilità di poter sfruttare i dati personali degli utenti per fini commerciali.

Il giudice amministrativo puntualizza che: "Le tesi di parte ricorrente presuppongono che l’unica tutela del dato personale sia quella rinvenibile nella sua accezione di diritto fondamentale dell’individuo, e per tale motivo Facebook era tenuta esclusivamente al corretto trattamento dei dati dell’utente ai fini dell’iscrizione e dell’utilizzo del “social network”.

Il dato personale diviene, quindi, elemento centrale dell'attività svolta dal social network, contropartita offerta dal consumatore per poter utilizzare i servizi della piattaforma, attivando un rapporto negoziale tra le parti, ove però una delle due (il consumatore) ne è ignaro.

In termini più semplici, tra le righe del provvedimento del TAR Lazio si evince che la creazione di un profilo su Facebook può essere quasi equiparato ad una stipula di un contratto commerciale a prestazioni corrispettive, ove Facebook offre al cliente una serie di servizi di chat ed ottiene, quale controprestazione dal consumatore, il consenso non informato di quest'ultimo all'utilizzo commerciale dei suoi dati personali (preferenze, interessi, esperienze etc.….).

Occorre osservare, a tal proposito, che lo sfruttamento patrimoniale del dato personale non è una novità, né tantomeno al tempo della "vita sociale digitale", ma è del tutto certo che il consumatore digitale ha diritto di essere ragguagliato in merito allo sfruttamento da parte del soggetto fornitore dei servizi sulla piattaforma.

Sul punto, il TAR è chiaro: "A fronte della tutela del dato personale quale espressione di un diritto della personalità dell’individuo, e come tale soggetto a specifiche e non rinunciabili forme di protezione, quali il diritto di revoca del consenso, di accesso, rettifica, oblio, sussiste pure un diverso campo di protezione del dato stesso, inteso quale possibile oggetto di una compravendita, posta in essere sia tra gli operatori del mercato che tra questi e i soggetti interessati.

Il fenomeno della “patrimonializzazione” del dato personale, tipico delle nuove economie dei mercati digitali, impone agli operatori di rispettare, nelle relative transazioni commerciali, quegli obblighi di chiarezza, completezza e non ingannevolezza delle informazioni previsti dalla legislazione a protezione del consumatore, che deve essere reso edotto dello scambio di prestazioni che è sotteso alla adesione ad un contratto per la fruizione di un servizio, quale è quello di utilizzo di un “social network”.

Sorge, quindi, un obbligo informativo da parte del fornitore dei servizi di social network, Facebook, verso i consumatori che ha un fondamento di tipo negoziale e non solo sotto il profilo della tutela della riservatezza dei dati espressi in rete.

Qui il provvedimento n. 261/2020 del TAR Lazio.

domenica 21 luglio 2019

Consiglio di Stato conferma l'obbligo di rimborso per la fatturazione a 28 giorni

Questa domenica torniamo a trattare la famosa vicenda della fatturazione a 28 giorni che alcuni anni fa era stata portata avanti da Sky e dalle compagnie telefoniche (vedi qui), con evidente incremento dei costi addebitati al cliente per il servizio.

La vicenda non era passata in secondo piano, tant'è che dopo l'intervento del Parlamento, era stata oggetto di sanzioni da parte dell'autorità di settore, Agcom, con distinti provvedimenti emessi nei confronti delle varie società del settore telefonico.

Le sanzioni, con obbligo di rimborso in favore dei consumatori per le fatture a 28 giorni, erano state sostanzialmente confermate dal TAR Lazio (vedi qui).

Le compagnie telefoniche hanno impugnato la sentenza del TAR, rivolgendosi al Consiglio di Stato chiedendo l'annullamento dei provvedimenti di Agcom, rendendo di fatto comunque legittime le maggiori entrate ottenute nel periodo 23 giugno 2017 - aprile 2018.

Di seguito, potete leggere lo scarno, ma importante, provvedimento (solo il c.d. dispositivo) con il quale il Consiglio di Stato ha respinto l'appello di una delle compagnie telefoniche, Vodafone, confermando quanto stabilito dall'autorità delle telecomunicazioni e legittimando gli utenti ad ottenere il rimborso per le maggiori somme versate. 

Chi ha diritto al rimborso? sono legittimati ad ottenere il rimborso coloro che, nel citato periodo 23 giugno 2017 - aprile 2018, abbiano ricevuto fatture per servizi di telefonia fissa a 28 giorni da parte di tutti i principali operatori (Tim, Vodafone, WindTre, Fastweb).

Come evidenziato in precedenza, Agcom ha stabilito l'illegittimità della pratica con distinte deliberazioni (n. 497-498-499-500/17/CONS; 112-113-114-115/18/CONS e 269/18/CONS), e la conferma da parte del Consiglio di Stato rende definitivo l'obbligo al rimborso da parte delle società di settore e il diritto ad ottenere la restituzione dei soldi da parte dei consumatori.

Qui il provvedimento del Consiglio di Stato.

domenica 4 novembre 2018

Obbligo alla restituzione delle somme addebitate a 28 giorni - il TAR conferma

Nuova puntata nella vicenda che riguarda le bollette telefoniche di 28 giorni addebitate dalle principali compagnie telefoniche lo scorso anno, in quanto il TAR ha deciso di confermare il provvedimento dell'Autorità garante per le telecomunicazioni (AGCom) che ha bloccato questa pratica commerciale.

Le principali compagnie telefoniche, ma anche dall'operatore televisivo a pagamento Sky (vedi qui), avevano deciso di ridurre il periodo di fatturazione, passando dai canonici trenta giorni ai soli ventotto, così aumentando il costo per il servizio.

La pratica commerciale è stata oggetto sia dell'intervento governativo che di quello dell'AGCom (clicca qui) che di fatto ne ha disposto il blocco con il ripristino della fatturazione mensile, nonché la restituzione ai clienti delle maggiori somme trattenute, con conseguente impugnazione del provvedimento davanti al giudice amministrativo.  

Il TAR ha deciso, con il provvedimento (solo nel dispositivo) di seguito, di respingere il ricorso, confermando il provvedimento pubblicato da AGCom e favorevole ai consumatori. 

Cosa succede ora? si può facilmente ipotizzare che, da un lato, le società vorranno ricorrere al Consiglio di Stato, mentre dall'altra parte queste ultime dovranno cominciare a programmare la restituzione dei denari ai consumatori, i quali però si devono attivare per chiedere il rimborso ai singoli operatori telefonici.

Qui la sentenza del TAR.

domenica 18 febbraio 2018

Bolletta a 28 giorni: battuta d'arresto

Nel solco delle novità introdotte dalla Manovra 2018, i giudici del TAR Lazio hanno rigettato il ricorso promosso dalle compagnie telefoniche, riconoscendo la correttezza della fatturazione mensile anche per i casi della scorsa primavera ed estate.

◻ Il quadro normativo: Il dl fiscale 2018, convertito in legge entrata in vigore il 6 dicembre 2017, ha finalmente introdotto la fatturazione su base mensile o di multipli del mese, fatta eccezione per le offerte promozionali a carattere temporaneo, che se non vengono rinnovate potranno prevedere scadenze inferiori (v. legge 4 dicembre 2017, n. 172).

Tutti i principali operatori dispongono di 120 giorni dall'entrata in vigore della normativa per modificare i software e ricalibrare le fatture di milioni di clienti.  

Chi non si adegua verrà sanzionato con multe salate comminate dall'Agcom e, in ogni caso, sarà tenuto a rimborsare le somme indebitamente percepite dagli utenti. 

◻ Il caso: a fronte delle tanto auspicate novità introdotte dalla Manovra, che ne è delle fatturazioni illegittime effettuate tra marzo e dicembre 2017

In questo blog abbiamo già segnalato la pratica scorretta avviata dagli operatori di telefonia ed internet (ma anche dalla più grande piattaforma televisiva a pagamento: Sky), i quali hanno imposto ai loro clienti di pagare le bollette ogni 28 giorni (v. link) e, nel frattempo, abbiamo auspicato un intervento risolutivo del legislatore.

E pur vero che tale condotta non è passata inosservata e, tra delibere ed interventi dell'Agcom, aveva conosciuto una prima e parziale battuta d'arresto: in particolare, si distinguono ldelibera del 24 marzo 2017 (v. link) e la Comunicazione n. 498/17/CONS,(v. link) con la veniva ribadito - qualora ce ne fosse stato bisogno - che la "fatturazione mensile" si riferisce al mese solare e non a quello commerciale.

La questione è finita davanti al Giudice Amministrativo, poiché diverse compagnie, nel frattempo, sono state pesantemente multate e hanno impugnato gli interventi in oggetto. 

Il TAR, per ora, ha "congelato" gli interventi per la difficoltà finanziaria delle compagnie telefoniche di ripetere ai clienti gli storni

Restiamo, dunque, ad attendere l'udienza di merito per trarre definitive conclusioni sulla vicenda.  

Di seguito, il testo dell'ordinanza. 

domenica 19 luglio 2015

TripAdvisor - il TAR annulla la multa dell'antitrust

Questa domenica vi proponiamo la recentissima sentenza n. 9355/2015 con la quale il TAR ha disposto l'annullamento della sanzione amministrativa verso TripAdvisor disposta da AGCM.

Al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio si era rivolta la società americana, impugnando il provvedimento emesso dall'antitrust conclusione di una indagine avanzata, a seguito di alcune segnalazioni ricevute da utenti e associazioni di categoria.

AGCM aveva, con un provvedimento dello scorso dicembre 2014, accertato la violazione da parte di Tripadvisor di alcune norme del Codice del Consumo in materia di pratica commerciale scorretta, avendo il diffuso messaggi ingannevoli sul proprio web (vedi).

In particolare, l'antitrust contestava alla società di aver pubblicato messaggi e recensioni false, parziali, non attendibili, violando le norme in materia del Codice del Consumo.

Il giudice amministrativo si è espresso in modo del tutto diverso, ritenendo le condotte commeciali di TripAdvisor del tutto lecite e non contrarie alle norme previste a tutela dei consumatori.

Il TAR ha evidenziato che nel caso di specie, l'inesistenza di alcun messaggio ingannevole, o condotta commerciale scorretta da parte della società, la quale non può essere chiamata a rispondere per eventuali post/commenti pubblicati sul proprio sito web.

L'intermediario digitale, infatti, non può rispondere per opinioni espresse da terzi, anche se pubblicate sul proprio sito web, non potendo effettuare alcuna verifica della verdicità sia in merito alla provenienza del commento, sia del contenuto del post.

Il Tribunale amministrativo, inoltre, evidenzia che TripAdvisor ha previsto un sistema di controllo e monitoraggio dei commenti previsti per le singole strutture oggetto di recensione, e che quindi la società ha comunque, predisposto delle regole volte a limitare eventuali messaggi ingannevoli.

Qui la sentenza.

domenica 22 marzo 2015

Mediazione civile–i costi di mediazione dovuti solo all’esito del procedimento

La recente sentenza pronunciata dal Tar del Lazio pare aver definito la contestata questione relativa ai costi iniziali per l’avvio della procedura di mediazione obbligatoria ex D. Lgs. n. 28/2010.

Il tribunale amministrativo, con la sentenza che potete leggere di seguito, ha dichiarato la illegittimità dell’art. 16, comma 2 del decreto ministeriale n. 180/2010, nella parte in cui prevede che all’avvio della procedura di mediazione, ciascuna parte è tenuta a versare euro 40,00, o 80,00, per le spese di instaurazione del procedimento. Tale importo era destinato a coprire tutti i costi di segreteria ed amministrazione, e quindi appariva, ed appare tuttora a parere di chi scrive, un giusto rimborso dei costi iniziali sostenuti dall’organismo di mediazione.

A seguito della sentenza n. 1351 del 23 gennaio 2015, le parti non dovrebbero versare alcun importo per l’avvio del procedimento, in caso di mancato accordo all’esito del primo incontro.

Si ritiene che tale nuovo intervento giurisprudenziale potrebbe rappresentare un ulteriore colpo teso ad indebolire il procedimento di mediazione civile, tenuto conto che gli organismi di mediazione potrebbero essere costretti ad offrire gratuitamente servizio di mediazione civile.

Con lo stesso provvedimento, inoltre, è stato altresì dichiarato illegittimo l’art. 4, comma 3, lett. b) del citato DM n. 180/2010, nella parte in cui obbligava gli avvocati a seguire i corsi di aggiornamento biennale, sicché tale vincolo permane solo per i mediatori non iscritti ad un ordine degli avvocati, mentre per quest’ultima categoria vi è iscrizione e permanenza di diritto nell’albo nazionale dei mediatori istituito presso il Ministero di Grazia e Giustizia.

Qui la sentenza.

domenica 13 ottobre 2013

Il TAR Lombardia “blocca” il sistema C/MOR

Questa domenica vi proponiamo la recente sentenza n. 683/2013, con la quale il TAR Lombardia ha bloccato il sistema di recupero delle somme non versate ai fornitori di energia dai clienti morosi, ossia il cosiddetto C/MOR. 

L’argomento è stato trattato nel nostro incontro radiofonico di venerdì 11 ottobre 2013, ove abbiamo delineato l’intera vicenda (vedi). 

La delibera dell’Autorità garante energia aveva creato un sistema indennitario finalizzato a tutelare le società fornitrici di energia elettrica, con il quale il cliente che passava da una compagnia all’altra veniva costretto a pagare i debiti rimasti insoluti. Il nuovo fornitore, in altri termini, doveva riscuotere gli importi non pagati dal cliente con il fornitore precedente, indentificandoli nel C/MOR (Corrispettivo di Morosità). 

Il TAR della Lombardia ha annullato il Provvedimento dell’Autorità Garante, affermando che “Deve essere annullato il provvedimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas che ha introdotto il cosiddetto sistema indennitario, misura di contrasto al fenomeno del “turismo energetico” – vale a dire il comportamento opportunistico dei clienti finali che intenzionalmente omettano, in vista del passaggio ad altro fornitore (c.d. “switching”), il pagamento delle ultime bollette, confidando sul fatto che, una volta passati al nuovo esercente, il precedente operatore non disponga più di strumenti compulsori efficaci per tutelare il proprio credito – introducendo obblighi ad hoc in capo al nuovo fornitore l’obbligo di richiedere al nuovo cliente anche il pagamento delle somme dovute al precedente fornitore, con una voce in bolletta denominata C-Mor, dovendosi osservare che non si tratta di un intervento legittimato dalla necessità di ristabilire un contraddittorio paritario mediante atti sostitutivi di un’attività negoziale privata inesistente bensì di una disciplina posta tutta dal lato dell’offerta di servizi: esistono dunque convincenti ragioni per rigettare una linea interpretativa che ritenga di poter trasformare senza limiti l’enunciazione di scopi in poteri nuovi e innominati dell’autorità di regolazione incidenti sull’autonomia contrattuale.”. 

Di seguito la pronuncia n. 683/2013 del TAR.

domenica 5 maggio 2013

Una associazione consumatori non è legittimata a rappresentare i contribuenti

I concetti di "contribuente" e "consumatore" sono sovrapponibili? il TAR del Lazio ha ribadito, con la sentenza dello scorso marzo che vi proponiamo questa domenica, che non vi è coincidenza tra queste due figure.

Il giudice amministrativo ha negato, di conseguenza, la legittimazione di una associazione dei consumatori alla tutela degli interessi dei contribuenti nei confronti di un soggetto pubblico.

Non è la prima volta che il TAR è costretto ad intervenire in materia, delimitando la possibilità per le associazioni dei consumatori di intervenire nelle controversie che contrappongono contribuente e Amministrazione finanziaria (vedi).

Con questa sentenza, il TAR ha evidenziato il difetto di legittimazione ad agire dell'associazione consumatori, dichiarando la inammissibilità del ricorso proposto.

Su punto, il giudice chiarisce per quali motivi considera inammissibile il ricorso proposto dall'associazione la legittimazione a ricorrere delle associazioni dei consumatori e degli utenti in possesso di regolare iscrizione nell’ apposito elenco ministeriale, legittimazione correlata ai “diritti fondamentali” che l’art. 2 comma 2 d.lg. 6 settembre 2005 n. 206 (c.d. Codice dei consumatori) riconosce in favore dei consumatori e degli utenti medesimi, per quanto ampia non può tuttavia estendersi sino a ricomprendere qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si rifletta economicamente, in modo diretto o indiretto, sui cittadini, dovendo al contrario esser commisurata a quegli atti che siano idonei a interferire con specificità e immediatezza sulla posizione dei consumatori e degli utenti”.

Il giudice pare negare la legittimazione dell'associazione consumatori, in quanto difetterebbe l'interesse specifico e diretto che giustifichi l'azione legale.

Di seguito, la sentenza del TAR Lazio

domenica 3 giugno 2012

Apple - TAR Lazio conferma sanzioni amministrative per pratiche commeciali scorrette

Questo weekend proponiamo il recente provvedimento n. 4457/2012 con il quale il TAR Lazio, I^ Sez., ha rigettato uno dei tre ricorsi proposti dalla multinazionale Apple contro le sanzioni amministrative irrogate dall'Antitrust lo scorso dicembre 2011.

La sentenza è rilevante perchè il giudice amministrativo ha confermato il provvedimento con il quale l'Antitrust ha sanzionato Apple per aver commercializzato in Italia un servizio di garanzia sui propri prodotti, chiamato AppleCare Protection Plan, che altro non era che una riproposizione, a pagamento, di garanzie comunque previste ex lege in favore del cliente.

Il Garante aveva, in particolare, contestato ad Apple di non aver reso noto al cliente dell'esistenza di una garanzia biennale prevista dal Codice del Consumo, inducendo quest'ultimo ad acquisire la garanzia Apple, pagando un ulteriore importo di denaro.

Tale condotta ha integrato pratica commerciale scorretta ed è stata oggetto della sanzione amministrativa dall'Antitrust, in seguito confermata dal giudice amministrativo.

venerdì 10 febbraio 2012

Onemeet multata di 100.000,00 euro dall'Antitrust

Nuovo pesante intervento sanzionatorio di AGCM nei confronti di Onemeet, sanzionata con 100.000,00 euro di multa per aver posto in essere attività ingannevole nei confronti dei consumatori.

Il nuovo intervento dell'Autorità garante nei confronti del soggetto commerciale che opera in rete, attraverso la  IT-PCI Payment Srl in liquidazione, è conseguenza delle segnalazioni con le quali è stata evidenziato che tale soggetto ha continuato a svolgere attività commerciale ingannevole.

La condotta sanzionata

L'Autorità, che già aveva sanzionato Onemeet in precedenza ("Onemeet sanzionata per pratiche commerciali scorrette - Provvedimento n. 21655"), ha riscontrato che la società ha continuato ad offrire servizi commerciali via web, illudendo gli utenti che gli stessi fossero gratuiti.

Come nella precedente vicenda, è risulta che nella home-page del sito web veniva promossa la possibilità per gli aderenti di effettuare una prova di iscrizione gratuita e, successivamente, di acquistare un "pass" al costo di 27 euro.
Venivano proposte diverse possibilità di abbonamento:
- "Abbonamento standard" al costo di 27 euro;
- "Abbonamento agevolato 3 mesi" al costo di 19 euro;
- "Abbonamento agevolato" al costo di 16,50 euro;

La società proponeva questo accordo per un solo mese, con possibilità successivamente di non confermare l'adesione al prodotto offerto da Onemeet.

In seguito, il consumatore veniva a conoscenza di aver acquistato un abbonamento annuale, in luogo di quello mensile pubblicizzato, con pagamento on line delle spese.

Il rapporto annuale veniva reso chiaro all'art. 4 del modulo on line del "Contratto di abbonamento /Condizioni Generali", ove era specificato: "Il presente contratto avrà durata di un anno decorrente dalla data di sottoscrizione dell'Abbonamento".

La struttura del sito web e la pubblicità operata da onmeet faceva intenere che era possibile attivare il "pass" al costo di 27 euro per un solo mese.

La sanzione

L'Antitrust, dopo aver sentito anche l'AGCOM, ha ritenuto ingannevole i messaggi pubblicitari con i quali la società ha "illuso" gli utenti della possibilità di poter usufruire di un abbonamento mensile.
L'Autorità Garante ha ritenuto che i messaggi proposti dalla società sono idonei ad indurre in errore il consumatore medio circa la tipologia del servizio offerto, il costo complessivo, la modalità di pagamento e la durata dell'abbonamento.
L'Autorità osserva che "In particolare, il suddetto messaggio, a fronte della particolare attrattiva destata negli utenti dal claim "iscrizione gratuita", rafforzata dalla dicitura "abbonamento mensile" riportata sulla pagina da compilare per iscriversi, è risultato ingannevole nella misura in cui ha indotto i consumatori a ritenere, contrariamente al vero, che fosse possibile abbonarsi al servizio anche per un solo mese. Viceversa, solo cliccando sul link "Accetta le condizioni di utilizzo", l'utente scopriva che l'unica tipologia di abbonamento era quella annuale e che le tre opzioni descritte si riferivano a modalità di versamento degli acconti di un abbonamento annuale.".

AGCM ha ritenuto, con il provvedimento che vi proponiamo di seguito, di sanzionare con 100.000,00 euro la società, la quale può impugnare il provvedimento avanti al TAR nei termini di legge.

domenica 1 gennaio 2012

Mediazione civile - il TAR del Lazio respinge l'istanza di sospensione dell'Efficacia del D. Lgs. 28/2010

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze segna un punto a suo favore nella "battaglia" contro la cancellazione la mediazione civile commerciale introdotta in Italia con il D. Lgs. 28/2010.

Il TAR del Lazio ha respinto l'istanza di sospensione dell'efficacia del D. Lgs. 28/2010 con il quale l'Unione Nazionale delle Camere Civili intendeva arrestare la conciliazione.

Di seguito vi proponiamo il provvedimento del Giudice amministrativo.

domenica 19 giugno 2011

La mediazione obbligatoria al vaglio del giudizio di legittimità della Corte Costituzionale

La procedura di mediazione obbligatoria ex D. Lgs. 28/2010 entrata in vigore lo scorso 20 marzo 2011 è stata oggetto della recentissima sentenza con la quale il TAR Lazio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 24 e 77 della Costituzione.

La questione, devoluta alla Corte Costituzionale che si pronuncerà nei prossimi mesi, assume rilievo decisivo al fine di verificare se la mediazione obbligatoria potrà continuare ad operare nel sistema giudiziario italiano, oppure sarà "cancellata" a causa della presenza di gravi vizi.

Di seguito la sentenza del TAR.

domenica 28 novembre 2010

Il TAR riconosce alle associazioni dei consumatori il diritto di accedere ai documenti relativi agli autovelox

Questa domenica vi proponiamo una sentenza pronunciata di recente dal TAR, il quale ha affermato il principio di accesso ai documenti relativi ai sistemi di autovelox conservati dai comuni. Con questo provvedimento viene garantito un maggior controllo e verifica della regolarità dei c.d. "strumenti acchiappa multa" da parte delle associazioni che tutelano i diritti dei consumatori.

Di seguito la sentenza

REPUBBLICA ITALIANA



IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio



(Sezione Seconda Ter)


ha pronunciato la presente


SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 3365 del 2010, proposto da:

Associazione Codici - Centro per i diritti del Cittadino, rappresentata e difesa dall’avv. Ivano Giacomelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma, via Guglielmo Marconi, n. 94;

contro



Comune di Fiumicino, n.c.g.;

per l’annullamento del diniego tacito conseguente alla richiesta di accesso a documenti amministrativi avanzata dalla ricorrente associazione in data 18 gennaio 2010, con conseguente ordine al Comune di Fiumicino di permettere l’ostensione ai medesimi documenti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del 24 maggio 2010 il dott. Giuseppe Chiné e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

1. Con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, la ricorrente, associazione per la tutela dei diritti dei consumatori ed utenti iscritta nel registro di cui all’art. 137 del d. lgs. n. 206 del 2005 nonché nel registro nazionale delle associazioni di promozione sociale di cui all’art. 7 della legge n. 383 del 2000, ha chiesto accertarsi l’illegittimità del silenzio diniego opposto dal Comune di Fiumicino in relazione alla istanza di accesso a documenti amministrativi di cui alla nota del 18 gennaio 2010, ricevuta dal Comune il 20 gennaio 2010.
Ha dedotto che, dopo aver ricevuto diverse segnalazioni da parte di automobilisti che lamentavano l’elevazione di numerosi verbali di accertamento di violazioni al codice della strada attraverso l’uso di diverse tipologie di autovelox nel territorio del Comune di Fiumicino, molti dei quali per la violazione del limite di velocità di un solo chilometro orario rispetto al limite massimo consentito sulla strada, al fine di accertare se la collocazione degli apparecchi autovelox ed il loro funzionamento sia conforme alla discipline vigente e, in caso negativo, di tutelare, anche in sede giurisdizionale, gli interessi degli associati, con istanza del 18 gennaio 2010 ha formalizzato richiesta di accesso alla seguente documentazione amministrativa: a) provvedimenti di autorizzazione al posizionamento degli autovelox; b) tipologia degli autovelox posizionati; c) provvedimenti di omologazione degli autovelox; d) provvedimenti relativi alla manutenzione, revisione e taratura degli autovelox; e) provvedimenti inerenti la gestione degli autovelox e, nell’ipotesi in cui la gestione sia affidata a soggetto privato diverso dall’Amministrazione, copia degli accordi intercorsi tra il Comune ed il soggetto privato incaricato della gestione.
Trascorso il termine di trenta giorni dalla ricezione dell’istanza (avvenuta in data 20 gennaio 2010) senza alcun riscontro da parte del Comune, in data 12 marzo 2010 la ricorrente ha inviato al Comune resistente apposita diffida ad adempiere, anch’essa rimasta senza esito.
2. Con il presente gravame, notificato in data 20 marzo 2010 e depositato in data 16 aprile 2010, la ricorrente ha articolato le seguenti doglianze: 1) Illegittimità del diniego tacito; violazione degli artt. 22 e 24 della legge n. 241/90; 2) Violazione degli artt. 26 e 27 della legge n. 383/2000.
Con esso ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale di annullare il silenzio diniego formatosi sull’istanza di accesso nonché di ordinare al Comune intimato di permettere l’ostensione ai documenti amministrativi di cui all’istanza del 18 gennaio 2010.
3. Pur ritualmente intimato non si è costituito in giudizio il Comune di Fiumicino.
4. Alla camera di consiglio del 24 maggio 2010, sentiti i difensori delle parti come da relativo verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO


1. Preliminarmente il Collegio deve rilevare l’ammissibilità dell’odierno gravame, perché proposto da un’associazione rappresentativa dei diritti ed interessi dei consumatori e utenti iscritta nel registro di cui all’art. 137 del d. lgs. n. 205 del 2005 (Codice del consumo), nonché nel registro di cui all’art. 7 della legge n. 383 del 2000 delle associazioni di promozione sociale, la quale, in coerenza con gli scopi statutari, agisce per ottenere l’accesso a documenti amministrativi la cui conoscenza è necessaria per la tutela, anche giurisdizionale, delle posizioni giuridiche soggettive di cittadini e consumatori.
Per indirizzo giurisprudenziale consolidato, dal quale il Collegio non ha motivo nella specie di discostarsi, le associazioni esponenziali dei diritti ed interessi dei consumatori e utenti non hanno un diritto ad un controllo generalizzato sull’operato delle pubbliche amministrazioni, e ciò in quanto il loro particolare status non autorizza alcuna deroga ai principi in materia di accesso ai documenti amministrativi scolpiti negli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990, segnatamente a quello che impedisce di configurare l’accesso come un’azione popolare. Ne discende che, anche quando esercitato da un ente esponenziale di interessi diffusi particolarmente qualificato in quanto iscritto nel registro di cui all’art. 137 del Codice del consumo, l’accesso non può prescindere dall’accertamento di un interesse differenziato e qualificato nonché connotato da attualità e concretezza (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III, 8 febbraio 2010, n. 1620; Id., sez. I, 9 febbrai o2007, n. 1090).
Ciò significa che, da un lato, deve essere negato alle associazioni dei consumatori iscritte nel registro di cui all’art. 137 del codice del consumo un potere di vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all’acquisizione conoscitiva di atti e documenti che consentano preliminari verifiche in ordine al corretto esercizio di una funzione amministrativa, dall’altro, coniugando la disciplina contenuta nel predetto codice con quella degli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990, deve essere ammessa l’ostensione in favore delle associazioni dei consumatori e utenti dei documenti amministrativi relativi a pubbliche funzioni o servizi pubblici rivolti ai consumatori e utenti, che incidono, in via diretta ed immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sui loro interessi (cfr. C.d.S., sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 555; T.A.R. Lazio, sez. III, 16 gennaio 2008, n. 249).

A ciò deve essere aggiunto che, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 383 del 2000, alle associazioni di promozione sociale è riconosciuto il diritto di accesso ai documenti amministrativi disciplinato dall’art. 22, comma 1, della legge n. 241 del 1990, con la espressa previsione che “ai fini di cui al comma 1 sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle associazioni di promozione sociale”.

Traslando i superiori principi all’odierno gravame, in attuazione dell’art. 22, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990 che attribuisce la qualifica di “interessati” all’accesso ai soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento del quale è chiesto l’accesso, deve concludersi per la piena ammissibilità del gravame, in quanto proposto da un’associazione portatrice degli interessi diffusi dei consumatori ed utenti, in funzione della tutela di posizioni giuridiche soggettive degli associati, segnatamente dell’interesse, diretto, concreto ed attuale, suscettibile di azione in sede giurisdizionale anche in forma collettiva, alla inibizione di specifiche condotte adottate contra legem in spregio dei diritti degli utenti della strada o al ristoro dei pregiudizi patrimoniali conseguenti. A conferma dell’attualità e concretezza dell’interesse può evidenziarsi come l’associazione ricorrente abbia formalizzato domanda di accesso in seguito a numerose segnalazioni provenienti da utenti della strada relative a sanzioni amministrative irrogate tramite apparecchi autovelox anche per il superamento minimo (1 kmh) del limite massimo di velocità, in zone del territorio comunale in cui il posizionamento della segnaletica stradale non risulta facilmente visibile, e pertanto di dubbia legittimità ai sensi dell’art. 142 del codice della strada.

Deve essere altresì evidenziato come l’ammissibilità del gravame emerge anche dalla previsione dell’art. 3 dello statuto dell’associazione ricorrente che, in linea con quanto previsto dagli artt. 26 e 27 della legge n. 383 del 2000, individua tra gli scopi dell’associazione quello di tutelare i diritti del cittadino nonché del consumatore ed utente di servizi pubblici e privati. Poiché l’art. 26 della legge n. 383 del 2000 considera situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari, ne discende l’ammissibilità dell’odierno gravame proposto per l’attuazione del diritto di accesso a documenti amministrativi la cui conoscenza è necessaria per la promozione di iniziative ed azioni a tutela degli interessi dell’associazione e di quelli collettivi di cui l’associazione è esponenziale.

2.1 Nel merito il ricorso si palesa fondato, nei termini e limiti di seguito precisati.
2.2 L’associazione ricorrente, con l’istanza del 18 gennaio 2010 (ricevuta dall’Amministrazione il 20 gennaio 2010), ha chiesto di essere ammessa all’accesso ad una pluralità di documenti amministrativi, tutti relativi al posizionamento, alla manutenzione e gestione degli apparecchi autovelox nel territorio del Comune di Fiumicino. Nell’ambito della medesima istanza sono state precisate la natura di ente esponenziale dell’associazione istante, nonché le finalità della richiesta di ostensione.
Più in particolare, la ricorrente ha evidenziato di aver ricevuto numerose segnalazioni da utenti della strada in ordine a possibili violazioni della disciplina vigente in tema di posizionamento, manutenzione e gestione degli apparecchi autovelox nel territorio del Comune di Fiumicino e di essere, nella qualità di ente esponenziale di interessi diffusi regolarmente iscritta nel registro di cui all’art. 137 del codice del consumo nonché in quello di cui all’art. 7 della legge n. 383 del 2000, interessata a verificare la sussistenza delle condizioni per la proposizione di iniziative, anche giudiziali, tese ad impedire la prosecuzione di eventuali condotte contra legem da parte dell’Amministrazione, in specifica attuazione degli scopi statutari.
Per gli argomenti già sopra spesi a sostegno dell’ammissibilità del gravame, il silenzio diniego formatosi sull’istanza di accesso si appalesa illegittimo, non ricorrendo, tenuto anche conto della mancata costituzione del Comune di Fiumicino, elementi sufficienti a supportare l’opposto diniego.

Il provvedimento tacito di diniego deve essere pertanto annullato, e deve conseguentemente essere ordinato al Comune di Fiumicino di permettere l’accesso ai documenti amministrativi richiesti con l’istanza ricevuta in data 20 gennaio 2010, entro 30 giorni dalla comunicazione o notificazione, se antecedente, della presente decisione.

3. In attuazione del principio di soccombenza, il Comune di Fiumicino deve essere condannato a rifondere in favore della associazione ricorrente le spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 1000 (mille).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. Seconda Ter, accoglie il ricorso in epigrafe nei termini meglio precisati in motivazione.

Condanna il Comune di Fiumicino a rifondere in favore della associazione ricorrente le spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 1000 (mille).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Maddalena Filippi, Presidente
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere
Giuseppe Chine', Primo Referendario, Estensore



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